LA LUNGA NOTTE DELL’ECONOMIA E DELLA FINANZA

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LA LUNGA NOTTE DELL’ECONOMIA E DELLA FINANZA.


Intervista a Gian Piero Turletti Staff di Proiezionidiborsa


Finanza, economia e politica a tutto campo.
Perché la lunga notte dell’economia e della finanza?


Ho voluto dare questo titolo all’intervista, per ripercorrere, sinteticamente, i fatti, gli eventi essenziali che hanno portato all’attuale situazione di crisi economico-finanziaria che ben conosciamo, e fare il punto della situazione, a circa sei anni dal suo inizio.

Spesso, è andando alle origini di una situazione, che se ne coglie meglio il significato e le prospettive.

Solitamente, le economie occidentali sono infatti soggette a fasi alterne di espansione e contrazione, legate al ciclo della domanda di prodotti e servizi.

Ad un certo punto, solitamente, si assiste ad un eccesso di offerta, che la domanda aggregata di mercato non è più in grado di sostenere, ed i mercati entrano in crisi, mentre questa volta la crisi ha assunto un aspetto decisamente diverso.

Ma in che senso lei coglie la diversità di questa crisi?

Soprattutto dopo l’affermazione di teorie keynesiane e post keynesiane nel sistema economico, si è diffusa una sempre maggior  creditizzazione dell’economia attuale.

E’ stata soprattutto la concessione in misura ingente di linee di credito al sistema economico, da parte del sistema bancario, a sostenere un sistema imprenditoriale che ha sviluppato le dimensioni dell’economia internazionale.

In altri termini, il denaro offerto dalle banche ha permesso sempre maggiori occasioni di business.

Con denaro facile a disposizione, le aziende investivavo e l’economia tirava.

E questo valeva anche per aziende cronicamente sottocapitalizzate.

Ma allora, cosa ha fatto crollare il tutto?

Proprio l’incepparsi del meccanismo.
Per effetto di un coefficiente macroeconomico, definito moltiplicatore bancario, il sistema creditizio è in grado di concedere al sistema produttivo il denaro di cui dispone con effetto moltiplicato, ma poi, quando si tirano i remi in barca, il sistema subisce l’effetto demoltiplicatore.

Questo principio non vale per le singole banche, ma deriva dal sistema nel suo complesso.

La crisi è partita dagli USA, in cui diverse banche avevano puntato molto sul settore dei mutui subrprime, cioè sul settore edilizio, ma investendo anche su imprese che non presentavano sufficienti garanzie esdebitative, da cui il termine subprime.

Non solo.

Quelle banche avevano ottenuto ulteriori risorse di risparmiatori ed investitori, da investire nel settore, emettendo cartolarizzazioni garantite dai subprime, nella convinzione che il mercato immobiliare avrebbe continuato a trainare, e coperto le cose che non andavano.
Quando il settore crollò, anche per via dei prezzi raggiunti dalla bolla speculativa immobiliare, ne derivarono conseguenze negative, significative anche per il sistema creditizio e per l’economia reale, viste le reciproche relazioni di interdipendenza.
Il sistema creditizio iniziò a non prestare più soldi, ed i soldi sono il carburante del sistema economico.
Chi, tra gli economisti, non da peso al valore delle base monetaria e dei suoi effetti sul sistema economico, dovrebbe riflettere su quanto segue.

Si pensi che la base monetaria circolante attualmente in Italia è di circa 1440 miliardi di euro, di cui solo circa 150 miliardi rappresentati da denaro contante.

