Evoluzione dinamica degli scenari geopolitici strategici e nuove prospettive internazionali

scenari geopolitici

Come dimostrato anche dalla situazione afghana, gli scenari geopolitici internazionali non sono destinati a restare stabili in eterno.

Anche la fase successiva alla seconda guerra mondiale poteva parere cristallizzata in uno scenario destinato a durare per sempre.

Da un lato gli USA e i suoi alleati, principalmente della Nato, ma non solo.

Dall’altro lato della barricata, è proprio il caso di dirlo, i paesi riuniti nel patto di Varsavia, costretti in una rigida dittatura oltre la cortina di ferro.

Questo scenario ha riguardato una parte rilevante dei rapporti geopolitici internazionali, mentre il resto del mondo si suddivideva tra paesi allineati e non allineati.

Terzo polo geopolitico rilevante la Cina, con volontà egemoniche relative soprattutto al sud est asiatico.

Per lungo tempo questo scenario non è cambiato, tranne qualche possibile attrito, che avrebbe potuto scatenare un conflitto atomico.

Emblematica, in tal senso, la crisi dei missili di Cuba del 1962.

Eppure anche tali scenari sono profondamente cambiati nel tempo, e chi pensava che fossero immodificabili ha dovuto ricredersi.

La Russia comunista è caduta, e gli USA non paiono più voler garantire ad ogni costo un forte supporto militare ai paesi della Nato.

Evoluzione dinamica degli scenari geopolitici strategici e nuove prospettive internazionali

Anche tale mutato quadro internazionale ha posto da tempo all’attenzione dell’Europa il problema della propria sicurezza.

Il recente intervento della Von der Leyen va in questa direzione e non pone certo una problematica nuova.

Ma cade in un contesto che non tiene conto della necessità di fare ancora i conti con concetti sinora mai superati nelle strategie militari, dopo l’introduzione dell’arma atomica negli arsenali di diverse potenze.

Uno dei principali problemi affrontati dalla Nato non riconduceva, infatti, solo alla necessità di fronteggiare un esercito avversario numericamente superiore in Europa. Ma anche alla dotazione di un nutrito arsenale nucleare a disposizione della Russia sovietica e dei suoi alleati.

Per questo motivo fu necessaria l’adozione di una alleanza dotata di un analogo, se non superiore, arsenale nucleare.

Ma questo era solo in mani statunitensi, cui si aggiungevano la force de frappe francese e quella inglese.

Attualmente si pone quindi soprattutto il seguente problema. Chi potrebbe garantire una analoga forza di dissuasione nucleare ad una Europa distaccata dal comando integrato militare della Nato?

Un’alleanza militare ancora oggi non potrebbe fare a meno della dotazione di un arsenale atomico

Nulla esclude, soprattutto in Europa, di trovarsi di nuovo di fronte un pericoloso nemico. Non è un caso che molti membri dell’ex Patto di Varsavia, proprio per timore della Russia post sovietica, abbiano deciso di entrare nella Nato, soprattutto per ottenere l’ombrello della protezione USA.

E non è un caso che la Von der Leyen abbia tirato in ballo soprattutto la Francia, ormai sostanzialmente unico Paese dell’Unione Europea dotato di un proprio arsenale atomico.

Peccato che la Francia sia ancora rispettosa sotto molti versi di una tradizione di sostanziale autonomia rispetto agli USA, iniziata con De Gaulle e continuata con gli epigoni del gollismo, e tuttora presente, come tradizione politica, anche in parti cospicue dell’elettorato. Autonomia che sinora riguarderebbe, probabilmente, anche i rapporti rispetto ad un dispositivo militare riconducibile all’Unione europea.

Il resto delle armi atomiche dislocate nell’Unione Europea sono ancora sotto il comando integrato Nato, e quindi in sostanza richiedono la decisione degli USA.

