Emergenti: è il momento di investire?

Titoli e azioni da Buy&Hold

Da quanto è dato sapere sono gli emergenti a dover scontare le principali incertezze derivanti dalla guerra commerciale. Ma, anche i primi a raccogliere tutti i vantaggi in caso di sblocco della situazione. Allora la domanda è d’obbligo: puntare o no sugli emergenti?

Deflusso di capitali dagli emergenti

Goldman Sachs, la settimana scorsa, ha deciso di ridurre la sua esposizione sul settore, il che la dice lunga sul sentiment verso questo asset. A dare una mano alla decisione è stato anche l’andamento dell’indice MSCI delle valute dei mercati emergenti in calo del 3,5% negli ultimi sette giorni e del 12% negli ultimi 12 mesi.

Lo yuan cinese dal 5 maggio, giorno del fatale tweet di Trump, ha perso il 3% del suo valore rispetto al dollaro statunitense. E ancora. Il deflusso dei capitali dai fondi azionari focalizzati sugli emergenti è arrivato a 116 miliardi di dollari nel 2019. Un dato di non secondaria importanza. Infatti il cambio di rotta dei capitali, in ambito emergenti, è spesso un indicatore importante per quanto riguarda la crescita globale e la politica monetaria. Inoltre sono spesso anche il termometro della salute delle valute e, prima ancora, delle materie prime.

Emergenti: termometro economico

Infatti gli emergenti, forti anche della decisione, da parte della Federal Reserve di mantenere i tassi allo stato attuale e, quindi, di non alzarli, avevano ritrovato una certa appetibilità agli occhi degli investitori internazionali. Appetibilità che, adesso, potrebbe venire meno.

Ma sempre con le dovute eccezioni. Infatti niente come il settore degli emergenti può vantare un’enorme eterogeneità. Un fattore che, come in questo caso, permetterebbe di avere delle importanti eccezioni. Il Sud Africa e l’India, infatti, saranno al centro di importanti elezioni. Fattori che hanno regalato ad entrambi una performance tra le migliori del settore. Infatti, per Nuova Delhi, sembra essere sicura la rielezione dell’attuale presidente Narendra Modi, la cui politica è stata da sempre contrassegnata da un appoggio business friendly.

Un segno positivo arriva proprio dalla rupia indiana  a +1% rispetto al biglietto verde.

Cosa potrebbe far cambiare la situazione?

La risposta della Cina alle paventate minacce degli Usa di mettere sotto dazio la totalità delle importazioni di Pechino non si è fatta attendere. Infatti il Dragone non solo ha contraccambiato con dazi fino al 25% su 60 miliardi di dollari di merci in arrivo dagli States. Dalla sua parte, infatti, Pechino ha anche l’arma dei titoli di stato a stelle e strisce (di cui è la prima detentrice) ma anche le cosiddette terre rare, elementi indispensabili per la creazione di smartphone e innumerevoli altri strumenti tecnologici.

Qualora la situazione dovesse diventare troppo pericolosa per Washington, allora non è detto che la Casa Bianca giunga a più miti consigli. A tutto vantaggio degli emergenti.

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