Governo Conte al capolinea? Effetti sui mercati

Il Governo Conte è al capolinea?

In un certo senso, l’articolo di oggi rappresenta la logica continuazione di quello di ieri, ma incentrato sulle vicende italiane, nell’ambito dei potenziali scenari di crisi.

Sin dai tempi della formazione del governo Conte avevo indicato quali potessero essere le prospettive italiane più probabili dal punto di vista macroeconomico e politico, a fronte del contratto di governo e delle politiche annunciate, e gli scontri attuali tra i due partners di governo ne rappresentano solo l’ennesima dimostrazione, unitamente ai dati economici.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

Ma, per dare maggior ordine alle mie analisi, ecco un piccolo indice dei temi trattati:

  • Governo Conte: le politiche economiche prospettate ed i rischi connessi. I dati confermano
  • Prospettive programmatiche conflittuali
  • Uso delle vicende giudiziarie a fini politici ed anomalie del caso Siri
  • Verso la resa dei conti finale? Ed i mercati?

Governo conte: politiche seguite e rischi connessi.

Uno dei principali motivi di sfiducia verso il nostro Paese è ormai da tempo il basso livello di crescita economica.

Essere passati da dati negativi nei mesi scorsi, ad un circa 0,2 per cento certo non è una soluzione.

Ma sin dall’inizio, come purtroppo temevo, le politiche prospettate da questo Governo puntavano più che altro su una scommessa: una particolare efficacia di effetti moltiplicatori di misure come reddito di cittadinanza e Flat Tax.

Abbiamo invece dovuto riscontrare che le misure inizialmente previste si sono realizzate solo in parte, probabilmente a seguito di mancanza di risorse sufficienti, ma anche l’effetto moltiplicatore pare non esserci stato.

Il che, evidentemente, ha contribuito a qualche tensione in termini soprattutto di spread sui mercati, e ha favorito una certa conflittualità politica.

Che le cose potessero non andare nel senso previsto era stato da parte mia previsto sin dall’inizio ed ora i dati confermano.

Se si trattasse di un consiglio di amministrazione di una società, potremmo dire che era stato presentato un budget, poi smentito dal successivo bilancio consuntivo.

Solo che nelle aziende, se effettivamente dei managers non sono in grado di raggiungere gli obiettivi, si dimettono.In politica talora, anzi spesso, si fa finta di niente.

Se il tema conduttore di questo articolo dovesse ricondurre ai motivi per cui molti investitori preferiscono evitare l’Italia, sicuramente questo atteggiamento vi rientrerebbe pienamente.

Governo Conte e prospettive programmatiche conflittuali

Ad aggravare una già precaria situazione legata a politiche economiche non in grado di conseguire gli obiettivi previsti, dobbiamo aggiungere una continua conflittualità.

Ai temi già esaminati se ne aggiungono altri, come il conflitto tra posizioni garantiste e giustizialiste (emblematico il caso Siri) ed ora anche le province.

Gli effetti sullo spread già si sono sperimentati.

Vicende giudiziarie e caso Siri.

Ma ora veniamo all’attualità politica.

Anche in questo caso, direi che le previsioni sono state centrate.

Il caso Siri vedeva un primo round dello scontro lega-5 stelle a favore della lega, visto che i pentastellati non erano riusciti a trovare il consenso alle dimissioni.

Ma, come dicevo ieri, tutto era solo rinviato, sino a che, nella stessa giornata di ieri, Conte ha esplicitato che intende formalizzare la richiesta di dimissioni nel prossimo consiglio dei ministri.

Ovviamente, ancora una volta, senza previo assenso della lega.

E’ quindi probabile che si sia prossimi al capolinea di questo esecutivo.

Non si tratta solo di un contrasto sullo specifico caso, ma di una diversa concezione su un tema fondamentale come la giustizia.

E che si tratti di tema fondamentale per attrarre o allontanare imprenditori ed investitori risulta chiaro.

In un paese che non sa prestare idonee garanzie giuridiche a chi vi opera, o alle aziende su cui si investe, è lecito prendere coscienza di certi rischi.

Come quelli che derivano da un imprenditore indagato, da un’azienda sotto inchiesta, cui consegue un blocco spesso molto lungo delle attività e poi il probabile fallimento.

In fondo, il caso Siri pare, a mio modesto avviso, emblematico di come l’Italia non possa considerarsi un paese garantista, se non a parole.

Molte le anomalie, molte le imprecisioni su questa vicenda, su cui purtroppo si riscontrano anche gli errori riportati da diversi media.

E’ quindi forse il caso di precisare come stanno le cose nel nostro ordinamento giuridico.

Governo Conte ed ordinamento giuridico

Intanto, sull’avviso di garanzia, ex comunicazione giudiziaria, secondo la terminologia del codice di procedura penale Rocco, dal nome del guardasigilli dell’epoca.

Se nel vecchio codice di procedura penale, l’invio della comunicazione giudiziaria, in caso di apertura di un fascicolo istruttorio nei confronti di taluno, era obbligatoria, oggi è bene sapere che non lo è più.

