La Fed deve ritirare dai mercati finanziari 3500 miliardi di liquidità. Riuscirà a farlo senza far crollare i bond e le azioni?

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E’ interessante leggere il seguente articolo sull’argomento, prima di aggiungere una nostra considerazione in merito e far guardare poi un grafico:

Fonte BusinessInsider Italia

L’uscita dal Quantitative easing (Qe), ovvero l’abnorme iniezione di denaro nel sistema economico attraverso l’acquisto di attività finanziarie, da parte della Federal Reserve, è circondata da molta incertezza. I funzionari della banca centrale americana stanno cercando di minimizzarne l’importanza e, lo scorso giugno, il presidente Janet Yellen ha detto: «Spero che questo processo sia simile a quello di osservare la pittura di un quadro asciugarsi». Di certo la Fed ha iniziato il suo processo di normalizzazione ma il ridimensionamento effettivo di questa macroscopica liquidità che si muove nel sistema economico si manifesterà solo con la riduzione delle dimensioni del bilancio.

Tra il 2009 e il 2014 la Fed ha creato una cifra monstre: 3.500 miliardi di dollari in tre fasi di Qe. Questa liquidità è stata utilizzata per comprare asset finanziari. Marcus Brookes, head of multi-manager di Schroders prova a forzare il ragionamento: «Per comprendere la portata di questa cifra, è utile fare un esercizio. Immaginiamo di aver il compito di spendere 20 dollari al secondo, 24 ore su 24, fino a quando non esauriamo il denaro a nostra disposizione. Per esempio, con 100 dollari potremmo spendere per soli cinque secondi; con 1000 dollari, per 50 secondi, e così via. Per alcuni, potrebbe sembrare il paradiso. Ma immaginate di doverlo fare per 578 giorni di seguito! E ancor peggio, immaginate di scoprire che spendendo 20 dollari al secondo, per 578 giorni di seguito, avrete speso in totale 1 miliardo di dollari, che non equivale neanche all’1% del Qe. E nemmeno allo 0,1% se è per questo! Per esaurire i 3.500 miliardi stampati dalla Fed e impiegati nel Qe, a un tasso di 20 dollari al secondo, ci vorrebbero 5.547 anni, più o meno. Quindi, se avessimo iniziato nel 3530 a.c., oggi avremmo quasi finito..» Insomma, 3.500 miliardi di dollari sono veramente tanti soldi. Se spesi in 6 anni, è facile aspettarsi una distorsione del prezzo di qualsiasi bene, incluso quello delle obbligazioni.

Secondo l’esperto, in primo luogo, i primi round di Qe hanno iniettato liquidità nell’economia in una fase in cui il settore bancario stava riducendo la leva finanziaria. «Una lezione importante della Grande Depressione è stata di non permettere alla crescita di moneta di diventare negativa. Il Qe ha aiutato in tal senso e di conseguenza è stato utilizzato come strumento per realizzare altri obiettivi». A seguire, riducendo i tassi di interesse di mercato, il Qe ha permesso al Governo di avere un deficit di bilancio meno costoso di quanto lo sarebbe stato senza. In effetti, tutti i profitti guadagnati dalla Fed grazie ai bond detenuti in portafoglio sono rigirati al Dipartimento del Tesoro, dunque i deficit sono stati in parte finanziati a interessi zero. Infine, ridurre i tassi di interesse di mercato ha poi stimolato l’economia rendendo il credito del settore privato più conveniente. Per le famiglie, ha aiutato a stimolare la crescita dei consumi nonostante i salari fermi.

È più difficile invece giudicare le conseguenze per l’economia della riduzione del costo del credito per il settore corporate. «Nel breve termine, il Qe è stato positivo sia per gli utili sia per i multipli. D’altra parte, ha incoraggiato l’ingegneria finanziaria a danno degli investimenti, ridotto la crescita futura della produttività e ostacolato il processo della distruzione creativa permettendo alle società deboli di restare in piedi, portando così al calo del tasso di crescita strutturale di lungo termine dell’economia».

Governi, famiglie e imprese sono oggi più indebitati rispetto ai livelli pre-crisi. E questo rende il sistema potenzialmente molto sensibile a tassi di interesse più elevati. E, di conseguenza, più fragile. «Per adesso, la maggior parte degli osservatori concorda sul fatto che i benefici del QE hanno superato i costi e i rischi potenziali. Resta da vedere se questo resterà vero una volta che la FED normalizzerà il proprio bilancio», precisa Brookes.

