Farmaci: quali dosaggi?

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Quello del dosaggio terapeutico è uno dei principali problemi che riguarda il paziente in trattamento farmacologico.

Per un verso, un dosaggio insufficiente sarebbe inefficace, per altro verso uno eccessivo potrebbe comportare anche notevoli rischi.

Del resto, pensiamo che certe dosi di alcune sostanze, possono condurre anche alla morte.

E, quindi, con i farmaci, quali dosaggi?

In linea generale, possiamo dire che le prime indicazioni sono quelle esplicitate dalle case farmaceutiche, a seguito di appositi studi sulle diverse sostanze, ma poi sono necessari ulteriori approfondimenti.

Si pensi, ad esempio, al problema della reattività personale.

Ogni paziente è una realtà a se stante, e quindi, pur entro certi limiti, studiati dalla farmacologia su base statistica, il medico, anche in base alla reattività soggettiva del proprio assistito, deve tentare di indicare il dosaggio ottimale, prendendo in considerazione anche quanto emerge dalle sue condizioni di salute.

Il problema dell’interazione

Ulteriore problema, non certo di scarso rilievo, è poi connesso alla terapia farmacologica composta di più farmaci. Anche perché per ogni medicinale, non sono stati studiati neppure dalle case farmaceutiche tutti i possibili effetti, conseguenti alla interazione tra farmaci diversi. Soprattutto nel caso di interazioni a partire da tre o più farmaci. Eppure ci sono pazienti che assumono un numero di farmaci giornaliero anche superiore. Entriamo quindi in un ambito decisamente incerto, in cui proprio la storia clinica di tali pazienti, serve anche da esperienza, su cui basare le future indicazioni.

Detto in altri termini, ammettiamolo francamente. Questi pazienti fanno anche un po’ da cavia, per future indicazioni dei dosaggi, sulla base statistica di cosa capita loro.

Modifiche nel tempo

Peraltro i dosaggi non sono sempre uguali, possono subire anche delle necessarie modifiche nel tempo, soprattutto per un motivo.

Il nostro organismo cambia con il tempo, mutando anche il proprio metabolismo.

Talora poi occorre monitorare frequentemente determinati parametri, per correggere il dosaggio. Pensiamo ad esempio al problema di chi presenta problemi di pressione arteriosa.

Talora è lo stesso paziente a doversi dosare i farmaci antiipertensivi, in base ai valori pressori, dal medesimo paziente rilevati tramite stetoscopio e sfigmomanometro manuale, se ha imparato ad usarlo, altrimenti tramite sfigmomanometro elettronico, più agevole nell’uso, ma spesso più impreciso nella rilevazione.

Dosaggi ed esami ematochimici

Ma altre volte, occorre sottoporsi periodicamente ad esami del sangue, per verificare o il quantitativo di farmaco presente, oppure i valori relativi a determinati altri parametri, come la velocità di coagulazione ematica.

Vediamo perché.

Digossina

Ad esempio con la digossina diviene essenziale la reiterazione di esami ematochimici periodici. Parliamo di un farmaco, noto in commercio con diversi nomi, il cui principio attivo è la digitale, nota anche come digossina.

Si tratta dell’estratto di una pianta, con proprietà particolarmente idonee al trattamento di alcuni disturbi cardiaci, riconducibili a forme di fibrillazione.

In grado, quindi, di influire su alcuni parametri cardiaci, rilevabili da un elettrocardiogramma, ma con rischi causati dalla tossicità della sostanza.

Elemento, quest’ultimo, talmente noto, che la digitale compare spesso tra i veleni, di cui si parla in romanzi gialli.

Ne consegue la necessità di controllare periodicamente il suo quantitativo nel sangue, con un esame, noto infatti come digossinemia.

Un valore troppo elevato comporta rischio di tossicità, troppo basso si associa spesso ad insufficiente efficacia della terapia.

Quali dosaggi con i farmaci? Il Warfarin sodico

Abbiamo accennato sopra alle fibrillazioni cardiache.

Sia per questa patologia, che in tutti gli altri casi, in cui il paziente rischia una trombosi, o altri problemi, connessi alla coagulazione del sangue, si usa un farmaco anticoagulante, il Warfarin Sodico.

Si tratta di terapia perdurante nel tempo, nota come TAO, acronimo di terapia anticoagulante orale.

Tale sostanza induce una alterazione nei tempi di coagulazione ematica, parametro che nello stesso paziente presenta valori variabili nel tempo, senza che il farmaco sia in grado di stabilizzarli una volta per tutte.

Proprio per questo motivo, chi soggetto a questa terapia anticoagulante, deve sottoporsi al massimo ogni tre settimane ad un prelievo di sangue, per misurare il parametro relativo alla coagulazione, noto come INR. In base ai valori, si decide la dose settimanale, che spesso cambia, proprio in relazione ai risultati dell’esame.

Conclusioni:

Parlando dei farmaci e quali dosaggi siano più opportuni, abbiamo considerato come il problema del dosaggio terapeutico non sia risolto una volta per tutte, solo sulla base delle indicazioni provenienti dalle indicazioni delle case farmaceutiche.

Intervengono in questo delicato procedimento altri fattori, come l’esperienza del medico, le condizioni del paziente, ma spesso anche i risultati di esami medici, riconducibili ad esempio a misurazione dei valori pressori ed a test ematochimici.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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