La FED “obbligata” a tagliare i tassi

fed

Con il taglio dei tassi già effettuato la FED si è di fatto incastrata e messa nella condizione di doverne effettuare altri a breve.

Il consensus degli analisti per un taglio dello 0,25% già nel prossimo meeting del 17 e 18 settembre è altissimo, supera l’80%.

E anche per ottobre (meeting fissato per il 29 e 30)    le aspettative per un ulteriore taglio dello 0.25% restano molto alte.

Insomma una FED che, contrariamente alle proprie abitudini e tradizioni, taglia con la maggior parte dei dati macroeconomici americani a livelli di eccellenza.

Sì, qualche timido segnale di rallentamento qua e là si è registrato.

Ma si è trattato di flash singoli spesso smentiti alla rilevazione successiva.

Complessivamente lo stato dell’economia a stelle e strisce resta ottimo.

Allora come mai la FED si è incastrata da sola?

Solo per compiacere la Casa Bianca

Ne abbiamo già scritto per primi ma ora che questa idea è stata recepita da molti osservatori e siti ci piace riprenderla.

Fra poco più di un anno il Presidente USA in carica sarà impegnato nella campagna elettorale per la propria eventuale rielezione.

Il suo staff economico aveva calcolato proprio per quel periodo la fase di rallentamento (anche se non vera recessione) per l’economia USA e a cascata per le Borse americane.

Insomma non il miglior biglietto da visita per chi punta a tutti i costi a farsi rieleggere.

E’ pure vero che quanto realizzato dall’accoppiata Trump & FED passerà alla storia sui libri in materia economica come esempio di ciclo virtuoso prolungato.

Ma  è anche risaputo che molti elettori scelgono sulla base del preciso momento del voto.

Insomma “scorrelare” il taglio della FED dalle vedute aggressive in materia della Casa Bianca è quanto meno ingenuo.

Il cedimento improvviso di Powell

Tanto più che solo l’11 luglio si ragionava così   salvo poi tagliare i tassi a fine dello stesso mese.

La FED e il pericolo economia globale

A “reggere il moccolo” di questa scelta non scelta che la FED ha fatto c’è il cosiddetto rischio di recessione dell’economia globale.

E in effetti, a cominciare dall’Unione Europea i dati economici sono pessimi.

Così’ come molti Emerging markets attraversano una fase tutt’altro che brillante.

Ma quando mai le politiche monetarie interne di un paese (leggasi gli USA) possono incidere sulle dinamiche economiche di altre nazioni?

La risposta è mai o comunque pochissimo in rapporto all’incidenza interna.

Sì, certo gli Stati Uniti sono il maggiore importatore del mondo ma il taglio dei tassi non favorirà certo l’incremento degli acquisti dall’estero in misura tale da risollevare le economie altrui.

Tanto meno in era di guerre doganali…tra l’altro volute dalla stessa casa Bianca in una contraddizione che, questa sì nel tempo, rischia davvero di compromettere il ciclo interno agli Stati Uniti.

In sostanza più passano i giorni e più aumenta la convinzione che alla fine Powell e la FED abbiano ceduto alle pressioni di Trump.

Vale a dire che tutti gli altri discorsi siano poco convincenti tentativi di sviare gli osservatori dalle vere egoistiche motivazioni del Presidente americano.

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