L’ Italia ce la può fare? Come è messa? Intervista a Gian Piero Turletti

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ITALIA: COME E’ MESSA?

CE LA PUO’ FARE?

Cose che vanno e che non vanno all’inizio di un nuovo anno.

INTERVISTA A GIAN PIERO TURLETTI

Autore metodo Magic box

COSA PENSA, SINCERAMENTE, DELL’ITALIA IN QUESTO INIZIO D’ANNO.

CE LA PUO’ FARE?

Intanto, vorrei ringraziarLa per la sua domanda, anche perché si presta a diverse interpretazioni e quindi mi consente di iniziare a sfatare una sorta di mistificazione psicologica, in cui molti ancora sembrano, per certi versi, indulgere.

Queste mie osservazioni introduttive, propedeutiche ai temi economici, sono un po’ filosofiche, me ne rendo conto, ma servono per meglio comprendere il bagno di realismo, cui invito tutti e che propongo di seguito, in alternativa ai soliti stucchevoli convenevoli occidentali, fatti di auguri che tutto vada bene nel nuovo anno, e per carità, ci mancherebbe, ma diverso è realisticamente domandarsi come vadano le cose.

Non è che a natale o a capodanno ci sia una particolare magia per cui tutto debba andare per il meglio, a differenza di quello che ho letto da parte anche di autorevoli analisti.
Invece siamo noi che incensiamo l’inizio dell’anno come inebetiti da una magia inesistente.

Meglio, quindi, essere sempre intellettualmente onesti, e pensare in positivo o negativo, secondo una disamina attenta nel merito delle diverse situazioni.


E PARTIAMO QUINDI DA QUESTO BAGNO DI REALISMO.

COMINCIAMO DALLE COSE CHE POTREBBERO ANDARE BENE: COSA NE PENSA?

Di seguito un sintetico elenco di quelle a mio avviso più rilevanti, per andare poi a dettagliare meglio:

riforme istituzionali e costituzionali, nuovo approccio alla politica monetaria, segno di discontinuità almeno parziale nell’azione politica, tassi bassi e trend rialzista dei mercati.

QUALI LE COSE CHE NON VANNO?

Tra le principali: insufficiente comprensione delle ragioni della crisi europea e del rilancio statunitense, insufficienti privatizzazioni, insufficiente orientamento alle dismissioni, mancati provvedimenti esemplari nella pubblica amministrazione, mancato approccio economico alla gestione finanziaria.

HA ELENCATO MOLTI TEMI, PERALTRO LEI DICE CHE SONO SOLO ALCUNI DEI TEMI PRINCIPALI.

INIZIAMO QUINDI DALLA DOMANDA FONDAMENTALE: MA L’ITALIA PUO’ FARCELA?

Questa domanda, invero, è stata posta a diversi personaggi famosi in diverse interviste, ed operanti soprattutto nei settori economico ed industriale, ed ognuno dà la sua risposta.

Ma vedo che le interpretazioni sono diverse.

Io amo interpretarla soprattutto con riferimento, principalmente, alla tenuta del debito pubblico, visto che praticamente è il principale problema che ci portiamo dietro da molti anni.

Pertanto, prioritariamente, vediamo di affrontare questa tematica.

Ovviamente, va sempre ricordato che in economia ed in finanza mai nulla è da escludere, e soprattutto nel campo della politica mai dire mai.

Tuttavia, non vedo all’orizzonte uno scenario di default, per motivi diverse volte espressi in altri interventi.

Intanto, perché ristrutturare il debito pubblico significherebbe semplicemente dover cercare poi sui mercati internazionali liquidità a tassi decisamente maggiorati, e questo in breve porterebbe a far rientrare dalla finestra quel che è uscito dalla porta, cioè a doversi nuovamente indebitare in modo consistente, così da ricreare quello stesso debito cui non si è ottemperato.

Inoltre, sono troppi, molteplici, gli interessi di soggetti economici esteri verso l’Italia, e quindi è ben difficile che un default possa essere lasciato passare.

MA SE INTERVENISSE L’USCITA DALL’EURO?