Del resto, molte cose sono cambiate nel passaggio da un processo penale di tipo inquisitorio, come quello appunto definito dal vecchio codice e dalle relative norme complementari processual penalistiche, ad uno di tipo accusatorio, impostato su una sorta di cross examination all’americana.

Di tale strumento, cioè la comunicazione giudiziaria, nel nostro Paese si era fatto spesso un notevole abuso, trasformandolo da strumento di garanzia in occasione per diffondere notizie, anche coperte da segreto, e per fare gogna mediatica.

Nel nuovo ordinamento si prevede l’inoltro di un avviso di garanzia, nella fase delle indagini preliminari, solo nel caso sia prevista l’obbligatoria partecipazione dell’indagato ad un atto delle indagini preliminari.

Ovvio che se gli inquirenti vengono a casa tua per sequestrare documenti o quant’atro, ti devono comunicare un atto giudiziario da cui si viene a conoscenza dell’indagine.

In tutti gli altri casi questo non avviene e si viene a conoscenza di un procedimento a proprio carico solo alla fine delle indagini preliminari.

Tanto che potrebbe anche succedere che si sia indagati senza saperlo, o addirittura che l’indagine porti da un’archiviazione, senza esserne a conoscenza.

Non a caso chi ha il sospetto di un’indagine preliminare a suo carico, può domandare alla procura della repubblica una conferma, ma neppure questa è certa, perché se il pubblico ministero ritiene opportuno non rivelare tale situazione all’indagato, può opporre un rifiuto alla comunicazione della sua iscrizione nel registro degli indagati.

Le divulgazioni dei media

Evidentemente, quindi, la notizia di un’indagine, atto coperto da segreto istruttorio, viene spesso divulgata da giornali, prima ancora che l’indagato possa averne avuto conoscenza dagli organi inquirenti, e questo già pone un serio problema per il rispetto di determinate garanzie.

Parrebbe il caso Siri, dal momento che le presunte prove a carico ricondurrebbero ad una sorta di intercettazione, non a qualche documento sequestrato all’indagato o ad altri atti d’indagine che richiedano la sua partecipazione.

Quanto alle accuse, almeno in base a quanto trapelato dagli organi di stampa, per un penalista neppure da annoverare tra i principi del foro o tra gli esponenti di primo piano delle camere penali, non paiono così difficili da contestare.

Già nell’articolo di ieri ho evidenziato talune questioni inerenti alla produzione di norme nel nostro ordinamento.

Inoltre, a parte il fatto che neppure si può essere sicuri dell’esistenza dell’intercettazione, ma anche fosse: Siri non pare risulti parlare nell’intercettazione. Pertanto si tratterrebbe di due altri soggetti che ne parlano.

Caso Siri: i dubbi

Domanda: e quindi, in Italia basta che due soggetti parlino di un terzo, perché questo costituisca una prova?

E se i due sapessero di essere intercettati e lo dicessero apposta?

La stessa cosa di quando si trova una sorta di registro in cui qualcuno è iscritto come partecipe di una associazione, ma iscrizione effettuata da altri.

E se l’iscrizione fosse stata fatta appositamente per costruire prove a suo carico?

Come vedete, a ragionare anche solo su banali elementi, risulta indubbia la scarsa garanzia di quel fondamentale principio che dovrebbe valere in ogni stato di diritto: la presunzione di innocenza.

Nel caso di specie, poi, come si usa dire in gergo forense e giudiziario, appare francamente inverosimile farsi corrompere per un importo ridicolo, come 30.000 euro, corrispondenti a circa tre mensilità di quanto dovrebbe essere percepito da Siri.

Soprattutto se questa somma viene messa a confronto con gli introiti che determinate normative dovrebbero quanto meno agevolare, a favore dei presunti committenti di Siri.

Una possibile strumentalizzazione?

Credo sia quindi abbastanza evidente, in primis,l’uso strumentale e politico della vicenda, lo voglio dire senza mezzi termini.

Anche perché, in base al principio prima indicato, cioè che neppure spetta, nell’attuale ordinamento, all’indagato il diritto assoluto di conoscere di una indagine a suo carico, a maggior ragione in un autentico stato di diritto, evidentemente alcun uso potrebbe farsi di quelle che sono indiscrezioni giornalistiche, che forse, peraltro, costituiscono possibile violazione del segreto istruttorio.

Invece in questo caso se ne sta facendo un uso per forzare le dimissioni.

E’ quindi evidente che lo scontro è all’arma bianca.

Non vorrei essere frainteso.

Non sto affermando che Siri sia colpevole o innocente.

Mi sto limitando a dire che in uno stato di diritto esistono precise garanzie e che il Governo Conte e pentastellati le stanno calpestando.

Salvini, a questo punto, non può far finta di niente.

E non è un caso che, ancora una volta tramite organi di stampa, sia trapelata una sua sostanziale irritazione.

Si afferma, da parte di Di Maio, che nel prossimo consiglio dei ministri, l’8 o 9 maggio, le dimissioni dovrebbero essere fatto certo, vista la maggioranza di esponenti pentastellati.

