In tema di responsabilità professionale vale la regola del “più probabile che non”

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In tema di responsabilità professionale vale la regola del “più probabile che non”. Studiamo il caso. La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 2907 dell’08/02/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di responsabilità del professionista. Nella specie, il dante causa aveva affidato un incarico ad un avvocato nell’ambito di un contenzioso relativo a dispersione di garanzie patrimoniali.

La vicenda era relativa alla costituzione di una società di fatto e simulazione assoluta di un atto di vendita di immobile ad un prezzo irrisorio. Il giudizio, interrotto per il decesso della controparte, avrebbe dovuto essere riassunto nel termine perentorio di sei mesi dall’evento interruttivo ma l’avvocato non lo fece.

Persa la possibilità di rivalersi per il soddisfacimento del proprio credito il già cliente agì giudizialmente nei confronti dell’avvocato, per sentirne accertare la responsabilità professionale. Il Tribunale rigettò la domanda, ritenendo che la responsabilità professionale avrebbe presupposto l’accertamento del sicuro o quantomeno altamente probabile fondamento delle richieste azionate.

Per affermare la responsabilità, secondo i giudici, sarebbe stata inoltre necessaria la ragionevole certezza che un diverso comportamento dell’avvocato avrebbe determinato l’esito vittorioso del giudizio. La Corte d’Appello rigettava poi l’impugnazione, affermando che l’attore non aveva dato la prova del nesso tra la condotta omissiva del legale ed il danno. In sostanza, i giudici affermavano che, in tema di responsabilità professionale vale la regola del “più probabile che non”. Si doveva cioè dimostrare che, ove il giudizio fosse stato tempestivamente riassunto, avrebbe avuto un esito potenzialmente vittorioso.

Il ricorso in Cassazione

Avverso tale sentenza la parte soccombente proponeva infine ricorso per cassazione per violazione dei principi sulla responsabilità professionale. Affermava il ricorrente che, qualora ci sia la probabilità che la diversa attività del professionista avrebbe determinato un esito vittorioso, sussiste responsabilità per condotta omissiva. E non era dunque necessaria una prova certa del pregiudizio subìto. Pregiudizio che peraltro derivava con certezza dalla intervenuta estinzione del giudizio e dalla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, necessaria ai fini dell’opponibilità ai terzi.

La decisione

Secondo la Suprema Corte la censura non era accoglibile. Evidenziano i giudici che il giudizio prognostico nelle controversie di responsabilità professionale rientra in una valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità. Il giudizio prognostico legato al concetto del “più probabile che non” non si applica del resto solo all’accertamento del nesso causale tra l’omissione e l’evento. Ma anche all’accertamento del rapporto tra il danno e le conseguenze dannose risarcibili. E tale giudizio non può non assumere i connotati di un giudizio di fatto, censurabile in Cassazione solo sotto il profilo del vizio di motivazione.

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