In ogni caso, si dovrebbero anche in tale ipotesi prendere accordi per regolare la situazione di transizione che necessariamente interverrebbe, quindi le cose non sarebbero lasciate a loro stesse.

La realtà è che il problema europeo non è tanto l’euro in se stesso, da cui la diatriba permanenza/uscita, ma le regole dei trattati, pensati per un tipo di fase economica sicuramente diverso, non recessivo.

Direi che, quindi, la migliore prospettiva sarebbe una riforma di tali trattati.

Il tema, sia pur superficialmente, è stato toccato anche nel discorso di Napolitano, che evidenziava la diversa situazione economica tra Europa ed USA, ma appunto occorre comprendere che negli USA si è seguita una politica monetaria espansiva che qui ancora non si vede e che, anzi, per certi versi è financo impedita dai trattati europei.

E A TALE RIGUARDO LEI HA APPUNTO TOCCATO UNO DEI TEMI PRINCIPALI DELLE COSE CHE NON VANNO, CIOE’ UN’INSUFFICIENTE ANALISI DEI DIVERSI SCENARI PRESENTI SULLE DUE SPONDE DELL’ATLANTICO. PUO’ DETTAGLIARE MEGLIO?

Non è certo una novità, per chi mi segue da tempo, come il sottoscritto abbia da sempre insistito sulla necessità di un nuovo approccio alla politica monetaria.

Gestita secondo precisi parametri quantitativi, e superando il tradizionale meccanismo di indebitamento legato ad emissione di titoli del debito pubblico, la politica monetaria dovrebbe assurgere a funzione di garante di ultima istanza proprio della sostenibilità del debito pubblico.

Questo unitamente alle prospettive di sviluppo che potrebbero derivarne.

Legando le prospettive, comunque, anche di emissione di nuovo debito con quelle di crescita economica, è possibile affermare che la temuta inflazione, spauracchio del modo di pensare soprattutto tedesco, non avrebbe ragion d’essere, visto che il controvalore della moneta è legato al controvalore di beni e servizi prodotti da un paese, che potrebbe incrementarsi grazie alla nuova liquidità immessa nel sistema, mentre l’espansione della base imponibile consentirebbe di incrementare appunto le entrate pubbliche, pur a fronte di politiche di decisa defiscalizzazione.

PERCHE’ TUTTO QUESTO NON SI FA?

Per certi versi si realizzava, in Italia, almeno fin tanto che non fu proclamato il cosiddetto divorzio tra banca d’Italia e ministero del tesoro.

Prima di tale fondamentale assetto, la banca centrale era obbligata, come prestatore di ultima istanza, ad acquistare eventuali quantitativi di titoli di stato invenduti sul mercato, e questo a tassi ridotti.

Venendo meno tale possibilità, il tesoro ha dovuto sempre ricercare una situazione di adesione alle richieste di mercato, a tassi maggiorati rispetto a quelli della banca centrale, e questi tassi hanno contribuito in misura significativa al debito pubblico.

Ora questa prospettiva di una politica monetaria espansiva cozza contro il pensiero tedesco, per così dire rimasto traumatizzato ancora dagli ultimi tempi della repubblica di Weimar, come preludio al nazismo tedesco.

Ma sono errate le analisi che confrontano quella situazione con quel che, invece, è successo da qualche anno in Europa.

Anzi, la situazione attuale spinge semmai verso un sempre più consistente scenario deflazionistico.

Diciamo, quindi, che tali timori sono anche usati come un alibi, dai tedeschi.

IN CHE SENSO?

Sinceramente, non posso pensare che la Germania sia sprovvista di economisti che capiscano costa stia realmente succedendo, e quindi il richiamarsi sempre e comunque alla repubblica di Weimar è probabilmente una scusa.

LA REALTA’, QUINDI, QUAL’E’?

Il fatto è che ai tedeschi ha fatto molto comodo che le cose siano andate in un certo modo, sia per dominare sui mercati europei, sia per togliersi dai piedi un avversario commercialmente temibile, come l’Italia.

E SE PROPRIO LA GERMANIA CONTINUASSE A FARE ORECCHI DA MERCANTE?

