ESM: i segreti tra corsi e ricorsi storici

MES

Recentemente, abbiamo analizzato la questione relativa alle ipotesi di riforma dell’ ESM e  del fondo monetario di stabilità.

L’attenzione dei media si era concentrata sull’ipotesi, infondata, che gli aiuti del fondo venissero condizionati da ristrutturazioni del debito pubblico.

Ma esiste una ulteriore caratteristica, spesso sottaciuta, ed invece effettiva, che la dice lunga su come gli Stati percepiscano la restrittiva politica economica, dettata dai trattati europei.

Come noto, una delle principali caratteristiche dell’UE è il negare la possibilità di un acquirente di ultima istanza del debito pubblico, nel caso questo non venga totalmente acquistato dal libero mercato.

Anche i famosi interventi del QE non avvengono sul cosiddetto mercato primario, cioè in fase di emissione dei titoli.

Politica economica e storia

Questo principio ha ben precisi presupposti storici.

Si è soprattutto voluto evitare che uno Stato si indebiti oltre misura, comportando una emissione di denaro eccessiva, e causa di possibile inflazione. Fenomeno che si verifica quando il governo può ordinare ad una Banca centrale emissione di nuova moneta, dietro correlata emissione di titoli del debito pubblico.

Secondo la comune interpretazione storica, tale principio rigoristico fu voluto soprattutto dai tedeschi, memori della Repubblica di Weimar e del successivo periodo nazista.

Come noto, l’iperinflazione tedesca fu determinata, nel periodo prenazista, da una eccessiva produzione monetaria, invero determinata da un sistema di Banche private, e non dalla Banca centrale.

Un insieme di circostanze, non solo l’iperinflazione, compresa la crisi legata alle vicissitudini post belliche, determinò quella incertezza e quel senso di fallimento economico, che posero le basi del nazismo.

Parimenti, molte dittature si affermarono in giro per il mondo, dopo analoghi periodi di crisi, compresa l’Italia ed alcune altre dittature, come nei paesi sudamericani.

Inflazione verticale

Dopo la seconda guerra mondiale, vi furono nuovi casi in cui diversi paesi subirono livelli particolarmente inflazionistici.  Diversi economisti puntarono quindi  l’indice contro la creazione eccessiva di moneta, legata ai meccanismi del prestatore di ultima istanza del debito pubblico.

In particolare, in Italia, si giunse alla convinzione, ben prima dei famosi trattasi UE, che si dovesse provvedere ad una sorta di divorzio tra Tesoro e Banca centrale.

Quest’ultima non doveva più essere costretta a sottoscrivere debito pubblico, non acquistato dal mercato.

Il divorzio, successivo alla famosa lite delle comari, come passò alla storia quella tra i ministri Formica ed Andreatta, intervenne nel 1981.

L’inflazione crollò ma si ingenerò una rapida crescita del debito pubblico.

Infatti, dal momento che mancava una Banca compratrice di ultima istanza, e a tassi ridotti rispetto a quelli del mercato, fu quest’ultimo a dettare le sue regole, ovviamente con tassi decisamente superiori.

Senza peraltro considerare che, in termini reali, minore inflazione significava anche maggior debito pubblico.

In sede di istituzione dell’eurozona, si seguì la stessa scelta rigorista, nessun prestatore di ultima istanza del debito pubblico.

Soprattutto Francia e Germania temevano la svalutazione della moneta italiana, quale fattore di competitività internazionale della nostra economia.

Il metodo per sconfiggerla e conquistare quote di mercato prima detenute dal nostro paese, era quello di favorire meccanismi a favore di una moneta forte.

Peccato che quei meccanismi tendono a produrre, evidente contraddizione europea, un eccesso di debito pubblico e crisi economiche, legate ad un effetto prociclico contro la domanda di mercato.

Questo stato di fatto dovrebbe essere cambiato.

E non solo per l’Italia, ma anche in altri paesi.

ESM e situazione attuale

Non a caso è previsto che l’ESM, senza coinvolgimento, nel processo decisionale, delle istituzioni europee, a sostanziale differenza dei meccanismi europei possa intervenire anche acquistando titoli di Stato in fase di emissione.

Sul cosiddetto mercato primario.

Meccanismo che ripristina, quindi, la funzione di acquirente di ultima istanza, come nel nostro paese a suo tempo svolgeva la Banca d’Italia.

Meccanismo in essere dal 2012, ed evidente espressione di Stati aderenti, che hanno compreso che l’assenza di un tale fattore possa essere  agevolatore di crisi economiche quando già sono in corso, e destabilizzante per la tenuta dei conti pubblici.

Siamo quindi in presenza di due visioni contrapposte

Quella rigorista dell’UE, e quella dell’ESM che ripristina le vecchie funzioni delle Banche centrali.

Quest’ultimo potrebbe quindi essere un elemento precursore per rivedere l’intera architettura dei meccanismi economici in sede UE.

Quanto ai timori inflazionistici, ancora una volta ci viene in soccorso la lezione storica, cui si ispirano i principi della moderna teoria monetaria.

Non è la creazione di moneta, eventualmente anche slegata da emissione di titoli del debito pubblico, a creare spinte inflattive.

Ma la sua creazione, svincolata dalla creazione di beni e servizi.

Fin tanto che le due dimensioni, sviluppo della base monetaria e del PIL, saranno in equilibrio, l’inflazione resterà confinata.

Gli esempi e l’ESM

Lo insegnano diversi Stati, compresi Giappone, USA e Svizzera, che probabilmente hanno usato anche l’emissione di denaro senza correlata emissione del debito.

E tutti paesi con dinamiche inflattive sostanzialmente sotto controllo, anzi, per la Svizzera bisognerebbe parlare di deflazione.

La vera lezione che possiamo trarre da tutti questi eventi storici, a mio avviso, non è tanto l’utilità di meccanismi riconducibili ad acquirenti di ultima istanza del debito pubblico, quanto un più avanzato concetto, quello di creazione di base monetaria, slegata dai meccanismi del debito.

Certo, il rischio di un ritorno a dinamiche iperinflattive persiste, ma come una medicina, basta usare certi meccanismi nella giusta misura.

La possibilità di creare moneta da parte di uno Stato, senza correlata emissione di titoli del debito, dovrebbe essere prevista da normative internazionali.

Soprattutto in base a rapporti percentuali in relazione alla dinamica del PIL e del tasso di inflazione.

Si potrebbe, in tal modo, ottenere un equilibrio tra le diverse componenti di cui tener conto, inflazione, debito pubblico, espansione economica.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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