La Cina aggira i dazi di Trump e continua a crescere

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Si è parlato in questi giorni di un rallentamento preoccupante dell’economia cinese tanto da convincere il governo del Dragone a manovre strutturali.

Si noti che stiamo parlando di un paese nel quale comunque il PIL annuo viaggia sopra il 6% per cui qualche fisiologica pausa è del tutto naturale.

Ma si sa quando ci si abitua bene è difficile rinunciare anche al minimo.

I dati odierni della bilancio commerciale, viste le premesse e preoccupazioni dei giorni scorsi, mostrano però una forza inattesa, vediamoli:

Export (Annuale) (Set) 14,5% 8,9% 9,8%
Importazioni (Annuale) (Set) 14,3% 15,0% 19,9%
Saldo della bilancia commerciale (USD) (Set) 31,69B 19,40B 27,89B

 

Possiamo notare come i numeri pubblicati siano in linea coi desideri di Pechino, ovvero export in aumento import in calo e saldo della bilancia commerciale di settembre in volo a 31.69B oltre un terzo in più del consensus fissato a 19.40B.

Dati straordinari, è vero che il calo dell’import denota un rallentamento dei consumi interni che è anche un richiamo a monitorare il livello e la qualità dei redditi interni ma per come si è dipanata negli ultimi tempi la politica economica cinese stiamo pure certi che a Pechino sono molto soddisfatti di questi risultati.

Piuttosto può lasciare allibiti il fatto che in piena era dei nuovi dazi di Trump i cinesi riescano comunque a battere e in modo così significativo le attese.

Senza violare la privacy di alcuno …pare proprio che i cinesi abbiano già trovato il sistema per bypassare i dazi americani. Almeno diverse ditte stando al Wall Street Journal hanno trovato la via per farlo.

Dovete sapere che ogni prodotto che entra negli Stati Uniti è dotato OBBLIGATORIAMENTE di contrassegni sotto forma di codici che identificano il paese di provenienza.

Secondo voi come poteva questo banale “orpello” resistere e sopravvivere nel paese maestro nelle riproduzioni e falsificazioni di qualsiasi tipo di prodotto?

E infatti pare proprio che molte aziende cinesi abbiano ripreso ad esportare bella mente in America proprio grazie a questo escamotage: ovvero sostituire il codice identificativo di provenienza del prodotto introdotto negli USA con uno ben falsificato che riconduca il prodotto a un paese non soggetto a dazi.
In questo modo i rigorosi controlli doganali vengono superati senza colpo ferire.

Questa procedura se vogliamo più sofisticata va ad aggiungersi a quella. da sempre in voga per i motivi più disparati e quindi non solo per aggirare i dazi doganali, di esportare le merci tramite il rialloggio in paesi terzi.

Negli stati Uniti c’è molto lavoro per avvocati e tribunali specializzati nelle cause doganali ove gli USA cercano di dimostrare la dubbia provenienza dei prodotti, ma coi maestri della copiatura in azione sarà difficile vincere questa battaglia, per molti versi fuori tempo.
Fuori tempo perché dovrebbe essere la sostenibilità implicita nei rapporti di cambio e coniugati ai redditi personali a determinare , partendo dalla qualità e attrattività del prodotto, le dinamiche di import export.

Tutto il resto rischia di essere una inutile e dispendiosa caccia alle streghe.

 

 

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