Come già detto in un intervento di qualche tempo fa, noi potremmo minacciare una cosa diversa, rispetto alla fuoriuscita dall’euro, e cioè l’uscita dai trattati europei mantenendo l’euro come moneta.

Non è affatto un discorso teorico, ad esempio l’ha fatto il Montenegro.

Questo significherebbe non essere legati a particolari vincoli molto autolesionistici per noi italiani, e non dover abbandonare la moneta attualmente in vigore.

Tutti parlano solo e sempre di alternativa tra permanenza ed uscita dall’euro, ma appunto esistono particolari alternative, sulle quali non mi dilungo tecnicamente, avendone già a suo tempo trattato in modo articolato.

VENIAMO ALLE INSUFFICIENTI PRIVATIZZAZIONI. COSA NE PENSA?

Intanto, vorrei chiarire il significato di questa espressione.

Lo stato italiano, ed in generale la pubblica amministrazione, comprensiva quindi degli enti locali, è tuttora titolare di un ingente patrimonio immobiliare ed azionario.

Il tema è peraltro strettamente legato anche a quello del debito pubblico.

La posizione debitoria di un soggetto, infatti, non va vista autonomamente, ma considerando anche la disponibilità di asset al proprio attivo.

E’ pertanto scorretto dire che la situazione italiana è solo debito, in quanto la pubblica amministrazione dispone anche di beni che potrebbero essere ceduti.

E’ pertanto una situazione sia positiva, che negativa, nel senso che velocizzando procedure ed iniziative di privatizzazione, entrerebbero nelle casse pubbliche risorse in misura significativa per ridurre proprio il debito pubblico.

D’accordo che il trend immobiliare non è favorevole, ma lo stesso non può dirsi di quello azionario.

Per altro verso, l’indecisione in materia causa situazioni che sarebbe meglio evitare.

LEI PARLA ANCHE DI DISMISSIONI.

QUESTO TERMINE ASSUME UN SIGNIFICATO DIVERSO, RISPETTO ALLE PRIVATIZZAZIONI?

Con il termine dismissioni intendo far riferimento all’ipotesi di cessione delle riserve valutarie ed aurifere della banca d’Italia.

Certo, la questione è complessa da un punto di vista giuridico, ma accantonarla mi pare decisamente negativo.

COSA INTENDE PER MANCATI PROVVEDIMENTI ESEMPLARI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?

Vede, questo è un problema endemico per il nostro paese.

Ed anche per questa ragione spesso gli investimenti stranieri latitano.

I soggetti economici, in primis le aziende, non operano certo nel vuoto, ma in un contesto in cui la pubblica amministrazione ha un certo rilievo.

Se, ad esempio, la giustizia richiede tempi infiniti per essere attuata, anche solo per veder rispettato un contratto, se per avere una determinata autorizzazione occorre eccessivo dispendio di tempo e di procedure, o se, come leggiamo in questi giorni, il traffico rischia di non essere regolato perché nella capitale un buon numero di vigili si dà malato, e via di questo passo, allora siamo in presenza di disfunzioni che impattano gravemente sull’economia e sulla possibilità di recuperare una fase di crescita.

A fronte di questo, sentiamo che il governo dice cose, tipo: mai più, eccetera.

Ma secondo me in un paese non dico ipercivilizzato, ma normale, non dovremmo neppure sentirle certe cose, altrimenti rischiamo di essere sempre al mai più. Che ricorda molto l’una tantum, che diviene invece una delle tante.

COSA PROPONE AL RIGUARDO?

Già che abbiamo toccato il tema, e viste anche le recenti cronache dei fatti romani relativi ad appalti e criminalità organizzata, iniziamo pure da questo punto.

Sinceramente, non credo che le attuali sanzioni previste dal codice e le norme in materia di pubblica amministrazione possano fare più di tanto.

Certi fatti di corruzione sono molto gravi, per certi versi assimilabili ai reati previsti dal codice penale militare di guerra, per i danni che possono comportare, e quindi non vedo perché non punirli non dico con la pena di morte, ma con l’ergastolo.

