La recessione che non si vede ma basta fare dei semplici calcoli e capire tante cose che qualcuno nasconde

PIL

In economia, la recessione è definita come la crescita negativa (ossia la decrescita) del Prodotto Interno Lordo per due trimestri consecutivi.

Questa è una definizione, e come tale va accettata. Quindi oggi, con una crescita annua del 6,5% del PIL, si potrebbe dire non solo che non siamo in recessione, ma anche che siamo in una fase di espansione economica.

Ma è proprio così? A parer nostro, la recessione che non si vede ma basta fare dei semplici calcoli. Procediamo per gradi e chiariremo la nostra view.

Basta guardarsi in giro, per vedere che l’espansione non è poi così tangibile nella vita quotidiana di imprese e cittadini. Si assiste sempre di più ad una desertificazione del tessuto economico del Paese. Le città vedono molte saracinesche chiuse, molte famiglie devono confrontarsi con la carenza di lavoro, e la disoccupazione, almeno quella ufficiale viaggia al 9%.

Ebbene, l’economia è una scienza e la scienza ci dice che siamo in espansione. La realtà dei fatti invece sembra non essere poi così espansiva. Chi delle due avrà ragione? Perchè c’è la recessione che non si vede?

Come sempre, l’ultima parola spetta all’evidenza empirica. Se la realtà sconfessa la scienza, allora quella scienza deve essere rivista.

Dinamica del PIL italiano nel periodo 2020-2021

Facciamo un breve esempio pratico della situazione reale. Per semplificare, assumiamo che il PIL italiano all’inizio del 2020 fosse pari a 100.

Sappiamo da fonti ufficiali che il PIL nel 2020 ha perso il 9%. Quindi al 31 dicembre 2020 il PIL è diventato 100–(9% x 100) = 100–9 = 91.

Sappiamo anche da fonti ufficiali che il PIL nel 2021 è cresciuto del 6,5%. Quindi al 31 dicembre 2021 il PIL diventa 91+(6,5% x 91) = 91+5,9 = 96,9.

Quindi nell’arco dei due anni 2020 e 2021, il PIL italiano è passato da 100 a 96,9. Questo si traduce in una perdita complessiva del 3,1%, ossia una variazione del PIL pari a – 3,1%.

Inoltre dobbiamo anche considerare che la crescita del 6,5% nel 2021 è nominale. Siccome avviene con un’inflazione del 5%, essa si traduce in una crescita reale di appena (6,5% – 5%) l’1,5%.

In termini reali quindi il PIL al 31 dicembre 2021 sarebbe 91+(1,5% x 91) = 91+1,4 = 92,4

Quindi in termini reali la variazione complessiva del PIL nel periodo 2020–2021 è pari al – 7,6% (100–92,4).

L’importanza economica del fattore tempo

Un Paese con un PIL che non cresce è un Paese in stagnazione, che da un punto di vista macroeconomico è già considerata una condizione patologica. Questa patologia è spiegata come mancata crescita e quindi come opportunità persa o anche costo opportunità. Questo dato segnala che si sono allocate le risorse in modo inefficace e quindi sono state sprecate, perdendo l’opportunità di impiegarle diversamente ed in modo più proficuo.

Tra queste risorse, la più importante è sicuramente il fattore tempo ossia i due anni sprecati a non crescere.

Il fattore tempo può essere valutato in diversi modi. Per pragmaticità e brevità prendiamo come riferimento il tasso di inflazione obbiettivo del 2% delle maggiori Banche centrali occidentali.

Quindi un Paese occidentale maturo dovrebbe espandersi almeno del 2% ogni anno.

Nel caso dell’Italia, il danno è doppio, perché oltre ad aver sprecato due anni a non crescere, si è anche distrutto valore nella misura del 3,1% del PIL (7,6% in termini reali). Se infatti il PIL fosse cresciuto del 2% all’anno esso sarebbe oggi pari a 104, che equivale al 7,4% in più rispetto all’attuale 96,9. Questo diventa il 12,6% in più in termini reali, prendendo come base il PIL attuale in termini reali 92,4 calcolato sopra.

Quindi, benché formalmente non in recessione, il valore è stato distrutto ed il tempo è stato sprecato. Passare in due anni da 100 a 96,9 nominali o peggio 92,4 reali vuol dire che i due anni trascorsi, nella loro totalità, sono stati mediamente e complessivamente recessivi. Ecco perché possiamo concludere che carta vince, carta perde, la recessione che non si vede.

Quindi è corretto affermare che siamo praticamente in recessione? 

Si e no. Nel senso che la recessione c’è, la percepiamo, e l’abbiamo appena dimostrato in barba alle definizioni accademico-scientifiche.

La recessione che non si vede ma basta fare dei semplici calcoli e capire tante cose che qualcuno nasconde

Però non basta. Siccome siamo in presenza anche di una forte inflazione che ha raggiunto livelli mai visti dall’introduzione dell’euro, ossia al 5%. Possiamo affermare praticamente di essere all’interno di una dinamica stagflattiva, ossia stagflazione.

Le cose si complicano ulteriormente se andiamo a fare questa analisi sostituendo il PIL con il reddito pro-capite o con il potere d’acquisto e la loro erosione nel tempo. Ma per ora lasciamo stare, per brevità di trattazione.

Conclusioni e soluzioni

Nella storia economica, la migliore medicina alla stagflazione si è rivelata essere la teoria Keynesiana, che ha visto uno dei suoi massimi esponenti in Italia con il Prof. Federico Caffè.

Secondo molti giuristi ed economisti, anche la Costituzione Italiana è basata sui principi keynesiani.

Quindi non dobbiamo inventare nulla di nuovo, abbiamo tutti gli strumenti per fronteggiare e debellare l’attuale crisi stagflattiva. Basterebbe iniziare ad applicarli con maggior coraggio, incisività ed efficacia.

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