Al momento, ci si attende che la stretta monetaria (Qt) inizierà a ottobre, all’inizio dell’anno fiscale 2018 del Governo americano. E ora la domanda è: se il Qe ha spinto i tassi di interesse al ribasso e i prezzi degli asset al rialzo, perché non dovrebbe avvenire il contrario per il Qt? «A nostro avviso, quando partirà con il QT la Fed avrà tre obiettivi principali: non far crollare il mercato obbligazionario; non far crollare il mercato azionario; non far crollare l’economia», continua Brookes.

Uno dei fattori principali sarà evitare che i rendimenti obbligazionari salgano bruscamente. «In teoria, riducendo il proprio bilancio portando semplicemente a maturazione i bond detenuti in portafoglio, la Fed dovrebbe aggirare le paure di cosa potrebbe accadere ai rendimenti se dovesse mai provare a vendere direttamente un grande ammontare di bond. Tuttavia, in pratica non c’è quasi differenza. Il Tesoro, per esempio, non ha il denaro necessario a ripagare la Fed per i bond in scadenza. Di conseguenza, dovrà emettere nuovo debito sotto forma di “bond di rifinanziamento” sul mercato, per poter ripagare la Fed. L’effetto economico sarà identico a quello provocato da una vendita diretta dei bond da parte della Banca centrale», spiega l’esperto.

La liquidità incassata dalla vendita di questi bond di rifinanziamento sarà trasferita dal Tesoro alla Fed, che ritirerà la liquidità, rimuovendola permanentemente dal mercato e, allo stesso tempo, riducendo il proprio bilancio. Supponendo che il piano di Qt parta a ottobre, la Fed dovrebbe ritirare 300 miliardi di dollari di liquidità nell’anno fiscale 2018 e 600 miliardi nell’anno fiscale 2019. A queste cifre bisogna aggiungere il finanziamento del deficit fiscale americano che secondo lo US Office of Management & Budget dovrebbe essere in media 519 miliardi di dollari l’anno tra il 2017 e il 2021. In totale, ciò equivale a una massa enorme di nuova offerta: circa 2000 miliardi di dollari nei prossimi due anni. Pur non avendo dubbi che questi bond saranno comprati, c’è da chiedersi a che prezzo e, più specificamente, con quale rendimento.

Il gestore di Schroders mette poi in evidenza un altro aspetto di questa manovra: «Un altro rischio riguarda il mercato dei bond societari. Sebbene i rendimenti dovrebbero muoversi al rialzo, in linea con quelli dei titoli di Stato, i bond corporate sono vulnerabili anche a un riallargamento degli spread creditizi, che sono stati abbattuti dalla caccia globale allo yield. In questo ambito, dovrebbe preoccupare il fatto che bond corporate sono stati venduti a molti investitori con scarsa propensione al rischio per cercare di compensare i ritorni reali negativi della liquidità».

Non bisogna poi dimenticare i contraccolpi per il mercato azionario. Un risultato simile per il mercato azionario si manifesterebbe tramite il calo dei multipli P/E (prezzo/utili per azione). In generale, l’azionario Usa oggi è più costoso in base alla quasi totalità delle metriche. In pratica, ciò vuol dire che i ritorni futuri saranno probabilmente scadenti, soprattutto su base aggiustata per il rischio, purtroppo proprio in una fase in cui i ritorni passati paiono straordinari, dando ispirazione a una nuova ondata di investimenti passivi; i titoli azionari sono piuttosto sensibili a un cambiamento negativo dei fondamentali e a un’inclinazione più pessimista. «Nonostante tutto ciò sia vero ormai da un po’ di tempo, la liquidità offerta dalle Banche centrali, rimaste straordinariamente accomodanti per nove anni di ripresa economica, ha fatto superare questi ostacoli. Ci chiediamo per quanto tempo ciò resterà vero, una volta che la liquidità sarà ritirata», conclude l’esperto di Schroders.


A questo interessante articolo vogliamo aggiungere una nostra considerazione.

Nel grafico seguente è mostrata la percentuale delle entrate che mediamente un americano deve dedicare al pagamento dei debiti.

Come si vede questa percentuale  è in aumento e con l’aumento dei tassi aumenterà sempre più facendo diminuire il reddito disponibile per le spese.

Un circolo vizioso che potrebbe abbattersi sull’economia americana e sul dollaro nei prossimi mesi.

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