Ftse Mib: giù energetici, rimbalzano i bancari

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Ftse Mib oggi chiude la giornata indossando la maglia rosa in Europa.

Al suono della campanella, infatti, Piazza Affari può vantare un attivo di 0,6% lasciandosi dietro il Cac40 a 0,2%, il Dax a 0,5% e il Ftse100 che, con l’approssimarsi dell’incontro di domenica con il quale si vedrà o meno l’ok dell’Unione alla bozza di accordo per la Brexit, lascia sul parterre lo 01%.

A dare una mano all’Italia i primi, timidi spiragli aperti dal governo Conte per un dialogo con l’Europa, dialogo che, però, non può arrivare a modificare i capisaldi della manovra. Ad ogni modo è bastato questo per permettere allo spread di scendere un poco arrivando al di sotto dei 300 punti per poi risalire nell’ultima parte della giornata arrivando a circa 308 punti. Il tutto a favore di un settore bancario che per una volta tanto non deve essere messo sotto pressione.

Ecco che alle 17.30 a Piazza Affari, Unicredit vede un +2,09%, Ubi +0,85%, Banca Generali +2,26%, Mediolanum a 2,10%, Bca Mps a +3,9% e Intesa a +1%.

Chi invece soffre è il settore energetico, dopo uno schiaffo arrivato dall’ennesimo crollo del petrolio che non solo tocca i minimi del 2018 ma, alle 18, registra una caduta ancora più forte arrivando ben al di sotto dei 60 dollari.

Il Brent scende sotto 59 dollari (58,99 per la precisione) e il Wti fa ancora peggio con 51,29 dollari al barile. Saipem, Eni e Tenaris, di conseguenza, occupano la parte finale della classifica a Piazza Affari con il poco invidiabile primato di essere i titoli peggiori della seduta. Saipem è quella che risente più di tutti del crollo del greggio con un passivo che sfiora il 3% (2,9%), Eni si salva con un -1,8% e Tenaris si lecca le ferite con un -1,65%. A spaventare è la costante minaccia di un rallentamento economico che oltre alla Cina si sta spostando verso l’Europa arrivando a minacciare la fiorente economia tedesca.

Di oggi la pubblicazione dei dati del Pil di Berlino sul terzo trimestre, Pil che deve accusare una contrazione dello 0,2% da un trimestre all’altro e un +1,1% su base tendenziale (dato aggiustato tenendo conto del calendario).

La differenza sostanziale tra le due realtà è che quella cinese ha iniziato ad accusare sintomi di debolezza prima dell’arrivo della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Per quanto riguarda invece la situazione di Berlino, secondo gli osservatori potrebbe essere un primo allarme per la Bce che, dopo aver confermato lo stop del QE a dicembre di quest’anno potrebbe però rivedere le sue prossime mosse di politica monetaria.

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