I cervelli italiani costretti alla fuga

I cervelli italiani costretti alla fuga

I cervelli italiani costretti alla fuga verso eldoradi professionali sono sempre più numerosi. I dati Istat riportano cifre sconfortanti: solo nel 2017 hanno lasciato l’Italia 115mila cittadini. Fra questi, 28mila laureati che, spesso a malincuore, abbandonano il suolo patrio in assenza di un’occupazione rispondente alle proprie competenze. All’incirca 48mila emigrati hanno un’età compresa tra i 28 e i 34 anni.  Fra il 2013 e il 2017 è aumentato del 41,8% il numero di soggetti in possesso del titolo accademico che haimboccato la strada dell’emigrazione. Il fenomeno dello human capital flight, anche detto brain drain, non riguarda più un numero sparuto di individui e ha assunto le proporzioni di un esodo.

I costi dell’esodo

I cervelli italiani costretti alla fuga dalla carenza di offerte professionali adeguate pesano gravemente sul bilancio statale. Donare competenze e risorse cognitive e professionali all’estero sottrae capitale umano ed economico. Interrogato in merito, il Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramenti ha denunciato l’emorragia economica determinata dalla perdita di figure professionali di indubbio spessore. Il costo dell’esodo dei talenti ammonterebbe a 14 miliardi di euro l’anno, quasi un punto del Pil o metà della Legge di Bilancio 2020. In termini di tassazione perduta, ogni laureato che abbandona la penisola depaupera le casse dello Stato di 250/300mila euro.

Le misure antifuga

Nel tentativo di imporre una battuta di arresto al fenomeno dei cervelli italiani costretti alla fuga, il governo ha emanato il D. Lgs 147/2015.  A distanza di qualche anno, è intervenuto nuovamente con il DI crescita 34/2019 a supporto di quanti trasferivano la residenza in Italia. Ha disposto una serie di incentivi e agevolazioni fiscali a fronte di tre requisisti. Il primo richiede che la residenza risultasse in un Paese estero nei due periodi di imposta immediatamente precedenti al trasferimento. Il secondo impone l’impegno a soggiornareper almeno due anni in Italia e l’ultimo che la professione venga svolta eminentemente in Italia. Il ricorso a incentivi fiscali ha però destato non poche perplessità in chi ritiene che, più che uno sgravio fiscale, siano necessari interventi di altra natura.

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