La FED e la BCE potrebbero presto essere alleate nel rivedere le rispettive politiche monetarie

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La FED sarà ancora protagonista nei prossimi giorni, soprattutto dopo il dato dell’inflazione di gennaio che, negli USA ha raggiunto il 7,5%, livello record da 40 anni a questa parte. Dunque il pericolo è che la Banca centrale statunitense si trovi a dover rincorrere i prezzi al consumo. Anche se in realtà questi sono aumentati, stando alle parole del numero uno della BCE Christine Lagarde, per lo più a causa del caro energia. Da qui il dubbio, tra l’altro espresso proprio dalla stessa Lagarde, secondo il quale rialzare in maniera repentina il costo del denaro potrebbe non essere sufficiente per correre ai ripari e addomesticare l’inflazione.

Di questo i mercati potrebbero essersene accorti. Almeno nell’immediato, avvertono il disagio di dover gestire una stretta sui tassi di interesse su entrambe le sponde dell’oceano. In altre parole la FED e la BCE potrebbero presto mettere mano alle politiche accomodanti che hanno accompagnato i mercati per anni.

Il problema, adesso, sarà quello di riuscire a capire con quale velocità avverrà il cambio di rotta. In effetti si parla di un possibile punto percentuale di aumento già entro luglio per il dollaro ma ovviamente si tratta di voci. Ad ogni modo, a prescindere da questo, i mercati avvertono  la pressione e alle 12 (ora italiana) giravano tutti in passivo. Dall’Europa ai futures di Wall Street. In particolare il Ftse Mib perdeva l’1,12%. Un quadro che non permette, però, di considerare l’unico settore che, con l’aumento dei tassi, potrebbe trovare un vantaggio, ovvero quello bancario.

La FED e la BCE potrebbero presto essere alleate nel rivedere le rispettive politiche monetarie

Il borsino tricolore, pur non essendo tra i maggiori in Europa, è senza dubbio uno di quelli maggiormente focalizzato sul settore bancario. Ed è proprio sul risiko bancario che si concentrano gli analisti, in particolare sull’interesse che Unicredit parrebbe  avere verso Banco BPM.

Ma tornando alla questione relativa alle Banche centrali, il mercato azionario sembra essere rimasto particolarmente impressionato dalle posizioni aggressive del presidente della FED di St.Louis che punta, come accennato, ad un +1% di aumento sul costo del denaro già entro luglio. Un giudizio pesante visto e considerato che Bullard è anche membro con diritto di voto del FOMC.

La prova del fatto che l’inflazione, e le conseguenze che questa avrà sulle Banche centrali, continuerà ad essere un perno centrale per le strategie operative durante le prossime settimane se non addirittura per i prossimi mesi, la si è vista ieri, alla chiusura di Wall Street. Il Dow Jones ha lasciato sul parterre l’1,47% mentre per il Nasdaq è stato anche peggio: -2,1%. L’S&P 500, invece, ha chiuso con un calo dell’1,81%.

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