L’Agenzia delle Entrate può considerare la contabilità inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, che può desumersi anche da un unico elemento presuntivo

Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate può considerare la contabilità inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, che può desumersi anche da un unico elemento presuntivo. Studiamo il caso.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 25362 dell’11/11/2020, ha chiarito un interessante caso in tema di antieconomicità e accertamento induttivo a carico del contribuente. Nel caso di specie, la società contribuente, esercente attività di bar, aveva impugnato in avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria aveva evidenziato che l’esercizio 2007 e gli esercizi precedenti erano stati chiusi con grave perdita civilistica, così rivelando una condotta commerciale anomala ed inverosimile.  La società era stata inoltre più volte sanzionata per mancata emissione di scontrino fiscale.

Per tali motivi l’Agenzia aveva rettificato il reddito di impresa attraverso una ricostruzione indiretta dei corrispettivi, ricavati dai quantitativi di prodotti acquistati, risultanti dalle fatture di acquisto ed altri elementi. Era stato quindi applicato il prezzo medio praticato dal contribuente per le singole tipologie di servizi, così come esposto nel listino e nelle dichiarazioni rese dal rappresentante legale della società. La società contestava che mancavano elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, considerato anche che la società era risultata congrua ai fini dello studio di settore.

Il percorso processuale

La Commissione Tributaria Provinciale riteneva corretto l’accertamento, sussistendo più elementi convergenti, quali le perdite civilistiche per più anni, la posizione di pregio dei locali, la mancata emissione di scontrini fiscali. I giudici riducevano però i maggiori ricavi di esercizio del 50%, poiché i prodotti considerati nella ricostruzione venivano utilizzati in quantità molto diverse e vista l’incertezza delle quantità consumate.

La società proponeva appello principale e l’Agenzia appello incidentale, per quanto di rispettiva soccombenza. E la Commissione Tributaria Regionale li rigettava entrambi, ritenendo che la decisione di primo grado avesse correttamente esaminato la pretesa tributaria. Per quanto di interesse la CTR rilevava poi che la contribuente non aveva fornito alcuna convincente giustificazione sul fatto che, per più anni di seguito, aveva ottenuto risultati civilistici negativi. E questo ancor più in presenza di condizioni ottimali di esercizio dalle quali sarebbe stato ragionevole attendersi degli utili, e dovendo quindi quei risultati negativi essere ritenuti non veritieri.

La società proponeva infine ricorso per cassazione, lamentando che gli elementi su cui si basava la pretesa erariale non erano dotati dei requisiti di precisione, gravità e concordanza. Secondo la Cassazione, tuttavia, si trattava di una ricostruzione in linea con la possibilità per l’Amministrazione di determinare il reddito in via induttiva, pur in presenza di contabilità formalmente regolare. Rileva la Corte che l’Agenzia delle Entrate può considerare la contabilità inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, che può desumersi anche da un unico elemento presuntivo.

Osservazioni

Pur in presenza di contabilità formalmente regolare, i ricavi possono essere ritenuti falsi anche in base alla loro sproporzione, per difetto, rispetto ai costi. Non è contestabile quindi, ormai, che il ricorso all’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa è legittimo anche in presenza di una contabilità formalmente corretta, ma complessivamente inattendibile. E si realizza in tali casi uno spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, divenendo onere del medesimo dimostrare la liceità fiscale della operazione. L’analisi della economicità o meno della gestione di impresa può essere, in sostanza, utilizzata dall’Amministrazione Finanziaria per riscontrare la congruenza del reddito dichiarato.

La prova presuntiva di maggiori entrate, per essere idonea a fondare l’accertamento con il metodo “analitico-induttivo”, deve però essere comunque desunta da una condotta commerciale anomala. L’antieconomicità della gestione viene individuata come un sintomo di sottofatturazione, laddove, in presenza di un comportamento che sfugga a “buon senso”, è legittimo il sospetto che l’incongruenza sia soltanto apparente. La posizione dell’Ufficio, comunque, non deve rappresentare un’astratta posizione di principio, ma deve fondarsi su un riscontro effettivo, quale, appunto, anche la produzione costante di perdite ripetute e consistenti.

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