L’Italia sotto il peso dei crediti deteriorati

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Tanti soldi si nascondono sotto la voce crediti deteriorati. Per l’Italia si stima che il peso ammonti a 325 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi (npe) ancora da recuperare.

Tanti soldi che per la gran parte vengono dalle sofferenze bancarie per 246 miliardi di euro mentre 79 miliardi sono di unlikely to pay (utp).

Come sono iscritti i crediti deteriorati

141 miliardi di euro sono iscritti nei bilanci delle banche divisi per 77 miliardi in sofferenze, l’altra parte per utp. Dal 2015, 198 miliardi sono stati ceduti nel giro di quattro anni a fondi, veicoli Gacs, banche specializzate e investitori dotati di piattaforme di recupero.

Una parte di questi crediti deteriorati, circa 14 miliardi di euro tra npl e utp sono stati recuperati o cancellati in quanto non più esigibili.

Cosa si prevede

Per fine 2020 si stimano 37 miliardi di euro lordi di transazioni npl in aumento rispetto a quanto avvenuto nell’anno appena trascorso. Questa fetta di torta per il 27% potrebbe essere scambiato sul mercato secondario, il 15% dei crediti deteriorati potrebbe essere deconsolidato tramite cartolarizzazioni che beneficiano della garanzia statale su npl.

L’Italia sotto il peso dei crediti deteriorati: cosa scende

Scende lo stock di npe in Italia e la diminuzione è in linea con la media europea. Nel Belpaese siamo a 159 miliardi di npe bancari a fine del terzo trimestre 2019 con una riduzione del 50% rispetto a fine 2015, annus horribilis.

Se guardiamo al calo delle sofferenze (npl) emerge che lo stock alla fine del terzo trimestre 2019 è formato da 86 miliardi di bad loan. Anche in questo caso siamo in forte discesa.

Per gli utp si stimano 7 miliardi di transazioni per un totale di 10 deal. Il passaggio da utp a sofferenza, il cosiddetto danger rate, resta sopra i livelli pre-crisi con una percentuale dell’1,2%.

I portafogli secured sono rimasti sostanzialmente stabili, mentre i prezzi degli asset unsecured risultano in crescita di due punti percentuali.

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