Altro Paese dotato di un autonomo arsenale atomico è la Gran Bretagna, ma ormai è uscita dall’Unione Europea, e quindi anche questa nazione difficilmente metterebbe a disposizione il proprio arsenale per attuare una strategia di dissuasione da attacchi, in base alla disciplina del primo colpo.

Non restava, quindi, alla Von der Leyen che puntare su quel che restava in termini di paesi dotati di proprio arsenale atomico, in ambito europeo.

E quindi la Francia, che tuttavia, come abbiamo detto, si è voluta ritagliare un ruolo autonomo già in ambito Nato.

Per la precisione, dopo 43 anni, sotto la presidenza Sarcozy, la Francia è in effetti rientrata nel comando integrato della Nato, ma, a maggior ragione, probabilmente intenderebbe mantenere una certa autonomia nell’ambito di un dispositivo autonomo di difesa, targato Unione Europea.

Nel frattempo, ecco la sorpresa Aukus.

Mentre in Europa è quindi continuato il dibattito su questo tema della creazione di un dispositivo di difesa militare autonoma, qualcuno ha preferito fare i fatti, come si suol dire.

Ed ecco che USA, Australia e Regno Unito presentano la loro alleanza militare.

Un’alleanza militare, che dovrebbe principalmente tutelare gli interessi dei tre membri contro velleità di espansionismo militare cinese.

La Cina da tempo non nasconde, ad esempio, l’intenzione di riappropriarsi di Taiwan, staccatasi dal resto del Paese sin dai tempi di Mao.

Ed ancora una volta la fanno da padrone, quale elemento imprescindibile per affrontare una potenzia nucleare, gli arsenali atomici.

Asse strategico portante dell’accordo è infatti al momento la dotazione di sommergibili nucleari garantita all’Australia, anche se pare che almeno in una fase inziale non saranno dotati di armi atomiche.

Come notiamo, mentre in Europa ancora si reiterano discorsi ormai triti e ritriti sulla necessità di un esercito autonomo, senza però affrontare il nodo principale, quello dell’arsenale nucleare, di cui bisognerebbe dotarsi, a fare i fatti sono, ancora una volta, le potenze atomiche.

Il ruolo della Francia

A dirla tutta, probabilmente è solo formale questa sorpresa per la nuova alleanza, che vede protagonista lo scenario anticinese.

Gli USA in particolare dichiarano che avevano avvisato della futura alleanza. Parigi smentisce.

E proprio il principale riferimento della Von der Leyen nel suo discorso, la Francia, potrebbe essere ora indotta ad una riedizione del gollismo con maggior favore verso accordi europei, sentendosi tradita dagli USA, soprattutto perché la dotazione di sommergibili nucleari all’Australia manda all’aria quello che avrebbe dovuto essere un cospicuo contratto di fornitura di propri sommergibili, ma a motore convenzionale, all’Australia.

L’irritazione per il recente accordo, espressa dai francesi, potrebbe essere effettivamente una base, da cui la Von der Leyen potrebbe ripartire. Proprio per porre le basi di qualcosa che vada oltre le mere parole, che da tempo sentiamo pronunciare sul tema della difesa militare autonoma dell’Europa.

Ma resta ferma la considerazione che se vuole avere un peso di rilievo negli equilibri mondiali, anche come potenza atomica, l’Unione Europea non potrà fare a meno di affrontare il più spinoso tema di un proprio autonomo arsenale nucleare, con tutto quel che ne conseguirebbe in termini di polemiche, movimenti contrari e identità ecologica, di cui pure la Von der Leyen pare in parte farsi paladina.

Insomma, a proposito di evoluzione dinamica degli scenari geopolitici strategici e nuove prospettive internazionali, ci sentiamo di non condividere l’opinione che il tema di una difesa militare europea autonoma sia solo questione di volontà politica.

Occorrono anche armamenti nucleari e precisi piani al riguardo.

Ulteriore prova in tal senso la nuova alleanza Aukus. Le potenze nucleari fanno i fatti. Agli altri restano i discorsi.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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