Il resto è dovuto al sistema del credito.
Ed appare indubbia, anche graficamente, la correlazione tra andamento dell’economia e della base monetaria, perché quando la seconda cala, il sistema entra in recessione e viceversa.
E’ questa la grande differenza tra le crisi del passato e quella attuale.
Quelle trascorse, almeno degli ultimi decenni, erano legate al ciclo della domanda aggregata di mercato, mentre la crisi attuale si caratterizza per una crisi dell’offerta di moneta e condizioni restrittive, imposte a livello di politica monetaria in Europa.
Ed ora?
Negli Usa abbiamo assistito ad ingenti aiuti di stato a favore di imprese in crisi, in particolare nel settore bancario, anche se all’epoca si decise di lasciar fallire Lehman Brothers, mentre in Europa abbiamo assistito ad una serie di riforme interventiste, che vanno dai fondi salva stati agli Ltro, provvedimenti a favore delle banche in difficoltà.
Ma tutto questo, facendo il punto della situazione, ora cosa ci consente di prevedere?
 Le banche continuano a tenersi strette il denaro, in Europa, quindi i prestiti fatti al settore creditizio non sono stati trainanti per il sistema economico nel suo complesso, e gli stati sono sempre al palo con la sostenibilità del debito pubblico.
Direi che è difficile prevedere a breve una nuova iniezione di liquidità, da parte del sistema creditizio, verso il sistema delle imprese, proprio per l’aumentata avversione al rischio d’impresa, evidenziato dal sistema bancario.
Vedremo come va la promessa di 40 miliardi alle imprese con crediti non pagati da parte della P A.
In ogni caso gli stati, con il fiscal compact, devono stare attenti al rispetto dei parametri, quindi solo dagli USA si intravede qualche novità in fatto di ripresa, e non a caso abbiamo assistito ad un sostanziale disallineamento tra i  listini americani e gli altri.
Ma il fiscal compact come muta le cose?
Detto molto semplicemente, i parametri di bilancio che gli stati devono osservare sono sempre gli stessi.
Solo che ora l’inosservanza comporta l’applicazione di sanzioni in sede europea.
Negli ultimi periodi a suo avviso ci sono state novità particolari da menzionare sul fronte economico e finanziario?
Chiarite la cause della crisi per meglio comprendere il periodo attuale, occorre dire che, a parte l’ultimo periodo, in particolare le ultime settimane, in cui si sono addensate talune news, come Corea, Cipro, difficoltà a formare un nuovo governo, non è che ci siano state particolari novità.
Leggendo magazine, media e giornali su temi finanziari, sostanzialmente notiamo che gli analisti continuano a commentare sempre le stesse cose.
Questo denota stagnazione economica.
In che senso?
Nel senso che per lunghi periodi la situazione non muta, a differenza di periodi espansivi, in cui è più frequente trovare notizia di nuove iniziative economiche, a dimostrazione d un certo attivismo a livello economico e finanziario.
E su Cipro, a suo avviso, risparmiatori ed analisti hanno le idee chiare?
Non direi.
Partiamo dai risparmiatori ed investitori non professionali.
Ad esempio, qualche giorno fa mi giunge l’email di un mio conoscente, il quale ritiene che le mosse da fare  sarebbero le seguenti:
disinvestire dai titoli di stato, aprire un conto corrente in Svizzera, ed eventualmente investire in obbligazioni corporate
Prima osservazione: semmai chi aveva titoli investiti è colui che meglio si difendeva da un prelievo, che viene fatto sui soldi, non sui titoli
In particolare, poi, ricordiamo che i titoli di stato italiano sono legalmente caratterizzati da alcuni privilegi, assenti per altri titoli, in particolare impignorabilità ed insequestrabilità.
Per un investitore, che peraltro volesse una composizione del proprio portafoglio relativamente sicura, certo non è buona scelta quella di affidarsi ad investimenti che incontrano rischi sul cambio.

Chiaro che poi le banche su cui si depositano soldi e titoli possono avere una solidità patrimoniale diversa, da banca a banca, a prescindere dal paese di appartenenza.
Altrettanto ovvio che il rischio relativo alle obbligazioni corporate è connesso a quello degli enti emittenti.
In ogni caso, occorre ricordare che sui rendimenti dei titoli di stato la tassazione è ancora limitata al 12,5%, mentre quella sui titoli corporate sale al 20%.
Solitamente, comunque, nonostante le difficoltà del momento, il rating dei titoli di stato italiani è  superiore a molte società emittenti di tipo corporate.
Ma lei si riferisce anche agli analisti, in che senso?
Molti sono stati preoccupati di un’estensione del modello cipriota ad altri paesi, in primis proprio gli analisti.
Intanto, comunque, vorrei ricordare che in cambio dei soldi prelevati, sono state conferite obbligazioni degli enti europei che concedono finanziamenti al sistema creditizio cipriota.
Quindi parlerei non tanto di un esborso forzato, ma di una compravendita forzata.
Inoltre, comunque, le stesse autorità politiche europee si sono rimangiate quanto detto alcuni giorni prima, visto che poi hanno parlato di non estensibilità del metodo applicato a Cipro.
Secondo lei, per quale motivo questo veloce cambio d’opinione?
Perché, dimostrando tutta l’incompetenza che le autorità politiche e tecniche comunitarie spesso possiedono, si sono poi rese conto che prospettare una cosa del genere, come io avevo preventivato, era solo far suonare un campanello d’allarme, che avrebbe provocato conseguenze peggiori del presunto rimedio.
Ripeto: non serve a nulla un’operazione di prelievo che determini la fuga in massa degli investitori, compresi quelli che acquistano titoli di stato.
E la Corea?
Osserviamo quanto segue:
Qualche base americana o alleata degli USA è stata attaccata?
Qualche obiettivo militare o civile è forse stato colpito?
No, e questo conferma come le minacce siano al momento l’ennesima propaganda massimalista del governo nord coreano.
Se vuoi attaccare realmente, magari lo fai di sorpresa, o comunque non lasci intercorrere molto tempo tra una dichiarazione di guerra e l’attacco, pena dare il tempo all’avversario di parare i colpi.
Ma non ci troviamo già in una situazione di guerra, con la dichiarazione della Corea del nord?
Intanto, devo precisare che nella mia intervista della scorsa settimana mi riferivo al fatto che era da scartare l’ipotesi di un conflitto atomico, non necessariamente un conflitto con armi convenzionali.
Del resto già i precedenti conflitti, tra le due Coree, come tra i due Vietnam, non sono stati atomici, ma convenzionali.
Certo, una vera e propria guerra, su basi convenzionali, potrebbe anche esserci, ma……
Questo riguarderebbe l’uso di armi non atomiche.
Ma perché la Corea del Nord ha deciso di alzare il livello delle aggressioni verbali ed inasprito le relazioni internazionali?
Un po’ per esigenze di affermazione della leadership comunista, all’interno, un po’ per cogliere l’opportunità di polemizzare contro le esercitazioni militari congiunte tra Usa e Corea del sud, polemiche legate anche all’utilizzo, da parte degli USA, di aerei stealth, cioè cosiddetti invisibili.
Il timore sarebbe che questi velivoli, potendo ingannare i controlli radar, attacchino la Corea del nord.
Naturalmente si tratta di un pretesto.
Per quale motivo?
USA e Corea del sud non hanno motivo di muovere guerra alla corea del nord.
Le guerre si sono sempre avute perché la Corea del nord cercava di invadere quella del sud.
Poi, i cosiddetti aerei invisibili non sono, in realtà, più tali, da quando sono stati inventati i cosiddetti radar orizzontali, che sfruttando i riflessi, da parte della ionosfera, delle onde radio verso il basso, sono in grado di segnalare anche velivoli oltre la linea dell’orizzonte, anche di tipo stealth.
Insomma, la solita propaganda comunista.