Ma anche questa è un’ulteriore circostanza che urta contro il nostro ordinamento.

Le dimissioni non possono essere imposte, e se Siri si rifiutasse di darle, non avrebbe alcuna legittimità giuridica un provvedimento cosiddetto di revoca.

A quel punto, probabilmente, neppure si verificherebbe quanto indicato dallo stesso Siri, una attesa massima di 15 giorni per essere sentito dai magistrati, perché le spinte centrifughe sarebbero quelle prevalenti nell’intero esecutivo, e vi sarebbe, anche questa indiscrezione anticipata da alcuni organi di stampa, una probabile dimissione dell’intera delegazione leghista al governo.

Anche perché, non dimentichiamolo, come evidenziato dall’ex ministro leghista Maroni, la questione si allargherebbe probabilmente anche a Giorgetti, in relazione all’assunzione del figlio di Arata.

E, quindi, sarebbe logico poi domandarsi: Siri sì, e Giorgetti no?

Alcuni editorialisti prospettano invece una ipotesi alternativa.

Siri, rinunciando al periodo di 15 giorni, forse si dimetterebbe subito.

Ma anche questa tesi non contrasta con l’ipotesi di dimissioni di tutti i leghisti, proprio perché le dimissioni sarebbero solo una conseguenza delle pressioni pentastellate, non un atto spontaneo di Siri. Pertanto la lega ne trarrebbe le conseguenze.

Verso la resa dei conti: e i mercati?

Sin qui, direi che gli scenari già prospettati a suo tempo su situazione economica e prospettive politiche, paiono in gran parte confermati.

I mercati sinora non hanno espresso un sostanziale timore di dimissioni o comunque di rischi sulla tenuta dei conti pubblici.

Basta guardare la curva dei rendimenti.

Probabilmente le dimissioni sarebbero viste, comunque, più come occasione per un nuovo esecutivo che privilegiasse altri tipi di politica economica.

Magari più basata su una defiscalizzazione diffusa e/o su investimenti in opere pubbliche, invece che su misure come il reddito di cittadinanza o su una defiscalizzazione limitata a determinati soggetti, pur se denominata flattax.

Insomma una politica di maggior respiro, magari con accordi in sede UE sul non ricomprendere nel perimetro della contabilità pubblica almeno una parte di investimenti in opere pubbliche, perché quelle sì che hanno un vero effetto moltiplicatore.

Del resto, che eccezioni all’area ricoperta dal perimetro dei conti pubblici in ambito eurozona ve ne siano, è noto.

Basti guardare alla Germania.

Governo Conte: i dati confermano.

Come dicevo, i dati confermano quelle che erano proiezioni non certo brillanti in ambito economico.

E probabilmente, se i dati avessero invece confermato le proiezioni di fonte governativa, oggi i mercati sarebbero molto più preoccupati della possibile caduta dell’attuale esecutivo.

Per chi poi si domandasse quale prospettiva potrebbe ridare slancio all’Italia ed alla fiducia verso il nostro paese, direi che la prima priorità, prima ancora dei conti pubblici e delle prospettive di crescita, sarebbe fare di questo paese un vero, autentico stato di diritto.

Il che implica applicare effettivamente le norme in materia di violazione del segreto istruttorio e di presunzione di non colpevolezza, esecutivo compreso.

Non esiste un doppio ambito: politica e giustizia.

A mio avviso Conte ha torto.

O si è garantisti sempre o non lo si è.

E la presunzione di non colpevolezza non vale solo in ambito giudiziario.

E’ un principio cardine della nostra costituzione, che dovrebbe in primis valere per chi ricopre incarichi pubblici.

Chissà che il Governo Conte, questa volta, diversamente da quanto egli sostiene, davvero sia stato troppo tirato per la giacca dai pentastellati, dimenticandosi di alcuni principi giuridici (anche se esperto di diritto privato, e non di diritto pubblico e di diritto e procedura penali, dovrebbe comunque aver ben presente cosa sia la presunzione di NON colpevolezza).

Quanto all’economia ed ai conti pubblici, coloro che mi seguono da tempo sanno che sostengo la tesi della necessità di un ritorno ad una piena sovranità in materia di politica monetaria, tale da comportare la possibilità di stampare denaro, anche prescindendo dalla correlata emissione di titoli del debito pubblico.

Le regole del fiscal compact

In forma attenuata, un allentamento delle stringenti regole inerenti al fiscal compact potrebbe essere comunque già consentita, se incentrata su opere pubbliche, come quelle legate alla prevenzione del dissesto idrogeologico ed alla manutenzione di opere come ponti e strade, da sottrarre, come dicevo, al perimetro dei parametri di contabilità.

Chissà che un prossimo esecutivo non possa fare affidamento, in primis, su questi rilevanti elementi, unitamente ad un abbandono di atteggiamenti sostanzialmente giustizialisti, per conseguire un maggior sviluppo economico ed una maggior fiducia verso l’Italia.

Consigliati per te