L’aumento dell’inflazione in corso a livello globale sta assumendo le caratteristiche di un incremento strutturale

BCE

Man mano che passa il tempo, ci stiamo accorgendo sempre più che l’aumento dell’inflazione in corso a livello globale sta assumendo le caratteristiche di un incremento strutturale. Piuttosto che temporaneo, contrariamente a quanto sostenuto negli ultimi mesi dai principali policy maker, in primis dai banchieri centrali della BCE. Gli ultimi dati sull’inflazione nella zona euro hanno mostrato, infatti, come questa sia salita al livello più alto in quasi un decennio. Provocando questo, un aumento della pressione sulla BCE affinché questa riduca il ritmo dei suoi acquisti di bond nell’immediato futuro.

Certamente causato dal recente rimbalzo economico dell’area euro, l’aumento dell’inflazione al consumo registrato nel mese di agosto, pari al +3,0% su base annua, è salito dal +2,2% del mese luglio, un livello superiore alle attese della maggior parte degli analisti.

Tanto per dare una idea, i prezzi al consumo non sono aumentati così velocemente nell’euro zona dal novembre 2011, quando la BCE decise di alzare i tassi di interesse, l’ultima volta che lo ha fatto.

L’aumento dei prezzi che si sta registrando, tanto sul versante della produzione che su quello al consumo, è dovuto, come si diceva, alla ripresa economica post-pandemia, ma anche dall’aumento dei costi energetici e alle strozzature nelle catene di approvvigionamento globali, che stanno causando pesanti ritardi negli approvvigionamenti di materie prime. Riflettono anche, in parte, il ritardo nell’inizio delle vendite di abbigliamento estivo dell’anno scorso registrato in Francia e Italia, inizio che quest’anno è stato invece puntuale, il che ha provocato un aumento dei prezzi rispetto all’estate 2020.

L’aumento dell’inflazione in corso a livello globale sta assumendo le caratteristiche di un incremento strutturale

Le conseguenze politiche della recrudescenza inflazionistica attuale non potevano passare evidentemente sotto silenzio nei paesi del Nord Europa, dove l’avversione al tema dell’inflazione è notoriamente più alta che nei paesi del Sud. Il noto quotidiano tedesco Bild, ad esempio, ha denunciato un “nuovo shock inflazionistico” in un titolo in prima pagina dello scorso martedì, dopo che il tasso di inflazione della Germania ha raggiunto il livello massimo degli ultimi 13 anni.

Un livello ritenuto pericoloso dai tedeschi e tale da giustificare il pressing da parte della Bundesbank nei confronti della BCE, affinché quest’ultima cominci seriamente a pensare di restringere la sua stance di politica monetaria già a partire dalla fine di quest’anno. Se le politiche ultra espansive sono infatti state tollerate finora da Berlino, complici livelli di inflazione che si erano sempre mantenuti al di sotto del 2,0%, ora questa pazienza sembra essersi esaurita e a Francoforte è pronta a partire la battaglia d’autunno tra falchi e colombe.

La maggior parte degli economisti prevede che l’inflazione diminuirà di nuovo l’anno prossimo, poiché i fattori temporanei svaniscono. Ma il recente balzo dei prezzi fornisce ancora munizioni ai tassisti più prudenti della BCE: si prevede che spingeranno per un rallentamento dei suoi acquisti di obbligazioni nell’ambito del suo programma di acquisto di emergenza pandemico da €1,85 trilioni quando si riuniranno la prossima settimana.

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