I falchi della BCE premono per l’aumento dei tassi d’interesse

BCE

Sulla questione dell’aumento dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea torna la spaccatura tra paesi falchi e paesi colomba, con i primi che stanno esercitando un pressione sempre maggiore per effettuare l’aumento già a partire dal prossimo meeting di luglio, con l’intento di trovare delle misure risolutive al pericoloso e significativo aumento dei prezzi che si sta verificando nell’eurozona.

L’inflazione nell’area euro ha, infatti, toccato il massimo storico dalla nascita dell’euro (7,4% su base annua registrata lo scorso aprile) e le previsioni della Commissione Europea rilasciate la scorsa settimana nelle Spring Forecast prevedono che la crescita dei prezzi si attesti quest’anno al 6,8%, dopo aver toccato un picco del 6,9% nel secondo trimestre.

Agire senza ritardo

Le minute dell’ultima riunione di aprile del Consiglio Direttivo della Banca centrale mostrano che alcuni membri del board hanno chiesto apertamente “di agire senza ritardo non dovuto al fine di dimostrare determinazione per raggiungere la stabilità dei prezzi nel medio termine”. A conti fatti, Francoforte è l’unica Banca centrale a non avere ancora proceduto ad un rialzo dei tassi, i quali, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti e nel Regno Unito, continuano a rimanere in territorio negativo. Inoltre, la BCE non ha mai aumentato i tassi dall’ormai lontano 2011. Imminente dovrebbe, invece, essere la cessazione del programma di acquisto di attività avviata per contenere gli effetti economici avversi legati alla pandemia.

I falchi della BCE premono per l’aumento dei tassi d’interesse e la loro esortazione non è ingiustificata, in quanto mira a creare delle misure di contrasto per evitare che i prezzi possano salire ulteriormente.

E a nulla sembrano servire le previsioni di chi sostiene che l’inflazione dovrebbe essere ormai vicina al suo picco.

D’altronde, la reputazione dello stesso istituto centrale risente ancora pesantemente del forte colpo subito come conseguenza del clamoroso errore di previsione circa la natura transitoria del fenomeno inflazionistico fatto dagli economisti dell’Eurotower, errore che ha costretto i vertici dell’istituto a scusarsi pubblicamente lo scorso aprile. Per questo motivo, pochi funzionari sono disposti ancora oggi ad effettuare dichiarazioni che affrontino il tema della durata del fenomeno inflazionistico.

Questo atteggiamento di incertezza crea ovviamente un terreno fertile per i falchi, che sentono aria di rivincita, dopo anni passati a recitare la parte delle cassandre sul fatto che la politica monetaria ultraespansiva inaugurata un decennio fa dalla BCE potesse avere pesanti effetti collaterali nel lungo periodo.

I falchi della BCE premono per l’aumento dei tassi d’interesse

La miglior riprova di questo timore la stiamo osservando proprio in questi giorni, con lo scoppio della bolla dei mercati finanziari, che sta portando l’azionario in territorio “orso”. E nessuno sa dire quando la caduta possa finire. Molti economisti si spingono fino al punto di paventare una prossima recessione economica negli Stati Uniti. Se così fosse, è molto probabile che tutto il mondo occidentale possa seguire la locomotiva americana in territorio recessivo. Con l’aggravante di doverlo affrontare in pieno allarme prezzi. Una situazione che potrebbe ricordare le famose stagflazioni degli anni Settanta. Augurandoci che, con le lezioni tratte dal passato, questo possa non avvenire davvero.

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Una ipotesi che, soltanto fino a poche settimane fa, non era mai nemmeno stata ipotizzata dall’istituto di Francoforte

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