L’applicazione del redditometro dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva

Corte di Cassazione

L’applicazione del redditometro dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva. Studiamo il caso.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 29549 del 24/12/2020, ha chiarito i presupposti per procedere ad accertamento sintetico. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente contro due avvisi di accertamento sintetico. I giudici di primo grado avevano ritenuto giustificato l’acquisto di un immobile con accensione di mutuo ipotecario garantito dal padre della contribuente il quale aveva versato anche parte delle rate. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia confermava sostanzialmente la decisione di primo grado. Avverso tale decisione l’Agenzia proponeva ricorso per cassazione, deducendo che l’Amministrazione finanziaria può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto dei contribuenti. E può farlo quando, come nella specie, il reddito complessivo netto accertato si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato.

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La decisione

Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. Evidenzia la Cassazione che in tali casi l’Amministrazione determina (sinteticamente) il reddito del contribuente sulla base delle spese sostenute, degli investimenti e dei consumi effettuati nel corso del periodo d’imposta. L’art. 38 del Dpr. n. 600/73 prevede infatti che il controllo della congruità dei redditi dichiarati venga effettuato avvalendosi di specifici e predeterminati parametri di valorizzazione (c.d. redditometro).

Quando il reddito così determinato è superiore, per almeno due annualità, di almeno un quarto a quello dichiarato, l’ufficio può procedere ad accertamento, determinando lo stesso reddito in via induttiva. L’accertamento del reddito con metodo sintetico, rileva la Corte, non impedisce comunque al contribuente di fornire la prova contraria. Dimostrando, ad esempio, che il maggior reddito è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta. Ma tale prova contraria dovrà comunque consistere in idonea documentazione, da intendersi come qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi. La prova documentale richiesta non risulta peraltro particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari.

Potendo da tali conti desumersi la durata del possesso dei redditi in esame e quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente. In sostanza, l’applicazione del redditometro dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva. Resta quindi a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Tanto premesso, nel caso in esame, il rilevante scostamento fra reddito dichiarato e accertato, non era giustificato dal capitale disponibile, incrementato dalle disponibilità finanziarie paterne, neppure non sufficientemente documentate.

Osservazioni

Qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, non è necessaria la dimostrazione dell’esborso finanziario. Sarà infatti sufficiente la prova della mera esistenza della capacità di reddito e della durata della disponibilità di adeguate risorse finanziarie. Il contribuente, pertanto, deve dimostrare solo di possedere liquidità, ma non anche il collegamento tra le spese di gestione e per incrementi patrimoniali con le utilizzazioni di tali liquidità. Non bisogna dimenticare, comunque, che, come in effetti ribadito anche nella sentenza in commento, la normativa chiede al contribuente qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi. Vero è che la norma non prevede, esplicitamente, la prova che detti redditi sono stati utilizzati per coprire (proprio) le spese contestate.

Ma egli dovrà comunque fornire prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova della entità di ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso. Tale previsione ha infatti la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità dei redditi. E ad escludere che questi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario.

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