In caso di sentenze, è esclusa l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale allorché la condanna sia volta ad assicurare l’adempimento di obbligazioni nascenti da un rapporto soggetto ad IVA

Cassazione

In caso di sentenze, è esclusa l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale allorché la condanna sia volta ad assicurare l’adempimento di obbligazioni nascenti da un rapporto soggetto ad IVA. Studiamo il caso

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 242 del 12/01/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di imposta di registro dovuta in caso di sentenze. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello, proposto da un istituto finanziario, il quale aveva impugnato un avviso di liquidazione. Con tale avviso era stato richiesto il pagamento, in misura proporzionale, dell’imposta di registro dovuta su sentenza di condanna, in solido, di un correntista e relativi fideiussori. Questi ultimi erano stati infatti condannati alla restituzione di un finanziamento, con relativi interessi, in favore della Banca.

L’istituto finanziario ricorrente deduceva l’applicazione dell’imposta in misura fissa, avendo la condanna ad oggetto corrispettivi soggetti ad IVA, quali lo scoperto di un conto corrente bancario. La Commissione Tributaria Regionale, confermando la sentenza di primo grado, aveva invece affermato la legittimità dell’avviso e la corretta applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale. Rilevavano infatti i giudici di appello che le prestazioni avanzate nei confronti dei fideiussori non erano soggette ad IVA. Avverso tale sentenza, infine, la Banca proponeva ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, l’erronea soggezione della sentenza di condanna del debitore ad imposta proporzionale.

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La decisione

Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. Evidenziano i giudici che l’avviso impugnato aveva ad oggetto una sentenza di condanna alla restituzione di un finanziamento reso nell’ambito di un rapporto di conto corrente, pacificamente soggetto ad IVA. Rileva la Cassazione che gli atti dell’Autorità Giudiziaria, in materia di controversie civili, che definiscono, anche parzialmente, un giudizio, sono assoggettati ad imposta di registro.  E la normativa di riferimento prevede fattispecie in cui l’imposta è dovuta in misura fissa ed altre in cui è dovuta in misura proporzionale. In particolare, sono soggetti ad un’imposta proporzionale del 3% quelli “recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura”.

Mentre non sono soggetti all’imposta proporzionale, ma fissa, gli atti che dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto. Conclude dunque la Corte, affermando che le operazioni relative ad atti soggetti all’imposta sul valore aggiunto scontano l’imposta di registro in misura fissa e vanno registrati solo in caso d’uso o volontariamente. Restano quindi assoggettate all’imposta di registro (in misura proporzionale) solo le operazioni non soggette a IVA (c.d. escluse) per carenza del requisito oggettivo o soggettivo. L’imposta in misura fissa opera invece anche quando si tratta di operazioni Iva non imponibili o esenti.

Conclusioni

Tali principi operano anche con riguardo ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, che non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi soggetti ad IVA. E dunque, in caso di sentenze, è esclusa l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale allorché la condanna sia volta ad assicurare l’adempimento di obbligazioni nascenti da un rapporto soggetto ad IVA. In presenza della registrazione di una sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro deve dunque essere verificato se quelle somme si riferiscano a prestazioni soggette ad Iva. E, nel caso in giudizio, era pacifico che la sentenza avesse ad oggetto un’operazione di finanziamento connessa ad un rapporto di conto corrente soggetto ad IVA, seppur esente.

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