Grido d’allarme delle banche italiane sulle regole UE e BCE, se non cambiano ci sono gravi e seri rischi per il credito

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Solo un paio di giorni fa si è avuto il Forum ANSA con la partecipazione del Presidente, del DG e VdG dell’ABI, l’associazione delle banche italiane. Nel corso del convegno, il Presidente Antonio Patuelli, ha lanciato un grido d’allarme delle banche italiane sulle regole UE e BCE. Se non cambiano, ci sono gravi e seri rischi, per il  credito, che in futuro le stesse potrebbero essere, o meno, in grado di erogare alle imprese.

Vediamo di capirne di più.

Le norme UE pensate nell’era pre-Covid

Grido d’allarme delle banche italiane sulle regole UE e BCE, se non cambiano ci sono gravi e seri rischi per il credito.

A scuotere la memoria collettiva, ci ha pensato appunto il Presidente ABI, che ha espressamente richiamato alcune regole UE. Il riferimento è alle norme del c.d. “calendario di deterioramento” sui crediti, appunto, deteriorati. Si tratta di una normativa che andrebbe cambiata, perché prevista nell’era pre-Covid, quando le condizioni di mercato erano molto divergenti dalle attuali.

Il sù citato calendario e le sue regole impongono, infatti, alle banche valutazioni in un certo senso penalizzanti per i bilanci degli istituti di credito. Infatti, si chiede che le banche trattino allo stesso modo sia le sofferenze che gli incagli.

Ora, le prime sono i crediti di più difficile riscossione, ossia lo stadio di catalogazione “peggiore” di un certo credito da parte dell’istituto che lo detiene. I secondi, invece, sono quelli che presentano maggiori margini d’incasso. Gli incagli sarebbero i c.d. UTP e NPL, crediti dalla difficile riscossione integrale.

Secondo le nuove e future norme, alle banche si chiede di svalutare i crediti deteriorati nel giro di tre anni (33,3%, 33,3% e 33,3%) se non sono garantiti. Mentre concede loro più tempo (dai 7 ai 9) per quelli garantiti.

La ratio della norma

La norma nasce in virtù di una diffidenza del legislatore comunitario, secondo cui le banche preferirebbero tenere iscritti a bilancio i crediti incagliati. E questo al fine di evitare di procedere alla loro svalutazione. In tal modo, si pensa, le banche eviterebbero di accantonare ulteriori fondi a bilancio, a copertura di eventuali perdite.

Tuttavia, la prassi bancaria dimostra come per gli incagli, spesso, si tratti di una questione di tempo. Nel senso che ne richiedono molto di più (oltre a tanta concertazione) prima di rientrare delle somme dovute (in tutto o in buona parte).

Razionalizzare il credito alle imprese o effettuare aumenti di capitale?

Ora, le nuove misure, in linea di principio, non sarebbero sbagliate. E usiamo il condizionale perché ciò che più desta preoccupazione, nell’universo bancario, è il tempo della loro entrata in vigore. Cioè esse entrerebbero a regime nel bel mezzo di una profonda recessione economica. Se quest’ultima non è affatto terminata, si ragiona, vuol dire che nel 2021 non saranno poche le aziende che andranno in difficoltà economica.

Ad oggi le imprese (ma anche le famiglie) stanno attingendo liquidità a prestito dalle banche. Si tratta, spesso, di debiti ottenuti con la formula della garanzia dello Stato, e che senza di essi probabilmente sarebbero fallite. Detta in altri termini, quanto è stato messo in campo in questi mesi si è rivelato essenziale e di discrimine tra il fallimento e la sopravvivenza.

Il mondo delle banche sottolinea come l’entrata in vigore (a gennaio) delle nuove norme, nei fatti, altererà la trasmissione della politica monetaria all’economia reale. Come? Spingendo (indirettamente) le banche a razionalizzare il credito, appunto.

Oppure le potrebbe costringere a procedere ad aumenti di capitale nel caso in cui volessero  continuare ad erogare gli attuali livelli del credito.

Insomma, una norma giusta ma che cade nel bel mezzo di un momento sbagliato. Ecco, dunque, da dove nasce il grido d’allarme delle banche italiane sulle regole UE e BCE. Se non cambiano ci sono gravi e seri rischi per il  credito alle imprese e, in definitiva, allo stesso sistema bancario nazionale.

Ecco, dunque, il perchè del grido d’allarme delle banche italiane sulle regole UE e BCE: se non cambiano ci sono gravi e seri rischi per il credito.

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