FED: cambia view? Ora si alzeranno i tassi?

FED

L’ultimo dato sul PIL USA, di nuovo superiore al 3%, ha dato un ulteriore scossone alla politica economici ultra-accomodante della FED sui tassi.

I falchi hanno ripreso a svolazzare insistenti su Powell e le colombe tornano ad avere pochi argomenti per sostenere, non solo un taglio dei tassi, ma anche rinviare il suo contrario.

In questo contesto vediamo cosa potrà accadere…

Trump contro il rialzo dei tassi

Dalla Casa Bianca giungono segnali di guerra alla FED già per il fatto che i tassi non vengano tagliati, figuriamoci se la Banca centrale USA agisse in senso opposto.

Pare proprio però che le motivazioni prevalenti di Donald Trump siano di carattere molto, diciamo, “personale” per avere un effetto bloccante sulla FED se i numeri dell’economia continueranno a fare faville.

Ovvero Trump si preoccupa di dare una nuova accelerata immediata al ciclo economico USA.

Tutto questo voluto per evitare che il rallentamento se non recessione arrivi proprio tra un anno e poco più quando negli USA si sarà in campagna elettorale.

Questo è infatti il target temporale che gli economisti vicini a “The Donald” ipotizzano per la frenata economica nel caso i tassi di interesse rimangano bloccati ai livelli attuali.

La sensibilità di Wall Street ai tassi aiuta Trump e frena la FED

La realtà è che la FED, forte della propria autonomia decisionale, potrebbe bellamente ignorare Trump e le sue invettive.

Il vero problema che ha “choccato” Powell & Co è quello legato a Wall Street.

La reazione molto negativa delle borse alla politica di rialzo dei tassi intrapresa nella seconda parte del 2018 ha certamente inciso sulle decisioni della FED.

Molti ritengono infatti che l’inversione della politica monetaria da parte della FED, che ha cancellato repentinamente i rialzi dei tassi previsti per il 2019, sia stata proprio conseguente ai timori di ulteriori crolli dell’azionario.

Un ciclo virtuoso fatto di occupazione e consumi

Il ciclo virtuoso dell’economia americana infatti si nutre abbondantemente dei consumi interni e da lì parte anche lo straordinario  livello occupazionale.

Ai record da oltre 50 anni!

Le difficoltà dell’Europa e, fino a poche settimane fa, dei paesi emergenti rendevano focale per la FED tenere elevati gli standard di vita americani per non intaccare il livello appunto dei consumi domestici.

E sappiamo quanto l’andamento delle borse USA incida sui portafogli capienti del ceto medio americano e della sua propensione ai consumi.

Borse in caduta vorrebbero dire anche consumi in caduta e…così via.

La mission della FED

La “fortuna” di Trump risiede proprio nel fatto che, a differenza della limitata BCE, la FED ha una mission molto estesa.

Vale a dire che la Banca Centrale USA non deve soltanto combattere l’inflazione ma ha, tra i suoi compiti, anche quello di sostenere l’economia nazionale.

E fare crollare le borse con un rialzo dei tassi non sarebbe certo un’opzione coerente con questo indirizzo strutturale.

Pertanto fintanto che l’inflazione o viceversa il rallentamento del ciclo non faranno seriamente capolino, sia Trump che i falchi dovranno mettersi l’anima in pace.

La FED manterrà questa posizione di stand-by.

I numeri dell’economia sono ripartiti e Wall Street è sui massimi storici, chi glielo fa fare a Powell di cambiare politica?

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