Il rappresentante dell’associazione non riconosciuta potrà essere chiamato a rispondere solidalmente per sanzioni e tributi

Agenzia delle Entrate

Il rappresentante dell’associazione non riconosciuta potrà essere chiamato a rispondere solidalmente per sanzioni e tributi. Studiamo il caso.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 3093 del 09/02/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili fiscali in tema di associazioni non riconosciute. Nella specie, l’Agenzia delle Entrate ricorreva contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria. Il contenzioso traeva origine da una verifica condotta nei confronti di un Ente di formazione, esercente attività di istruzione secondaria di formazione professionale. All’esito della verifica era emersa l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali relative agli anni d’imposta 1997 e 1998, nonché la carenza delle scritture contabili.

Era stato inoltre accertato che l’associazione, a fronte dei contributi erogatile, aveva rendicontato solo parzialmente i costi sostenuti, laddove alcuni corsi non erano neppure iniziati. Rideterminato il reddito dell’associazione nella misura dei contributi indebitamente percepiti, quale provento illecito, l’Agenzia aveva pertanto notificato due avvisi di accertamento. L’associazione non aveva proposto impugnazione, così divenendo definitivi gli atti nei suoi confronti. L’Ufficio aveva poi notificato gli avvisi anche al rappresentante dell’Ente, il quale però negava tale qualifica, affermando di essere mero dipendente dell’ente stesso. La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto i ricorsi del contribuente, annullando gli avvisi di accertamento.

E la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate. Il giudice aveva affermato che la responsabilità personale e solidale prescinde dalla titolarità della rappresentanza, richiedendo un’attività negoziale concretamente svolta in nome e nell’interesse dell’associazione. E la prova è posta a carico di chi quella responsabilità vuol far valere e cioè dell’Amministrazione finanziaria.

Amministrazione che però, nella specie, non aveva dato prova di pratiche negoziali, gestionali o contabili gestite dallo stesso rappresentante. L’Agenzia delle Entrate censurava infine la sentenza per avere erroneamente interpretato i presupposti richiesti per la contestazione della responsabilità per le obbligazioni di natura fiscale.

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La decisione

Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. La responsabilità di chi agisce in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza. Si deve quindi in tali casi guardare all’attività negoziale concretamente svolta e ai rapporti obbligatori creati fra associazione e terzi.

Chi invoca in giudizio tale responsabilità deve quindi provare la concreta attività svolta nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica. La responsabilità, a differenza di quanto accade per le associazioni dotate di personalità giuridica, trova del resto fondamento nell’esigenza di affidamento dei terzi.

I quali possono così confidare sulla solvibilità di chi abbia agito, senza dover verificare la consistenza patrimoniale del fondo. La responsabilità delle persone che hanno agito per l’associazione assicura il contemperamento tra l’assenza di un sistema di pubblicità legale e la tutela dei creditori. Tanto premesso in termini generali, rileva però poi la Corte, in materia tributaria la fonte dell’obbligazione non è negoziale, ma ex lege.

Per i debiti d’imposta il rappresentante dell’associazione non riconosciuta potrà essere chiamato a rispondere solidalmente per sanzioni e tributi. Ed anzi, nell’ipotesi di avvicendamento nella carica sociale, anche per evitare strumentalizzazioni elusive, neppure il rappresentante legale subentrante può andare esente da responsabilità solidale.

Conclusioni

Il rappresentante è obbligato a redigere e presentare la dichiarazione dei redditi ed operare, ove necessario, le rettifiche della stessa. Per l’accertamento della responsabilità del rappresentante occorre dunque tenere conto non solo della sua partecipazione all’attività dell’ente, ma anche del corretto adempimento degli obblighi tributari.

L’affermazione della CTR, secondo cui, ai fini della responsabilità dello stesso rappresentante, si richiedeva solo la prova dell’attività concretamente svolta non era dunque corretta. Conclude infatti la Cassazione, affermando che bisogna tenere in questi casi conto anche dei poteri gestori del rappresentante, spettando a lui dimostrare la propria estraneità.

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