La bancarotta fraudolenta documentale impedisce la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore

Cassazione

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 1369 del 14/01/2022, ha chiarito i presupposti del reato di bancarotta fraudolenta. Nella specie, per quanto di interesse, la Corte di Appello aveva confermato la responsabilità dell’indagato per bancarotta fraudolenta documentale ed omesso versamento IVA. Il presidente del CdA della società dichiarata fallita aveva infatti sottratto le scritture contabili e omesso sistematicamente il versamento dei debiti tributari.

Avverso tale sentenza l’indagato proponeva ricorso per cassazione, chiedendo la riqualificazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta semplice. Sosteneva il ricorrente che la società aveva depositato alla curatela tutti i bilanci e registri IVA, dalla costituzione fino all’anno in cui era cessata l’attività. La sola cosa che era stata omessa era stata la consegna della situazione aggiornata alla data del fallimento ed il libro giornale degli ultimi anni. E infatti aveva ricostruito il volume degli affari ed il patrimonio della società, essendovi tutti i registri IVA depositati e le dichiarazioni dei redditi trasmesse.

La decisione

La Cassazione, nel respingere il ricorso, evidenzia che l’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo all’impresa. Per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, invece, l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie. La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono inoltre per il diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo. Per la bancarotta semplice vi può essere indifferentemente dolo o colpa. Mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, vi deve essere esclusivamente dolo generico. In sostanza, la bancarotta fraudolenta documentale impedisce la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore.

La bancarotta fraudolenta documentale impedisce la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore. Conclusioni

Nella specie, la Corte territoriale, come detto, aveva qualificato i fatti come bancarotta fraudolenta documentale. E lo aveva fatto evidenziando che non erano mancanti solo le scritture obbligatorie, e che tale incompletezza aveva impedito di ricostruire il patrimonio della società. L’imputato, pur avendo consegnato al curatore una parte della documentazione contabile, non aveva poi consegnato spontaneamente gli altri documenti mancanti (libro giornale, registri aggiornati, etc.).

Così facendo, rileva la Corte, aveva omesso di consegnare la documentazione indispensabile a ricostruire la storia quotidiana della vita commerciale della società. La fraudolenza, e dunque il dolo della bancarotta documentale, sottolineava la Cassazione, erano pertanto stati desunti dalla condotta posta in essere dall’imputato. Che, attraverso il sistematico inadempimento dei debiti tributari e previdenziali, aveva determinato un passivo di quasi 20 milioni di euro.

 

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