Governo Conte? Scenari politici ed economici

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Conte riuscirà a fare il nuovo governo?

E’ tutto così scontato, o ci sono ancora dei nodi da sciogliere?

E’ Conte il vero vincitore di questa fase politica?

Quali scenari si aprono, in particolare, per l’economia italiana?

Governo stabile, ammesso che si faccia, o soggetto a continue tensioni?

L’incarico che Giuseppe Conte riceverà questa mattina pone non pochi quesiti ad analisti politici ed economici.

Vediamo, come nostra consuetudine, di dare una risposta chiara e senza la velatura diplomatica, che in questo periodo ha contraddistinto la quasi totalità delle dichiarazioni dei politici coinvolti, con alcune eccezioni.

Conte riuscirà a fare il nuovo governo?

Non è affatto scontato che l’avv. prof. Giuseppe Conte, come sono soliti chiamarlo al Quirinale, riesca nell’incarico di varare un nuovo governo.

Va intanto ricordato, in termini costituzionali, che quello che gli viene conferito è solo un incarico, che non a caso viene accettato con riserva.

Sciogliere la riserva implica, necessariamente, mettere d’accordo i partiti che dovrebbero formare la nuova maggioranza. Ma realizzare tutto questo comporta, a sua volta, metterli d’accordo sul programma e sulla compagine ministeriale, che non deve scontentare nessuno.

Se questi due compiti vengono solo abborracciati, fatti male, come un’arringa mal riuscita, per usare una delle metafore care al neo incaricato, si rischia di arrivare magari a varare un nuovo esecutivo, ma di breve durata.

Non sarebbe certo una vittoria né per il premier, né per i partiti della maggioranza.

E tutti questi nodi sono tutt’altro che sciolti.

Come ricorderete, la nascita del precedente governo, potremmo chiamarlo Conte primo, era stata preceduta da lunghe trattative, addirittura si era pensato a redigere l’ormai fatidico contratto di governo, ma poi….

Quella esperienza è servita, in primis, proprio a dimostrare che non basta inventarsi nuove formule, nuovi strumenti di comunicazione e di potenziale raccordo tra componenti politiche.

Quando non si parte da una effettiva condivisione di valori e di prospettive, il rischio, nella migliore delle ipotesi, è quello di avere un governo che dopo una prima fase iniziale,  passi ben presto alla  contrapposizione dialettica.

E si rischia, sempre nella migliore delle ipotesi, una mera vittoria di Pirro.

Il che implica di passare ad un secondo, fondamentale tema:

E’ tutto così scontato, o ci sono ancora dei nodi da sciogliere per questo governo?

Se tutto fosse così scontato, se si partisse realmente da una condivisione di programmi, di valori, e di prospettive, allora avrebbe ragione il segretario del PD, che a tale obiettivo pareva mirare.

Ma è davvero così?

A quanto pare, no.

Zingaretti ha infatti dovuto cedere per le pressioni, sia quirinalizie, sia di quelle componenti del PD, che vedevano di cattivo occhio le elezioni.

Ma questo non significa, infatti, condividere qualcosa, ma essere costretti da una situazione di necessità.

Non parliamo poi dei pentastellati, che in campagna avevano dichiarato praticamente nemico pubblico numero 1 proprio il PD.

Come vediamo, non si parte certo da una naturale condivisione di valori e di prospettive.

Tanto che alcuni politici, certo più coerenti di tutti gli altri, hanno già tratto le ovvie conclusioni di questa operazione politica.

Calenda salutando il PD, come del resto anticipato dal medesimo nel caso si fosse messo d’accordo con i 5 stelle.

E Matteo Richetti esprimendo l’unico voto contrario, a differenza degli altri 299 della direzione PD.

Ma anche Conte ben lo sa.

Ora iniziano i veri nodi da sciogliere, programma e compagine ministeriale.

Anche solo uno dei seguenti punti, potrebbe far nuovamente cadere un prossimo esecutivo.

Il nodo Tav

La Tav, la Tap, la prescrizione penale ed in generale la concezione della giustizia, sostanzialmente giustizialista nei 5 stelle, certo maggiormente garantista nel PD, la rinuncia a provvedimenti come il reddito di cittadinanza, la politica dell’immigrazione ed i decreti sicurezza.

