La reazione dei mercati alla crisi afghana mette a rischio il rally di Ferragosto 

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Le ultime notizie sul fronte geopolitico sono solo l’ultimo tassello di un mosaico sempre più ampio che non vede più il Covid come solo e unico protagonista. Infatti il ritorno dei contagi è affiancato anche da dati macro pesanti e dalla crisi esplosa in Afghanistan. Una crisi che potrebbe investire il settore delle materie prime, dal momento che la nazione asiatica ne è un importante produttore. Ma procediamo con calma cercando prima di tutto di capire se la reazione dei mercati alla crisi afghana mette a rischio il rally di Ferragosto.

Indubbiamente è facile capire il segno rosso visto già in apertura sui listini osservando quanto sta accadendo in queste ore a Kabul. Il caos presente nella capitale ma anche nelle cancellerie di tutto il mondo, attualmente disorientate sul da farsi, non è certo un elemento che favorisce un clima di fiducia. A questo si aggiunga, come detto, l’arrivo di dati macro negativi che riguardano una potenza economica di primissimo piano come la Cina. In questo caso, infatti, a luglio le vendite al dettaglio sono risultato in aumento. Il problema, però, è che questo aumento è il più debole del 2021. Troppo debole rispetto alle precedenti rilevazioni. Infatti, numeri alla mano, si ha, a luglio, un +8,5% anno su anno, contro quello di giugno a +12,1%. Stesso discorso per la produzione industriale (6,4% a luglio contro un 8,3% di giugno, sempre anno su anno).

La reazione dei mercati alla crisi afghana mette a rischio il rally di Ferragosto

Ma non è solo la crisi afghana a creare tensioni sui mercati. Infatti la FED sembra essere sempre più orientata a dare vita ad un tapering entro il 2021. Proprio per questo motivo salgono le attese per le prossime minute del FOMC (Federal Open Market Committee) e, ancora di più, per il prossimo meeting di Jackson Hole previsto per fine agosto. Potrebbe essere, infatti, un’occasione per riuscire ad avere qualche informazione in più, o per lo meno maggiori elementi di valutazione per capire le prossime mosse dei banchieri centrali. In tutto questo si registra una certa pressione anche sul fronte dei petroliferi. Il greggio, intorno alle 12 (ora italiana) perdeva sia sul fronte del Brent (in calo a 70 dollari al barile) , sia del Wti (67,77 dollari al barile).

Intanto, guardando alla singola performance italiana, alle 12 il Ftse Mib perdeva lo 0,5%. Da segnalare, sempre per quanto riguarda il mercato italiano, il buy di Goldman Sachs su Leonardo. La banca USA aumenta anche il target arrivato a 9,06 euro rispetto ai precedenti 8,71.

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