L’annuncio di qualche settimana era stato percepito più come una provocazione, un modo per attirare l’attenzione delle istituzioni. Invece nei fatti, gli allevatori sono realmente allo stremo e alcune stalle italiane, soprattutto nel Nord, sono costrette a mandare al macello bovini e suini. Ci confrontiamo con il segretario generale di Assalzoo, Lea Pallaroni.
Assalzoo
«Il settore che sta soffrendo molto è quello lattiero caseario – ci dice Pallaroni – perché i costi di produzione dal mangime, all’energia sono superiori al prezzo del latte. Quindi molti stanno producendo sottocosto da diversi giorni». Così alcuni allevatori per recuperare liquidità utile a far fronte all’aumento vertiginoso delle spese manda qualche unità al macello. «Finora calcoliamo un 5% di animali abbattuti e consideri che per recuperare i tempi di produzione occorrono almeno tre anni. Un vitellino piccolo appunto deve prima nascere, crescere e poi portare latte. Ci vuole tempo e seguirne la crescita comporta dei costi».
Le stalle abbattono gli animali, riduzione del bestiame del 5% per mancanza di liquidità il confronto con Assalzoo
Già la pandemia negli ultimi due anni aveva comportato dei rincari a danno del comparto. Oggi si stima un aumento delle materie prime utili agli allevatori «superiore al 100% con punte del 150% per alcune materie in particolare», ci comunica Pallaroni. I conti non tornano perché finora la Grande Distribuzione «ha fatto una scelta di tutela del consumatore». Cioè si sono impegnati a non aumentare i prezzi al consumo. «Quindi i costi maggiori non vengono recuperati perché il prezzo di vendita è rimasto invariato». Sinora. Assalzoo a questo punto, di fronte al ricorso di molte stalle all’abbattimento degli animali, lancia un appello. «Chiediamo alla Grande Distribuzione un piccolo aumento dei prezzi proprio per aiutare il comparto all’origine e fare in modo che nel medio lungo termine venga scongiurata la carenza di latte, formaggi, carne fresca e salumi».
Non solo zootecnia
L’allevatore riceve per un litro di latte 0,44 centesimi. Per produrlo occorrerebbero minimo 0,52 centesimi. «Molte aziende della zootecnia sono impegnate anche nell’agricoltura, nella semina e raccolta di cereali. E anche lì i costi sono altissimi, basti pensare solo ai prezzi dei fertilizzanti che sono aumentati a dismisura».
L’impegno del Governo
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha comunicato il 29 marzo delle iniziative a sostegno del comparto agroalimentare. «Attraverso uno stanziamento di 500 milioni di euro di fondi europei, si intendono attivare le misure di mitigazione delle turbative del mercato per sostenere i settori più colpiti dalla crisi – ha comunicato il Dicastero – la bozza di atto delegato, resa disponibile dalla Commissione, prevede per l’Italia un’assegnazione di 48 milioni di euro. Questi potranno essere integrati con un cofinanziamento. Dunque, sino a 96 milioni di euro, di cui siamo chiamati a farci carico con un ulteriore sforzo finanziario».
A parlare è il Ministro Stefano Patuanelli nel corso del suo intervento alla Camera dei Deputati lunedi scorso. Prosegue «per l’Italia significherebbe disporre di uno stanziamento complessivo di 144 milioni di euro, che è mia intenzione destinare ai settori maggiormente in difficoltà, zootecnico e lattiero-caseario in primis».
Intanto i problemi restano: le stalle abbattono gli animali, riduzione del bestiame del 5% per mancanza di liquidità. Un’iniziativa estrema che desta preoccupazione e che ci auguriamo possa arrestarsi quanto prima.
Lettura consigliata