Non si è trovata una quadra su diversi di questi provvedimenti nel Conte uno, riesce difficile pensare che si riesca a trovarli in un Conte bis.

Al più, è possibile che si sorvoli inizialmente su posizioni troppo nette, come sulla Tav.

Infatti nel contratto di governo giallo-verde, fu chiarito che la Tav doveva essere rivisitata.

Ma come e sino a che punto, in quali termini, non fu chiarito, ed abbiamo visto com’è andata a finire.

Il rischio, quindi, è che si prosegua in una esperienza decisamente conflittuale, ma poi la compagine governativa potrebbe subire anche improvvisi distacchi della corrente, da parte di taluno. Basti pensare ai renziani.

Era stato Renzi a dichiarare espressamente, a suo tempo, niente accordi con i 5 stelle.

Per poi cambiare idea e spingere a far cambiare idea anche quelli del PD che erano contrari, Zingaretti in testa.

Ma Renzi non ha certo cambiato idea per buonismo o accondiscendenza verso i pentastellati.

Anche perché, ricordiamolo, dentro il PD è proprio lui e la sua corrente, o quanto meno gli esponenti a lui più vicini, come Maria Elena Boschi, il bersaglio prediletto dei pentastellati, con accuse non di poco conto, come le questioni bancarie.

Se, quindi, Renzi ha cambiato idea, a parte la questione rinvio delle elezioni, è perché confida nella presenza al governo di uomini della sua corrente, come Guerini o Rosato, su cui invece esiste un fuoco di sbarramento in diverse componenti sia del PD, che dei 5 stelle.

Se non entreranno renziani in posizioni rilevanti, Renzi farà comunque passare questo governo, ma per poi staccare, probabilmente, la spina.

Ma ecco un altro rilevante nodo da sciogliere, e che probabilmente impedirà la nascita di questo governo, prima ancora che Conte possa salire al Colle per sciogliere la riserva.

La piattaforma Rousseau  e il nuovo governo

A quanto pare, i pentastellati sono preoccupati soprattutto della reazione degli elettori.

E temono anche loro che questo governo sia solo una eventuale vittoria di Pirro.

Temono, in altri termini, che poi il governo non duri e che ben presto, tornando ad elezioni, vengano severamente puniti da un elettorato, che per primo è memore di dichiarazioni all’insegna di mai con il PD.

Anche per questo motivo, alcuni pensano che tutto questo accordo tra 5 stelle e PD di questi ultimi giorni, sia solo una finta, per far vedere che per il presunto bene del paese si vada a formare comunque un governo, ma che poi si trovi l’escamotage, il modo per far naufragare questo esecutivo già prima che venga partorito.

Lo strumento potrebbe essere la piattaforma Rousseau, sulla quale i pentastellati hanno già diverse volte espresso il loro voto.

Ed un voto della base sarebbe probabilmente negativo, qualunque fosse la forma del quesito.

Anche se non venisse chiaramente domandato se si è d’accordo su questo governo giallo rosso.

PD e pentastellati

Gli elettori non sono certo stupidi e sanno benissimo che, anche un quesito del tipo: siete concordi con questo programma?—equivarebbe intanto a domandare se sono concordi sul fare il governo con il PD.

Questa iniziativa è stata in queste ultime ore, anche oggetto di analisi di costituzionalità, in quanto secondo taluni violerebbe le prerogative istituzionali di organi come la presidenza della repubblica o le rappresentanze parlamentari.

Ma non è evidentemente così, perché poi ogni partito decide secondo proprie regole e statuti interni, sui quali la costituzione ha lasciato piena libertà.

E quindi il PD può decidere facendo votare 300 delegati, altri partiti lasciano magari la decisione al segretario, ed altri, perché no?–, possono lasciare la decisione al voto on line.

Ed anche le delegazioni parlamentari poi altro non fanno che riportare la decisioni assunte da altri organi di partito.

E quindi, ecco che il voto on line probabilmente restituirà alla questione tutta la valenza di aspra dialettica, che i militanti hanno vissuto e che difficilmente si sono dimenticati.

E gli eletti ben sono coscienti che, in caso di governo con il PD, magari tra un anno a nuove elezioni, i 5 stelle non andrebbero oltre il 10 per cento.

Anche se impedito in questa fase, il voto degli elettori continuerebbe poi a farsi sentire.

E’ quindi Conte il vero vincitore di questa fase politica?

