Elezioni Usa: quali scenari per i mercati azionari?

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A cura di Gian Piero Turletti

Autore di

Magic box

PLT

Puntuali come sempre, anche quest’anno si terranno le presidenziali USA, ma cosa cambia realmente per l’economia e per gli scenari geopolitici occidentali?

L’Ipotesi di una vittoria dell’ex first lady non cambierebbe sostanzialmente la politica seguita da Obama, né sul piano internazionale, né su quello interno.

Naturalmente non sono in grado di sapere chi vincerà, ma se vincesse Trump, allora potremmo probabilmente assistere a significativi mutamenti.

La piattaforma elettorale del tycoon statunitense, potrebbe sembrare strampalata e ad alcuni poco coerente anche con la tradizione repubblicana, ma così non è se pensiamo che praticamente rispolvera quella tradizione dell’isolazionismo americano, che era tipica degli anni ’20.

Cosa cambierebbe, quindi, in sostanza?

In economia gli USA potrebbero conoscere una significativa politica di defiscalizzazione, mentre sul piano internazionale verrebbero meno o quanto meno si ridurrebbero relazioni commerciali ed economiche, oltre a quelle diplomatiche e militari.

E’ come se il mondo dovesse andare incontro a minori interscambi con gli USA, la cui politica si concentrerebbe più su se stessa, che sul ruolo sinora assunto a livello internazionale.

Direi che questa è una delle caratteristiche della politica USA, cioè non conta solo il partito, ma prima ancora la personalità di chi vince.

E così, se sotto una presidenza come quella di Reagan, anch’egli repubblicano, parte significativa della politica Usa si era concentrata sulla scena internazionale, all’insegna di un rinnovato ruolo di partnership ed alleanza, in primis con i tradizionali alleati della Nato, ora le cose potrebbero seriamente cambiare.

Secondo Trump gli europei devono spendere di più per la propria difesa, e contare di meno sull’alleanza con gli USA.

Francamente devo dire che, appunto a prescindere dall’appartenenza politica di Trump, qualche ricordo storico sconsiglia forse anche gli USA dal seguire questi principi.

Se in politica interna una defiscalizzazione più aggressiva soprattutto a favore della middle class può portare a risvolti positivi in termini economici, con una maggior facoltà di spesa dell’americano medio, invece uno scenario internazionale improntato all’isolazionismo lo si è già visto, e probabilmente non fu un caso che inizialmente la seconda guerra mondiale vide una Germania interventista anche sulla base dell’iniziale non intervento americano.

Attualmente sono già presenti, sul fronte europeo orientale, significativi e preoccupanti scenari di tensione, dall’Ucraina, alla Crimea, alla Turchia.

Siamo ad esempio sicuri che in Turchia sarebbe stato sventato il tentato golpe filo fondamentalista, se parte delle forze armate non avessero potuto contare sull’alleanza con gli USA?

E non dimentichiamoci che sul suolo turco sono tuttora presenti armi atomiche.

Forse l’america ha bisogno di una guida diciamo più internazionalmente atteggiata, favorevole sì a contenere bilancio/deficit e pressione fiscale, ma anche attenta a quel che succede oltre i propri confini.

Il ruolo degli USA è troppo importante, per dimenticarsene.

In particolare questo potrebbe significare per noi europei più soldi da destinare al bilancio della difesa, ma anche minori relazioni commerciali internazionali, e forse anche minor stabilità politica.

 

 

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