La manifattura di New York indebolisce il dollaro nel breve termine. Fed all’opera

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La manifattura di New York indebolisce il dollaro nel breve termine. Anche gli stati membri degli USA non sono tutti uguali. Inflazione in arrivo? Fed all’opera

Certamente l’indice manifatturiero dello stato di New York non è  tra i più importanti. Certamente il valore assoluto a 19,00 ben sopra la soglia di rischio dello zero è dato confortante ma quando le attese sono a 23.2 un ‘uscita a 19 qualche reazione la provoca.

E infatti il dollaro che già stamani dava segni di cedimento verso l’euro nel pomeriggio, dopo il dato, ha rincarato la dose riportandosi in vista di 1,17.

Niente di drammatico ma certamente un piccolo segno che anche gli Stati uniti hanno il problema della disomogeneità tra i vari stati membri. Visto i dati complessivi targati USA , probabilmente gestiscono queste diversità meglio di quanto accade nel vecchio continente.

Anche in questo caso nulla che possa facilitare il compito delle “colombe” della Fed che, spalleggiate da Trump, non vedono di buon occhio il rialzo dei tassi che la FED pare intenzionata a realizzare tra fine settembre e dicembre.

L’impressione è che gli Stati Uniti si stiano muovendo sul fronte dei tassi in leggero ritardo rispetto a quanto avrebbe consentito loro il ciclo economico. D’altronde nei giorni del triste decennale della crisi sub-prime e del fallimento di Lehman Brothers si riesce più facilmente a capire il perché la banca centrale statunitense abbia preferito accompagnare passo passo la ripresa economica conducendo le borse domestiche a nuovi massimi storici piuttosto che non intervenire di martello e rialzare i tassi ai primi segni di ripresa.

Tutto ciò fa pensare che da qualche parte ardano braci ardenti e che la FED non abbia voluto correre il rischio in nessun modo di essere artefice un loro riattizzarsi prima che la forza della ripartenza  fosse confermata come intensa e duratura. Praticamente si è attesa una situazione di forza e brillantezza diffusa in grado di assorbire il prevedibile malumore delle borse con relativo calo anche sostanzioso dei listini.

Poi da quella strana miscela di combinazioni possibili e imperscrutabili quando si percorrono strade inesplorate come è stato fatto introducendo il Quantitative Esing (QE) è uscita una fase di inflazione controllata quanto mai fondamentale. Difatti questa fase , inizialmente addirittura deflattiva, con lo scorrere dei dollari messi in pista dalla FED, è diventata sempre più sorprendente quanto corroborante per la politica prudenziale adottata dai vari Bernanke, Yellen e ora Powell succedutisi alla guida della banca centrale USA in questo decennio.

La combinazione di dati forti con l’oro che pare entrato in una fase di ri-accumulazione farebbe pensare che a breve avremo qualche segnale concreto di ripresa inflazionistica al di là dell’oceano.

Sarà l’ultimo step necessario per togliere, ammesso esistano, gli ultimi dubbi a Powell sul la necessità di iniziare a stringere sul fronte monetario.

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