Sul tema dei vigili, per me è evidente che si tratta di truffa ai danni dell’ente pubblico, quindi bisognerebbe assumere un provvedimento esemplare, il licenziamento per giusta causa dei colpevoli, con esclusione per sempre della possibilità di essere riassunti presso un qualsiasi ente pubblico.

In materia di giustizia, sappiamo che molti giudici usano la loro funzione come mera occasione corporativa per lavorare poco e male.

Io stabilirei un risarcimento a carico dei giudici che facciano durare un processo civile o penale oltre un determinato periodo di tempo, variabile secondo la complessità della materia.

Ecco perché certi fatti sono più negativi di quanto potrebbero esserlo, soprattutto perché non si adottano soluzioni opportune.

Nel caso dei vigili, poi, consideriamo anche l’enorme danno d’immagine che deriva alle istituzioni.

VORREMMO CONCLUDERE L’ANALISI DEGLI ASPETTI NEGATIVI CON IL TEMA DEL MANCATO APPROCCIO ECONOMICO ALLE GESTIONE FINANZIARIA: COSA INTENDE?

Mi riferisco ad una gestione del credito verso famiglie ed aziende assolutamente insufficiente.

Anche questo un regalo, per così dire, delle regole europee.

Con i vari trattati di Basilea 1, 2 e via dicendo, si sono approvate regole sempre più stringenti, per la concessione del prestito alle attività produttive, alle famiglie, ed alla cosiddetta economia reale nel suo complesso.

In particolare a fronte di un rating peggiorato, la banca deve mettere a disposizione un capitale più ingente a garanzia di quanto prestato, per evitare che i prestiti concessi si trasformino in un eccessivo rischio.

Ma di questo passo le banche hanno snaturato il loro ruolo, che è quello di sviluppatori dell’economia reale, e non di meri investitori finanziari.

Soprattutto in Italia il ruolo del credito bancario è sempre stato fondamentale, ma negli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio credit crunch.

IN SOSTANZA, VORREMMO SINTETICAMENTE RITORNARE ALLA DOMANDA DI FONDO SE L’ITALIA CE LA POTRA’ FARE, MA CONSIDERATA IN UN’ACCEZIONE DIVERSA, CIOE’ NON PIU’ COME TENUTA DEL DEBITO PUBBLICO, MA COME POSIBIITA’ DI SVILUPPO ECONOMICO.

Gli elementi che abbiamo esaminato poco fa si riassumono in crisi economica e depotenziamento del nostro sistema industriale, ma…

C’è un ma molto grosso, per fortuna.

Alcuni importanti indicatori anticipatori parlano di futura ripresa economica, non solo negli altri paesi.

Io credo che se si invertirà realmente la priorità europea, sinora tutta a favore del rigorismo economico, ed invece si metterà al primo posto lo sviluppo economico, si potrà invertire anche l’attuale ciclo economico.

Le politiche economiche dominanti sono sostanzialmente procicliche, cioè invece di invertire il ciclo tendono a rafforzarlo, in particolare la stretta creditizia ed eurocentrica, ma direi soprattutto germanocentrica, che sinora ha dominato gli scenari europei, ma se anche noi sapremo realizzare politiche monetarie espansive, non finalizzate alla mera liquidità degli istituti bancari, perché questi si limitino ad acquistare titoli di stato, le potenzialità positive ci sono e sicuramente emergeranno.

Alla fin fine è soprattutto questione di volontà politica.

ANALIZZATI GLI ASPETTI NEGATIVI, VORREMO TUTTAVIA ANCHE DARE SPAZIO ALL’OTTIMISMO, PASSANDO A CONSIDERARE QUELLO CHE FUNZIONA.

PARTIAMO DALLE RIFORME PROPOSTE DAL GOVERNO.

Sicuramente non può essere negata l’azione riformatrice di questo esecutivo.

Io comunque amo definire queste riforme come un mix di luci ed ombre.

Probabilmente la priorità spettava ad altro, soprattutto in materia economica, ma non c’è dubbio che tra le cose che non vanno ci sono proprio le istituzioni, e pensare ad un assetto più moderno ed all’altezza dei tempi non è da disprezzare.

