Italia meno competitiva sul piano fiscale di tutti i Paesi OCSE

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Ennesimo primato negativo per il Bel Paese, ma ormai ci siamo abituati, purtroppo. Italia meno competitiva sul piano fiscale di tutti i Paesi OCSE. Non lo diciamo noi, ma una fonte autorevole, cioè l’International Tax Competitiveness Index, realizzato dal centro studi Epicenter. Italia 36° su 36 nazioni oggetto dello studio. Davanti a noi anche Cile, Polonia, Portogallo e Francia. Le nazioni più competitive in assoluto sono Estonia, Lituania, Nuova Zelanda, Svizzera e Lussemburgo. Nessuna sorpresa su questi nomi. Da tempo le nazioni baltiche sono all’avanguardia sulla questione tasse, ed in Nuova Zelanda si può aprire una nuova azienda in 12 ore. Svizzera e Lussemburgo, lo sappiamo da tempo, di tasse se ne intendono.

Il pessimo risultato di cui sopra è frutto di essere 27° nella classifica sulle tasse per le imprese. Poi 33° nelle tasse individuali, 29° in quelle sui consumi, ancora ultimi in merito alle tasse sulle proprietà ed infine 21° in merito a tasse di ambito internazionale. Cioè rivolte ai partner commerciali esteri dove, a ben vedere, è dove siamo messi meno peggio. La triste fotografia delle situazione è che dal 2014 il risultato italiano è in costante e continuo peggioramento.

Il rapporto evidenzia come L’Italia abbia molteplici imposte distorsive sugli immobili con prelievi separati su immobili, patrimonio netto, proprietà immobiliari e transazioni finanziarie. L’aliquota IVA del 22% si applica alla terza base imponibile più ristretta dell’OCSE. Il rispetto del sistema dell’imposta sul reddito delle persone fisiche richiede in media 169 ore, di gran lunga la più alta dell’OCSE (la media OCSE è di 66 ore).

Italia meno competitiva sul piano fiscale di tutti i Paesi OCSE

La struttura del codice fiscale di un Paese è un importante fattore determinante per la sua performance economica. Un codice fiscale ben strutturato è facile da rispettare per i contribuenti e può promuovere lo sviluppo economico, raccogliendo al tempo stesso entrate sufficienti per le priorità di un governo. Al contrario, sistemi fiscali mal strutturati possono essere costosi, distorcere il processo decisionale economico e danneggiare le economie nazionali. Ed è quanto sta avvenendo da troppo tempo in Italia.

Molti Paesi hanno riconosciuto questo fatto, e hanno riformato i loro codici fiscali. Non noi, purtroppo. Negli ultimi decenni, le aliquote fiscali marginali sul reddito delle imprese e dei singoli individui sono diminuite in modo significativo in tutta l’OCSE. Ora, la maggior parte dei Paesi dell’OCSE ricava una quantità significativa di entrate da imposte ad ampio raggio come le imposte sui salari e le imposte sul valore aggiunto (IVA).

Italia meno competitiva sul piano fiscale di tutti i Paesi OCSE, dunque. La pandemia ha portato molti Paesi ad adottare modifiche temporanee ai loro sistemi fiscali. Di fronte al calo delle entrate dovuto alla crisi, i paesi dovranno considerare come strutturare al meglio i loro sistemi fiscali per favorire sia la ripresa economica che l’aumento delle entrate. Speriamo che il prossimo governo riesca ad attuare politiche riescano a rispondere a queste esigenze.

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