La società non operativa può portare in detrazione l’IVA assolta, anche se non ha presentato l’interpello disapplicativo

cassazione

La società non operativa può portare in detrazione l’IVA assolta, anche se non ha presentato l’interpello disapplicativo. Studiamo il caso.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 16750 del 14/06/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili tributari in tema di società di comodo. Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto parzialmente l’appello proposto dalle società contribuenti. Il contenzioso riguardava avvisi di accertamento per imposte dovute nell’ambito di un conferimento di un ramo di azienda. Gli avvisi venivano emessi sulla base della disciplina delle società di comodo. In particolare veniva ripreso a tassazione il reddito minimo imponibile e contestata l’indebita compensazione di crediti IVA non utilizzabili.

La CTR confermava la legittimità dell’impianto delle riprese e accoglieva l’appello limitatamente alle sanzioni. Avverso la decisione le contribuenti proponevano ricorso per cassazione, a cui l’Agenzia delle Entrate replicava con controricorso e ricorso incidentale. Le società deducevano, in particolare, la violazione della disciplina sulle società di comodo.

Indice dei contenuti

La decisione

Secondo la Suprema Corte, il ricorso era fondato. Era infatti errata la decisione della CTR, secondo cui l’unica via per richiedere la disapplicazione sulle società di comodo era quella dell’istanza di interpello disapplicativo. Secondo la CTR solo tale modalità era idonea a superare la presunzione legale, a meno che non ricorressero le ipotesi di disapplicazione “automatica” indicate dall’Agenzia. E il contribuente, sempre secondo i giudici di appello, presentato l’interpello, aveva poi l’obbligo di impugnazione del diniego.

Evidenziano invece i giudici di legittimità che la società non operativa può portare in detrazione l’IVA assolta, anche se non ha presentato l’interpello disapplicativo. Sempre che i costi non siano fittizi e non sia, perciò, configurabile una fattispecie fraudolenta, o comunque elusiva. Il contribuente potrà poi superare la presunzione legale direttamente in sede di contenzioso, dopo aver impugnato l’eventuale accertamento. Anche ai fini delle imposte dirette, la Corte rileva inoltre che il giudice tributario deve comunque valutare il merito della controversia. E a tal fine deve sempre verificare il raggiungimento della prova della sussistenza delle ipotesi disapplicative delle presunzioni legali.

Osservazioni

Al di là dello specifico caso, si ricorda che l’art. 30, L. n.724/94 ha introdotto una presunzione legale riferita appunto alle cosiddette società di comodo. Una società si considera non operativa se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) è inferiore ai ricavi presunti.

Ricavi presunti che vengono calcolati applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli asset patrimoniali intestati alla società (cd. «test di operatività dei ricavi»).  Il comma 4-bis dello stesso articolo prevede la possibilità di presentare istanza di interpello, al fine di chiedere la disapplicazione delle disposizioni antielusive. E questo in presenza di situazioni oggettive, non dipendenti da una scelta consapevole dell’imprenditore, che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi/reddito. Tale presunzione deve comunque essere superata dal contribuente. Seppur, come conferma ora la Cassazione, non solo con lo strumento dell’interpello disapplicativo.

Consigliati per te