In che modo il virus ha cambiato le paure degli italiani?

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In che modo il virus ha cambiato le paure degli italiani? L’Italia è un Paese in emergenza continua. E lo è da tanti, troppi anni. Per questo affrontare ed aver affrontato la pandemia significa anche una cosa precisa. Fare la stessa cosa con tutto quanto di irrisolto c’è nella storia di questo Paese. Le attuali preoccupazioni degli Italiani sono tornate ad essere quelle di anni che pensavamo alle spalle. E si chiamano lavoro, disoccupazione, sanità, istruzione. Non sembra a livello di percezione. Ma sicurezza e immigrazione sono dietro a quelle nominate, come preoccupazioni. E non sembra per il deleterio utilizzo di spettacolarizzazione e terrorismo psicologico che fanno i mass media di questi due argomenti.

Perché ritornano, neanche fossero zombie, i problemi appena nominati? Perché è evidente che la politica non li possa affrontare. O per voglia o per manifesta incapacità, come pare ai più. Il fatto è che, comunque, si ripropongono. E continueranno ad essere rimandati e rinviati. Perché le scelte complicate non sono elettoralmente vantaggiose.

In che modo il virus ha cambiato le paure degli italiani?

La pandemia è stata, ed è ancora, una minaccia seria. Essa ha messo a nudo le criticità (molte) ed i punti di forza (qualcuno) del nostro sistema sanitario. Il lockdown ha creato una crisi economica senza precedenti. Ed ha stravolto la vita delle famiglie, con lo smart working obbligato e la contemporanea chiusura delle scuole. I cittadini-elettori, quindi, si chiedono, evidentemente smarriti, una cosa. Perché la politica non diventa coraggiosa ed affronta la questione di petto? Invece di pensare solo a sopravvivere?

Gli italiani hanno ben capito che la situazione è grave ed in peggioramento. Il 65%, dice un recentissimo sondaggio di Euromedia Research, ritiene assolutamente insufficienti le misure economiche messe in campo dal Governo. Molti sono i Paesi, in Europa, che hanno pianificato una fase di crescita post lockdown. Noi no. La burocrazia lascia impantanate le imprese. L’incertezza della giustizia scoraggia gli investimenti dall’estero, quasi annullati. Dall’inizio della crisi sono stati persi 841.000 posti di lavoro. E’ quantomeno ovvio che il 50% dei lavoratori sia seriamente preoccupato per la propria situazione lavorativa.

Che futuro avremo? Che società avremo?

La pandemia è arrivata con una società già fortemente disuguale. E fortemente polarizzata politicamente. Come non succedeva da decenni. Il timore dell’oggi è che una società non meritocratica ma nepostista, come quella italiana, generi nuovi squilibri. E nuove barriere sociali. Quando scadrà la possibilità di effettuare licenziamenti per le imprese, lo shock potrebbe essere enorme. Le disuguaglianze restano quindi in primo piano. Perché il rischio di creare frizioni tra i lavoratori statali, garantiti, e quelli autonomi, che non lo sono, è fortissimo. E già presente, purtroppo.

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