Estensione della responsabilità per i debiti della società scissa a tutte le società partecipanti alla scissione

Cassazione

Estensione della responsabilità per i debiti della società scissa a tutte le società partecipanti alla scissione, in via solidale e sussidiaria ed entro i limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad esse assegnato o rimasto. Studiamo il caso.

L’istituto della scissione societaria è governato da un principio di continuità dei rapporti vigenti tra le società, prima della scissione, nell’ambito del quale la responsabilità civile di ciascuna societas è disciplinata dai criteri della solidarietà e della sussidiarietà, entro i limiti stabiliti dal codice civile.

La ratio sottesa a tale regime di responsabilità va ravvisata nella voluntas legis di assicurare la certezza del diritto e la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, delle quali sono titolari le società, anche in seguito a vicende modificative e/o estintive, nel novero delle quali sono sussumibili fenomeni quali la scissione, la fusione, la cessione.

Principi consacrati non solo dal legislatore, ma anche dalla recente giurisprudenza di legittimità, chiamata a pronunciarsi sul ricorso per cassazione proposto avverso l’ordinanza, pronunciata dal Tribunale di primo grado, di integrale accoglimento dell’opposizione esperita dalla società scissa, “Soluzioni infrastrutturali, Telefoniche ed elettriche” – SITTEL s.p.a..

Segnatamente, in accoglimento dell’opposizione, il Giudice di prima cure, per l’effetto, aveva revocato il decreto con il quale era stato ingiunto alla società opponente il pagamento, in favore dei creditori opposti, del compenso maturato per l’attività professionale svolta dagli stessi, in favore della Mazzoni Pietro s.p.a., ora Nuove Telecomunicazioni S.p.a., dichiarata poi fallita dal Tribunale di Roma.

Con la sentenza n. 36690 del 25 novembre 2021, la Cassazione Civile, Sezione VI, ha accolto il ricorso proposto dai creditori opposti, in primo grado, avverso la predetta ordinanza, affidato ad un unico principale motivo.

Estensione della responsabilità per i debiti della società scissa a tutte le società partecipanti alla scissione

In particolare, i ricorrenti, lamentando la violazione del principio dell’art. 2697 c.c. e di quello di vicinanza della prova, hanno censurato l’ordinanza impugnata nella parte in cui essa aveva respinto la domanda di pagamento in favore dei richiedenti (creditori), sul mero rilevo per cui essi non avrebbero provato l’assegnazione alla società beneficiaria di un patrimonio netto capiente.

L’erroneità del rilievo, secondo i ricorrenti, consta nella considerazione secondo la quale, trattandosi di una limitazione di responsabilità, l’onere di provare il valore effettivo del patrimonio netto assegnato grava sulla società beneficiaria, sia ai sensi del secondo comma della disposizione di cui all’art. 2697 c.c., sia in ragione del principio della vicinanza della prova.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, con assorbimento degli altri, sulla base di due coordinate ermeneutiche, connesse:

In primo luogo, il Giudice di Nomofilachia ha offerto una lettura sistematica delle disposizioni codicistiche disciplinanti il regime di responsabilità per debiti della società scissa, nell’ipotesi in cui la società “Cui fanno carico”, la quale ne risponde per l’intero ed in via principale, non abbia provveduto a soddisfarli.

In applicazione delle disposizioni di cui agli art. 2506 bis, comma 2 e 2506 quater, comma 3, c.c., siffatta responsabilità si estende, in via solidale e sussidiaria, a tutte le società partecipanti all’operazione, ciascuna delle quali, tuttavia, risponde “Nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto”.

In relazione ad ulteriore ma connesso profilo, tale limitazione di responsabilità e la determinazione della sua esatta misura, ovvero della quota di spettanza “di quanto, al momento della scissione, era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori”, costituisce, giuridicamente, un fatto impeditivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione risarcitoria (la quale, altrimenti, stante la natura solidale della stessa), si estenderebbe all’intera prestazione non eseguita.

Poste tali premesse di diritto, la Suprema Corte ne inferisce un importante postulato, in tema di onus probandi, affermando che il relativo onere probatorio grava, a norma dell’articolo 2697, secondo comma, c.c., su ciascuna delle società delle società beneficiarie, anche in ragione del principio di “Vicinanza della prova” all’oggetto della relativa dimostrazione.

Per tale via, in accoglimento del ricorso per cassazione, il Giudice del Diritto ha cassato l’ordinanza impugnata, con rinvio, per un nuovo esame, al Tribunale competente, in differente composizione.

L’ordinanza è, infatti, censurata, nella parte in cui ha ritenuto che l’onere di “fornire in causa la prova dell’esistenza…della quota di patrimonio netto assegnato alla società convenuta opponente” spetta non a quest’ultima, quale creditrice, bensì ai creditori opposti”.

La pronuncia dell’Organo di Nomofilachia ha il pregio di riportare ad unità dei principi secolari di diritto, dei quali è permeato il codice civile, attualizzandoli, dando loro concreta applicazione, nella fase dinamica della vita dei gruppi di società.

La fusione societaria, quale istituto giuridico che si snoda nell’ambito delle vicende modificative delle societas, non si sottrae alla disciplina della solidarietà delle obbligazioni, al principio di sussidiarietà, al regime probatorio scolpito dalla lettera di cui all’art. 2697 c.c., in un disegno dell’interprete sorretto dalle regole dell’analogia iuris, preordinato a garantire certezza del diritto.

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