Guerra dei dazi: chi ci ha guadagnato?

Guerra dei dazi

Nelle ultime ore la guerra dei dazi, almeno sul fronte messicano, potrebbe vedere una svolta. Ma nella guerra dei dazi: chi ci ha guadagnato?

Guerra dei dazi: chi ci ha guadagnato?

Le tensioni commerciali sono ormai al traguardo dell’anno di età con un andamento contrassegnato da alti e bassi ma, soprattutto da un inasprimento nelle ultime settimane. Una leggera apertura potrebbe portare a qualche cambiamento ma la cronaca ci ha insegnato che tutto può succedere da un momento all’altro. Il 5 maggio, infatti, il tweet di Trump che annunciava lo stop dei colloqui, giunse letteralmente come un fulmine a ciel sereno per i mercati. Che hanno reagito crollando.

Guerra dei dazi: chi ci ha guadagnato per Nomura

Ma se da un lato la maggior parte delle Borse è scesa, dall’altro c’è chi, invece, ci ha guadagnato. Recentemente, infatti, gli analisti di Nomura hanno evidenziato una particolarità. Sui quasi 2000 prodotti soggetti a tariffe, (1.981 per la precisione) sono state cambiate le linee di fornitura. Cosa significa questo? Che a prescindere dai dazi, i prodotti sono stati comprati lo stesso. L’escamotage? Semplicemente, come detto, il cambio della linea di fornitura. Un cambio che ha permesso, anche grazie alla globalizzazione, di bypassare il problema. A tutto vantaggio di determinate economie. Un primo beneficiario è stato il Vietnam.

Le nazioni che hanno guadagnato con la guerra dei dazi

La guerra dei dazi ha permesso alla nazione resa tristemente famosa da una guerra ventennale, di alzare il suo Pil di quasi l’8% (7,9%). Un record che la pone non solo al primo posto ma ben distante dalla seconda classificata, ovvero Taiwan con il suo 2,1% di aumento sul Pil grazie proprio ai dazi. A dare una mano, proprio gli Usa che hanno preferito guardare alle nazioni del sud est asiatico come sostituti di Pechino. Il paradosso?

Il Messico, uno dei prossimi obiettivi nella guerra dei dazi di Trump, è tra i beneficiari con un aumento della richiesta di componentistica per autoveicoli.

La Cina

Un Messico che da tempo vede molte società Usa delocalizzare gli impianti nei suoi territori. Una strategia, quella della delocalizzazione, che ha intrapreso anche il Dragone. La stessa Cina, infatti, negli scorsi anni, causa l’aumento del costo del lavoro, ha delocalizzato nei paesi del sud est. Cile e Argentina, rispettivamente con un +1,5% e un +1,2% sul Pil, seguono a ruota nella classifica. Per loro, invece, il merito è dovuto a Pechino che nel gioco dei tiri incrociati si è rivolta alla zona sud dell’America. Insieme al Brasile, queste tre nazioni hanno fornito soia alla Cina, quella stessa soia che, invece, voleva vendergli Washington.

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