La presunzione di reato condanna gli evasori

agenzia delle entrate

Tremino gli evasori perché la sola presunzione che abbiano commesso reato decreterà la loro condanna. La certezza inconfutabile delle prove cessa di essere una condizione necessaria perché parta l’accusa di evasione fiscale. Anche in assenza di prove incontrovertibili, sarà possibile affibbiare al contribuente il marchio infamante di evasore fiscale. L’Agenzia delle Entrate ha ottenuto dalla Corte di Cassazione il riconoscimento di una tesi discutibile che, di sicuro, fornirà argomento di discussioni accese. In tempi recenti, la Corte di Cassazione ha ratificato che la ragionevole probabilità di reato è di per sé sufficiente a dimostrare l’avvenuta evasione. La sola presunzione di reato condanna gli evasori anche quando mancano prove a dimostrare l’elusione delle imposte.

La sentenza del 25 febbraio 2020

Con la sentenza n. 4990 del 25 febbraio 2020 la Corte di Cassazione ha conferito validità alla tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate in riferimento all’evasione fiscale di un’agenzia immobiliare. L’Autorità fiscale ha difatti rilevato una fatturazione sottodimensionata rispetto alla vendita di sei immobili appartenenti alla medesima struttura. La ricorrente ha impugnato l’atto facendo leva sull’assenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti dall’art. 39 del D.P.R n. 600 del 1973.

Non solo la Commissione tributaria ha respinto il ricorso, ma persino in sede di appello i giudici hanno rimarcato la mancanza di una prova contraria. La replica della ricorrente si è concretizzata in una denuncia per violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del DPR 600/1973. Ma la Commissione tributaria provinciale ha ritenuto che le presunzioni a supporto delle verifiche fiscali fossero suffragate, oltre che dai parametri O.M.I., da altri puntelli. Primo fra tutti l’incongruenza dei prezzi di vendita, nonché la dichiarazione di prezzi sovradimensionati per gli immobili acquistati.

La presunzione di reato condanna gli evasori

Benché la ricorrente abbia insistito sull’assenza di prove concrete che attestassero il mancato pagamento delle imposte, i giudici hanno rigettato il ricorso. L’agenzia immobiliare è chiamata pertanto a rispondere di comportamento illecito perché la Corte di Cassazione ha ascritto validità alle presunzioni dell’AdE. Ne consegue che la sola presunzione di evasione fiscale risulta valida e di per sé sufficiente purché le prove a supporto non siano considerate singolarmente. La sentenza della Corte di Cassazione impone difatti come condizione imprescindibile che i singoli elementi nel loro insieme riescano a garantire “una valida prova presentiva”.

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