Diritti per la maternità delle lavoratrici co.co.co

maternità

Una sentenza del Tar di Napoli, ha precisato che i diritti per la maternità delle lavoratrici co.co.co, sono gli stessi di quelle dipendenti. A precisarlo è stata la sentenza n. 2893 del 2020. Quindi, alla lavoratrice in maternità, con un rapporto di collaborazione a co.co.co. spettano gli stessi diritti rispetto a chi ha un contratto come dipendente. Si parla delle lavoratrici che prestano servizio presso la Pubblica Amministrazione. Per giustificare questa posizione, il Tar si è richiamato al Testo Unico secondo cui vanno computati i periodi di congedo ai fini della durata del contratto e della pensione. In altri termini, secondo il Tribunale, il periodo di congedo va computato in toto, anche ai fini del calcolo della durata del rapporto di lavoro. In altri termini, l’astensione obbligatoria della collaboratrice deve essere computata anche nella durata dei contratti di lavoro flessibile ai fini della stabilizzazione.

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Decisione del Tar Napoli

Nell’affrontare la questione, dunque, di quali siano i diritti per la maternità delle lavoratrici co.co.co, Il Tar, ha riportato quanto indicato sin qui. Inoltre, ha richiamato la norma di cui all’ art. 22 del Dlgs. n. 151 del 2001, contenuta nel Testo unico di maternità e paternità. Essa prevede che il congedo delle lavoratrici prima e dopo il parto deve essere computato a tutti gli effetti nell’anzianità di servizio. Inoltre, per i fini che qui interessano, deve essere applicato anche alle madri con contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Si prevede, inoltre, per i periodi di astensione obbligatoria, l’accredito dei contributi figurativi ai fini del diritto alla pensione e della sua determinazione. Ai predetti, va aggiunta la corresponsione di un’indennità di maternità. Inoltre, il Testo unico aggiunge che le lavoratrici a progetto e categorie assimilate, che devono rispettare i periodi di congedo obbligatorio, hanno diritto alla proroga della durata del rapporto di lavoro. Il tutto, per un periodo di 180 giorni, salvo che non intervenga una più favorevole disposizione del contratto individuale.

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