Che senso ha, ad esempio, un bicameralismo perfetto, nel quale le due camere del parlamento fanno le stesse cose?

TRA GLI ASPETTI POSITIVI LEI HA CITATO ANCHE UN NUOVO APPROCCIO ALLA POLITICA MONETARIA.

MA NON E’ CONTRADDITTORIO CON QUANTO HA DICHIARATO POCO FA?

Non direi.

Intanto, va osservato che un aspetto molto positivo è che una certa politica monetaria ha dimostrato di funzionare nella realtà, non solo nelle formulazioni di qualche teorico, come appunto gli USA dimostrano.

Pertanto è positivo sapere che esistono politiche economiche di un certo tipo, che effettivamente rilanciano.

Se prima ne ho parlato negativamente, è per sottolineare come la mancata adozione di certe politiche rappresenti un grave handicap.

E’ pertanto evidente che fin tanto che certi proclami della BCE resteranno più o meno tali, non si arriva da nessuna parte.

Quel che vorrei vedere implementare è un potere di emettere moneta, ripeto, secondo determinati parametri, concesso nuovamente anche alle singole banche nazionali, o quanto meno un programma di acquisto titoli da parte della BCE, ma a condizione che vengano chiariti gli impieghi precisi della liquidità immessa nel sistema, non più finalizzata ad acquistare solo titoli di stato da parte delle banche, ma immessa direttamente nei circuiti dell’economia reale.

Semmai il ruolo di sostenere con acquisti il debito pubblico dovrebbe tornare, ripeto, tra le priorità anche delle singole banche centrali.

COMPLESSIVAMENTE, VEDE DELLA DISCONTINUITA’ NELL’AZIONE DELL’ESECUTIVO?

Rispetto ai precedenti esecutivi, certamente.

Per cosa viene ricordato il governo Letta, ad esempio?

Sinceramente non saprei.

Direi che a Renzi va riconosciuto il merito di aver mosso qualcosa, anche nel senso del rilancio economico, pur tra luci ed ombre, cercando segni di discontinuità..

Essendo peraltro io un convinto sostenitore della politica di defiscalizzazione, sono sempre stato, ad esempio, contrario alle cosiddette politiche fatte di mix, parte aumento di imposte, parte riduzione.

Ritengo che solo un significativo abbattimento del carico fiscale valga la pena di essere attuato, senza contestuali incrementi di altre voci fiscali.

Certo, al momento questo potrebbe sembrare utopistico, ma penso che tramite quella politica monetaria che dianzi dicevo, sarebbe invece realistico con benefici per il rilancio economico.

Quello che quindi imputo a Renzi in ambito economico internazionale è soprattutto di non invocare a più chiare lettere una minaccia, ripeto, non di uscita dall’euro, ma dai trattati europei.

INFINE, COSA PENSA DELLO SCENARIO ECONOMICO ANCORATO A TASSI BASSI E DEL TREND RIALZISTA DEI MERCATI AZIONARI?

In passato non si ricordano periodi durati così a lungo di trend decrescenti nei tassi e di rialzo di certi mercati azionari.

Indubbiamente le due cose sono legate, ed è per questo che la borsa assume un andamento fortemente anticiclico.

Diversi sono i fattori che hanno spinto verso questo scenario, ed almeno in parte tale situazione è positiva.

Il ribasso dei tassi ha consentito, pur in assenza della politica monetaria della banca d’Italia, al governo di rifinanziarsi a costi contenuti, mentre il rialzo dei mercati azionari dovrebbe agevolare peraltro le dismissioni di partecipazioni pubbliche societarie, con beneficio del debito pubblico.

A mio avviso siamo decisamente distanti da un possibile rialzo dei tassi, e questo potrebbe nella situazione attuale verificarsi più per timori sul debito, che per un possibile rilancio economico.

Le prospettive di ripresa economica sussistono, ma una dinamica dei tassi in decisa ripresa richiede che si stia attraversando non una fase iniziale di rilancio, dopo una lunga crisi, ma una fase avanzata ed ormai matura del periodo di ripresa economica.

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