Anche solo considerando quanto detto sopra, non direi, ma si aggiungono altri motivi, ad un’analisi non superficiale.

Intanto Conte non è risultato vincente nelle sue dichiarazioni al senato, quindi come comunicatore.

Non solo perché non è riuscito a mantenere l’aplomb istituzionale e quindi a dare l’immagine di un vero statista.

Ma anche per le palesi contraddizioni in cui è caduto.

Non a caso molti l’hanno considerato un accusatore di scarsa bravura di Salvini, ed anche sulla questione delle immagini religiose è malamente caduto.

Chi gli ha ricordato i simboli usati dalla DC, chi il fatto che egli stesso, in alcune interviste, ha usato l’immagine di padre Pio.

Ed allora, dove sta la coerenza?

Ma immaginiamo i possibili scenari.

Conte mette magari d’accordo i partiti, ma viene sconfessato dalla piattaforma Rousseau.

Il voto della base

Già immagino i titoli di giornali irriverenti, all’insegna del: Conte sconfitto da coloro che neppure hanno un volto.

Oppure: Conte vara il governo, che nella migliore delle ipotesi dura un annetto, pieno di contraddizioni e conflittualità e magari si presenta al voto per ottenere, secondo sondaggi recenti ed un po’ diversi da quelli tanto sbandierati dai 5 stelle, al massimo un 10 per cento.

Ma, a prescindere da scenari futuri o futuribili, un premier deve intanto uscire vincente da una pregressa esperienza di governo in base ai risultati già conseguiti.

Ed a tale riguardo, pensando soprattutto a quelli economici, meglio sorvolare.

Per tutti questi motivi, non credo che quella di Conte sia una vittoria.

Mentre la posizione di Salvini mi richiama decisamente alla mente quel famoso detto: i nemici, gli avversari? Aspetta sulla riva del fiume e vedrai passare i loro corpi.

Fuor di metafora: aspetta e probabilmente perderanno, senza che tu debba fare alcuna fatica.

So che molti, anche nel suo partito, non la pensano così, ma in base a tutti gli elementi considerati, non riesco a pensarla diversamente.

Quali scenari si aprono per l’economia italiana?

A tale riguardo, non mi riferisco alla finanza ed ai mercati, o ad aspetti come spread e curva dei rendimenti.

Ma proprio all’economia reale.

Abbiamo visto, a proposito del mio articolo di ieri, sulle prospettive dell’azionario USA, quanto sia importante la crescita di una certa quantità di massa monetaria circolante, quale fattore catalizzatore della crescita economica.

Con la vittoria di una prospettiva recessiva e conservatrice, la cui prima origine va ricercata nelle regole di un’UE alla Von derLayen, certo non si può pensare a chissà quale prospettiva di crescita, anzi.

A meno di non far prevalere, all’interno di una compagine ministeriale di un certo tipo, almeno quelle correnti di pensiero che cercano di attivare alcuni meccanismi espansivi, ma a quanto pare…..

Non è un caso che Renzi abbia rimproverato Conte anche sotto tale aspetto, confrontando i propri risultati con quelli dell’ultimo esecutivo.

Ma sono stati proprio i 5 stelle a consentire la nascita della commissione Von derLayen, essendo i loro voti determinanti.

Ed è stata, infatti, anche questa votazione, a determinare le sorti del governo italiano.

Possibili spaccature

Con una spaccatura tra chi voleva seguire anche un certo tipo di impostazione nella politica economica e chi, invece, dopo aver detto certe cose in campagna elettorale, è poi andato in direzione diametralmente opposta.

E’ facile arguire che le prospettive per l’economia italiana non siano messe al meglio, pensando ad un’impostazione tutta incentrata sul cercare solo di evitare rimbrotti e procedure d’infrazione da parte europea.

Per chiudere questo articolo, in sintesi possiamo dire che sulla strada di questo possibile esecutivo ci sono ancora innumerevoli scogli, tra Rousseau, composizione e programma.

Ammesso che il tentativo riesca, sarà una vittoria di Pirro.

Quasi certamente per l’economia, probabilmente anche per questo governo che, come e più del precedente, sarà quasi sicuramente attraversato da dialettiche, contrapposizioni ed instabilità, più o meno palesi o striscianti, in base alla diverse situazioni. Sino all’ineluttabile debacle elettorale.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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