La cancellazione determina l’estinzione della società e il socio risponde dei debiti in qualità di successore, nei limiti della percezione di utili in sede di liquidazione

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La cancellazione determina l’estinzione della società e il socio risponde dei debiti in qualità di successore, nei limiti della percezione di utili in sede di liquidazione.

Studiamo il caso

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 20129 del 24/09/2020, ha chiarito rilevanti profili in tema di responsabilità dei soci di una società estinta. Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello del contribuente avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale che ne aveva già respinto il ricorso. Il contenzioso riguardava un avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’anno di imposta 2012 sulla scorta di processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza.

L’atto impugnato, relativo a società estinta, era stato indirizzato al contribuente, nella sua qualità di socio, in quanto ritenuto solidamente responsabile non solo delle sanzioni, ma anche delle imposte dovute. L’oggetto dell’accertamento non era peraltro rappresentato dall’utile extrabilancio presuntivamente distribuito ai soci, bensì dal reddito accertato alla stessa società. L’Amministrazione finanziaria sosteneva infatti che il mancato riparto agli ex soci della società estinta non escludeva comunque l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo. Ed osservava che successivamente alla cancellazione sussiste un regime di comunione ordinaria tra i soci superstiti.

Essendo dunque gli stessi soci destinati a succedere alla società estinta nei rapporti debitori ad essa facenti capo ma non ancora definiti all’esito della liquidazione. E questo, affermava l’Agenzia, a prescindere dalla circostanza che i soci avessero goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione. La CTR riteneva legittimo l’accertamento, ponendone a fondamento la permanente responsabilità dei soci superstiti.

La decisione

Nel proporre ricorso per Cassazione, il contribuente criticava la sentenza, laddove, in violazione dell’art. 2495 c.c., aveva affermato la responsabilità del socio per debiti tributari facenti capo alla società cancellata. Osservava inoltre che nell’ordinamento tributario l’art 36 del Dpr 602/73 regolamenta espressamente la responsabilità dei soci dopo la cancellazione, stabilendone un limite non superiore al denaro o ai beni assegnati. Né infine, rilevava ancora il contribuente, in base all’avviso di accertamento, gli era stata contestata alcuna responsabilità solidale, quale presunto amministratore o autore dell’evasione. Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. Evidenziano i giudici di legittimità che, dal 1.1.2004, in effetti, la cancellazione determina l’estinzione della società indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo.

La riforma

La riforma ha infatti adottato, per una ratio di certezza giuridica, il sistema della liquidazione “formale” (Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010 n. 4060). Le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 6070 del 2013, hanno quindi ricostruito le conseguenze dell’estinzione in termini successori. E, quanto agli effetti sostanziali passivi, hanno affermato il trasferimento del debito sociale ai soci, con responsabilità limitata o illimitata, a seconda del tipo di responsabilità connesso alla struttura societaria.

In altri termini, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci. E questi ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali. La CTR, secondo la Corte, ritenendo legittimo l’accertamento non aveva quindi fatto buon governo di tali principi. E aveva così violato il limite di responsabilità indicato nell’art. 2495 c.c.. In sostanza, la cancellazione determina l’estinzione della società e il socio risponde dei debiti in qualità di successore, nei limiti della percezione di utili in sede di liquidazione.

Osservazioni

In ordine alle obbligazioni tributarie il limite di responsabilità di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla legittimazione processuale, ma può influire sull’interesse ad agire dei creditori sociali, rapportabile, in via astratta, a quanto riscosso a seguito della liquidazione. La circostanza che i soci abbiano goduto o meno di un qualche riparto non è comunque dirimente ai fini dell’interesse ad agire del Fisco creditore. Laddove anche la possibilità di sopravvenienze attive, o la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci. La cancellazione della società dal registro delle imprese, pur provocando l’estinzione della società, non determina l’estinzione dei debiti. Si verifica infatti un fenomeno di tipo successorio, in cui la responsabilità dei soci è però astrattamente limitata.

E tale limite coincide con quanto conseguito nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione, con onere della prova in merito all’effettiva percezione a carico dell’Agenzia Entrate. E se il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe anche sul requisito dell’interesse ad agire.

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