Inflazione ferma in Germania: una mano tesa a Draghi e…all’Italia

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Inflazione ferma in Germania: una mano tesa a Draghi e…all’Italia. Intanto si avvicina il momento in cui le banche dovranno iniziare i rimborsi alla BCE…
Massicci aumenti di capitale in arrivo?

Nel contesto agitato, molto agitato di questi giorni ci mancava solo che dalla Germania giungessero eco di dati inflattivi in ripresa.

Per fortuna così non è stato:

IPC in Germania (Mensile) (Set) 0,4% 0,4% 0,4%
IPC in Germania (Annuale) (Set) 2,3% 2,3% 2,3%
IAPC tedesco (Mensile) (Set) 0,4% 0,4% 0,4%
IAPC tedesco (Annuale) (Set) 2,2% 2,2% 2,2%

 

Quattro dati su quattro in linea con le attese sono quanto di meglio la BCE potesse auspicare.
Tanto più che i numeri sono assolutamente in linea anche con al precedente rilevazione .
Abbiamo così conferma che in questo momento il rischio paventato di riprese inflattive, di cui ieri si era avuto un timido segnale dai paesi iberici, in realtà al momento è l’ultimo dei problemi di Draghi.

Un Draghi che, al di là della sgradevole sensazione che ha lasciato la sua visita al solo presidente della Repubblica escludendo il Capo del governo dal suo tour romano come appariva più corretto, ora potrà proseguire almeno per un mese nella sua idea di una politica monetaria ancora morbida e di sostegno ai debiti pubblici più rilevanti.

Situazione evidentemente quanto mai necessaria per evitare che l’attacco ai nostri BTP e relativo spread avvenga senza nessuno a controbattere. Anche i grandi fondi sapendo questo saranno più tranquilli nel semmai acquistare i nostri titoli che già offrono rendimenti di tutto rispetto.

A tendere comunque servirà una manovra di quella che si chiama “moral suasion” per riportare a casa quelle decine e decine di miliardi magari mal posti e albergati in fondi esteri dotati più di nome che di sostanza e rendimenti.

Abbiamo una mole di risparmio privato che da sola , come accaduto per decenni NON DIMENTICHIAMOLO, E’ IN GRADO DI SOSTENERE ED ACQUISTARE INTEGRALMENTE IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO.

Questo non va mai dimenticato.

Piuttosto Draghi prima della scadenza del suo mandato si troverà a gestire un ‘altra bella gatta da pelare.

Vale a dire che nel 2019 le banche europee aiutate con il QE, dovranno cominciare a restituire alla banca centrale quote crescenti di quanto ricevuto.
Traiamo da MF le percentuali rispetto all’attivo di alcune banche italiane pur sapendo che il fenomeno è generalizzato in Europa:

MPS 0.5%
BANCO BPM 1.30%
CREDEM 1.70%
INTESA SAN PAOLO 2,10%
UBI BANCA 2.5%
UNICREDIT 2.5%
Non c’è che dire un bel drenaggio di liquidità per banche che già da ora sono alle prese con una nuova tornata di stress test che proprio gli attivi vanno a scandagliare ed analizzare.

Si parla di rinvio al 2020 ma l’interrogativo è: un presidente a fine mandato avrà titolo per agire in tale direzione di fatto scaricando il problema, un grosso problema , sul suo successore?

 

Attenzione dunque come sempre al settore bancario da qui a fine 2019: escludere massicci aumenti di capitale è atteggiamento eccessivamente ottimistica visto il contesto descritto.

 

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