L’Agenzia delle Entrate controlla questi assegni e noi ne dovremo rispondere

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In un recente articolo, avevamo sollevato il sospetto che questa operazione fosse consigliata dalle banche per aumentare i ricavi. Oggi intendiamo analizzare le conseguenze fiscali causate dagli assegni “a me medesimo”. Infatti, l’Agenzia delle Entrate controlla questi assegni e noi ne dovremo rispondere con l’opportuna documentazione per evitare sanzioni. Andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa sono gli assegni “a me medesimo”, a cosa servono e perché evitarli.

Gli assegni “a me medesimo” sono normali assegni bancari che una persona emette a proprio vantaggio. Possono sostituire un bonifico per trasferire del denaro da un proprio conto ad un altro. L’altro uso di questa prassi invece può causarci qualche grattacapo. Chi emette assegni intestati a sé stesso per incassarli in contanti infatti, può doverne rendere conto all’Agenzia delle Entrate. A stabilire la legittimità degli accertamenti fiscali a seguito di queste movimentazioni è la Corte di Cassazione con la Sentenza 23762/2015.

Un assegno, molti dubbi

Esistono molti modi per emettere un assegno intestato a sé stessi. Mio proprio, a me medesimo, con l’indicazione di nome e cognome o semplicemente con l’acronimo M.M. In tutti i casi però, c’è il rischio che chi lo fa intenda incassare denaro contante sottraendolo ai controlli del Fisco. Per questo motivo l’Agenzia delle Entrate controlla questi assegni e noi ne dovremo rispondere, soprattutto se siamo imprenditori o commercianti. Il pensiero di fondo degli investigatori fiscali è sempre lo stesso: il contante alimenta l’evasione fiscale. Proprio per questo, l’Agenzia delle Entrate è legittimata a chiedere un giustificativo per queste operazioni. Il contribuente dovrà dimostrare sia il motivo dell’emissione del titolo che la sua correttezza tributaria attraverso prove documentali. Se il correntista non sarà in grado di fornirle, scatterà la presunzione di evasione con le relative conseguenze. Va detto che questi controlli serrati non scattano per dipendenti, pensionati e liberi professionisti.

L’Agenzia delle Entrate controlla questi assegni e noi ne dovremo rispondere

Certamente è possibile che gli assegni “a me medesimo” nascondano movimentazioni sospette di denaro. Sappiamo anche però, che è prassi bancaria spingere i correntisti a staccare questi assegni per prelevare allo sportello. La motivazione è semplice: per ogni assegno negoziato, la banca percepisce una commissione. E per ogni carnet consegnato alla clientela effettua un addebito al correntista. Ne consegue che per gli istituti di credito, incentivare l’utilizzo degli assegni equivalga a maggiori guadagni. Poco importa se queste operazioni spesso hanno conseguenze per la clientela. In conclusione, la Redazione di ProiezionidiBorsa ricorda ai Lettori la necessità di gestire nella massima trasparenza i propri rapporti bancari. In modo da evitare inutili e fastidiose verifiche fiscali.

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