E le ipotesi sul governo?
Si sta tentando una strada alternativa a quella del governo Bersani o di un esecutivo tecnico.
A mio avviso, giustamente Napolitano ha deciso di evitare che si presentasse alle camere un presidente del consiglio incaricato, che non avesse una maggioranza numerica certa e precostituita.
Diversamente, una bocciatura di un governo che si fosse presentato cercando di ottenere la fiducia sul momento, avrebbe scatenato reazioni negative sui mercati, e comunque, anche ottenendola, non sarebbe certo un governo dotato di un’immagine solida.
A questo punto, tornano di attualità le ipotesi che avevo sottolineato, e cioè:
o governo politico guidato da Bersani o da altri, ma di larghe intese, oppure un governo guidato da un tecnico, ma la cui composizione sia politica, e sempre come espressione di una maggioranza delle larghe intese.
Ma delle commissioni di saggi, cosa pensa?
In effetti, si tratta di un espediente innovativo al di fuori della prassi costituzionale consolidata, anzi, secondo taluni addirittura incostituzionale
Sinceramente, non mi pare che un presidente del consiglio incaricato non abbia proposte programmatiche, da sottoporre ai propri interlocutori.
Per cui, la funzione di tali commissioni sarebbero del tutto inutili.
Se, quindi, il tentativo è di cercare di far dire di si al PD su quello che potrebbe essere un governo embrionale, non credo sia questa la soluzione della crisi.
Non è mettendo insieme esperti e politici di aree diverse, che qualcuno cambierà idea sulle possibili alleanze.
Se già si fosse desiderato condividere l’idea di un esecutivo delle larghe intese, tale decisione sarebbe stata presa a suo tempo.
Cosa prevede, quindi?
Occorre che, molto francamente, si notino due elementi essenziali dell’attuale situazione politica.
Dalle urne non è uscita una maggioranza, ma tre minoranze, ed occorre, matematicamente, che almeno due di queste concordino nell’allearsi politicamente e reciprocamente, se si vuol dare vita ad un governo senza ulteriore ricorso alle urne.
Direi che, quindi, le alternative sono due.
O si va all’elezione del nuovo Capo dello stato, il quale ha il potere di indire nuove elezioni, oppure….
Oppure?
Oppure mi pare evidente che quello delle commissioni sia solo un espediente per avere altro tempo, del tutto analogo alle consultazioni di Bersani, che ha invitato associazioni di tutti i tipi alle consultazioni.
E cosa potrebbe esserci dietro questo tentativo?
A mio avviso, esiste ancora una possibilità di arrivare ad un nuovo governo, ma a condizione che Napolitano scompagini lo scenario politico.
Si tratterebbe di uscire dall’impasse incaricando non un tecnico, ipotesi che è già stata almeno parzialmente bocciata, ma un politico del PD, disponibile a fare un governo delle larghe intese, ovviamente disattendendo l’esito delle primarie del centrosinistra e baipassando l’ostracismo di Bersani e di quella parte del PD avverso a tale ipotesi.
Pare che ci siano diversi esponenti del PD disponibili a tale ipotesi, da D’Alema a Veltroni, senza escludere Renzi.
Credo che uno di tali personaggi, una volta ricevuto incarico esplorativo da Napolitano, non escluderebbe l’ipotesi di presentarsi alle camere, prendendo i voti anche del PDL.
E se tutte queste ipotesi non avessero esito positivo?
Allora si eleggerà il nuovo capo dello stato che, probabilmente, soprattutto se fosse Prodi, incaricherebbe ancora una volta Bersani.
Se il governo non ottenesse i voti, Bersani rimarrebbe in carica per l’ordinaria amministrazione sino alle prossime elezioni.
E sull’analisi tecnica, cosa può dirci?
Domani scade un potente setup temporale di Top or bottom,  e sarà interessante notare la reazione da parte del FTSE MIB.
In ogni caso, solo segnali di confermata inversione, come quelli provenienti da signal indicator, potrebbero confermare un’eventuale ipotesi rialzista.

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