Economia e tassi: dove investire?

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I tassi condizionano pesantemente il fair value, o corretto valore di equilibrio, di diverse categorie di asset, principalmente cross valutari, titoli azionari ed obbligazionari, immobili e beni rifugio.

Non sempre, però, le dinamiche delle quotazioni previste sulla base dei rialzi e ribassi dei rendimenti corrispondono ai modelli ideali.

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Pertanto in questo report, associamo analisi tecnica proprietaria di lungo termine, basata sul modello PLT, cicli finanziari, ed analisi in base alla curva dei rendimenti, per concentrarci su quegli asset che trovano concorde indicazione di investimento di lungo termine, sulla base di tutti i modelli considerati.

Euro dollaro: dal punto di vista ciclico, l’euro dollaro descrive dei modelli regolari reiterati nel corso del tempo.

E’ agevole individuare due cicli di lungo termine, dalla nascita dell’euro, della durata di circa 16 anni.

E il ciclo attuale è solo al suo inizio, statisticamente destinato a trovare un top non prima del 2024.

Il metodo PLT conferma questa indicazione ciclica di lungo, con un segnale di lungo intervenuto già a luglio 2017.

Ma è anche proprio la situazione economica, in particolare come manifesta tramite la curva dei rendimenti, a denotare una situazione favorevole all’euro contro dollaro.

Come noto, nel rapporto valutario solitamente vince la moneta espressione dell’economia più forte, cioè prevista in maggior crescita, rispetto a quella più debole.

E tipico indicatore anticipatore, che proietta statisticamente con notevole affidabilità la situazione economica di un paese, è soprattutto la curva dei tassi.

Ovviamente, in questo caso, dovremmo costruire una curva dei rendimenti europei, mediando quelli di tutti i paesi aderenti all’eurozona, ma possiamo semplificare il procedimento considerando la curva tedesca, dal momento che la Germania è, per consuetudine, considerata il motore economico europeo, e storicamente il confronto tra economia tedesca e statunitense è quello che desta la maggior attenzione mediatica e degli analisti, anche al fine di prevedere l’andamento del cross nel medio/lungo termine.

Pertanto confrontiamo la curva dei rendimenti dei titoli di stato statunitensi con la curva dei rendimenti dei titoli di stato tedeschi.

Il confronto non lascia dubbi di sorta, vince sicuramente la Germania.

Già a colpo d’occhio è evidente un appiattimento della curva americana, a fronte di una curva tedesca con una significativa pendenza rialzista.

Più analiticamente, lo dimostrano anche gli spread su diverse scadenze, ad esempio quella 2/10 anni e quella 5 /30 anni.

2/10 USA 0,55, GERMANIA 1,16

5/30 USA 0,42, GERMANIA 1,24.

Possiamo quindi affermare che i diversi tipi di analisi concordano nel proiettare un trend di lungo termine rialzista sull’euro dollaro.

Mercati azionari ed obbligazionari: non pare il momento più propizio per investire in ottica di lungo termine sui due comparti.

Ed in particolare è proprio la dinamica dei rendimenti obbligazionari a sconsigliare in tal senso.

Anche se una fase iniziale di rialzo solitamente si accompagna a borse in salita, tuttavia questo si verifica quando ancora è prevista in fase di crescita l’economia di un paese.

Invece la curva dei rendimenti della principale economia del mondo occidentale, gli USA, evidenzia, come abbiamo visto sopra, un chiaro appiattimento, proiettando quanto meno una fase di economia in indebolimento, anche se la curva ancora non ha assunto inclinazione negativa.

Tale fattore, unitamente a livelli di sovra quotazione rispetto al proprio fair value di equilibrio, dei principali indici azionari internazionali, non depone a favore del comparto azionario.

Già abbiamo assistito ad un tentativo di inversione ribassista su wall street, che ha preso la via dell’incertezza, praticamente appiattendosi, e seguendo in tal senso quanto anticipato dalla curva dei rendimenti.

Ed anche sotto il profilo ciclico, ferma restando la dimensione statistica di tali proiezioni, wall street pare andare incontro ad una fase ribassista di lungo, da cui sarebbe difficile pensare ad un comportamento molto diverso anche per gli altri indici azionari.

Anche il comparto obbligazionario non gode di buona salute, come si suol dire, in presenza di una fase di tassi in rialzo.

Sia perché i modelli di analisi fondamentale, basati sul discount cash flow, ovviamente riflettono flussi in diminuzione, in misura inversamente proporzionale all’incremento dei tassi, sia perché un innalzamento dei tassi a breve è sintomo di problemi finanziari di sostenibilità del debito, ad esempio, appunto, nel caso si preveda una fase economica stagnante.

Complici anche le prospettive di una pericolosa guerra dei dazi su scala internazionale, ed i problemi legati alla tenuta del debito pubblico americano, nel caso gli effetti delle riforme fiscali non andassero nel senso di un rilancio economico, le prospettive del comparto obbligazionario non paiono certo tra quelle preferibili per gli investitori di lungo corso, in questa fase.

Oro: teoricamente l’oro tende a salire in situazioni di incertezza, di tensioni internazionali, ed in ambiti economici inflattivi.

Dovremmo quindi essere in una fase propizia per il metallo giallo.

Ed anche da un punto di vista ciclico parrebbe essere ripartita la fase rialzista di un ciclo di circa 17 anni, nel 2016.

Tuttavia, pur essendo stato segnalato un potenziale alert di inversione rialzista, in ottica trend following, da parte del metodo PLT, nel primo trimestre 2016, le quotazioni hanno continuato ad oscillare attorno ad una linea spartiacque di lungo.

Questa indecisione secondo taluni dipende dal nuovo ruolo assunto dalle criptovalute, ed occupato tradizionalmente dall’oro.

Comunque il segnale rialzista continua a restare tale e dovremmo quindi essere in trend rialzista di lungo, anche se meno accentuato di quanto sarebbe lecito attendersi.

In generale, le incertezze sulla situazione economica internazionale, unitamente alle prospettive di politiche neoprotezioniste, e i possibili effetti recessivi di nuovi indirizzi di politica monetaria, in primis con riferimento alle dinamiche dei tassi guida, non favoriscono l’investimento in materie prime.

 

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