Didattica a Distanza e Digital Divide

ISTAT

La chiamano D.aD. Un acronimo che sta per didattica a distanza. Vale a dire un escamotage che ha consentito il salvataggio dell’anno scolastico in corso. Ma cosa si cela materialmente dietro questa espressione in odor di tecnologia d’avanguardia? Quanto alla menzionata “distanza”, nulla quaestio, direbbero i latini. Infatti in epoca di distanziamenti sociali imposti per legge, mai distanza è stata così frapposta tra studenti e insegnanti.

Tutto altro paio di maniche invece quanto alla reale “didattica” messa in campo. Ma sarà solo con il rientro a scuola che sarà possibile testare il gap   nell’istruzione che questo lockdown avrà irrimediabilmente prodotto negli studenti di ogni ordine e grado.

Didattica a distanza e digital divide

Parlare di didattica a distanza senza affrontare in parallelo l’annosa questione del “digital divide” significherebbe non avere però i piedi per terra. Quindi, in prima battuta, meglio affrontare il significato di questo termine veicolato dalla lingua inglese. “Digital divide” significa “divario digitale”, ovvero diversità di accesso agli strumenti di connessione alla rete. Stando infatti ai dati ISTAT, l’Italia presenta un quadro tutt’altro che omogeneo quanto a disponibilità di strumenti di connessione.

Famiglie e quadro Istat  

Dal punto di vista dei dati forniti dall’Istat questo, in estrema sintesi, è il quadro che emerge:

– il 40% delle famiglie italiane è sprovvisto di banda larga;

– il 25,4% delle famiglie non dispone nemmeno di un computer;

– il 16,3% delle famiglie italiane non ha alcun tipo di accesso alla rete;

– il 90% delle famiglie non dispone di un e-reader (tale da permettere letture lunghe).

Tirando le somme, quanto a didattica a distanza e digital divide, in assenza di postazioni fisse per lo studio dei ragazzi, le famiglie italiane ricorrono ai giga del telefono  . E questa rappresenta forse la migliore delle ipotesi alternative. Che fare dunque per sopperire a questo lacunoso stato di cose? Indubbiamente non stancarsi di far sentire la propria voce tramite gruppi di lavoro. Ma al contempo fare pressing anche presso i sindacati scuola per far sì che gli stessi si rendano portavoce a livello istituzionale delle reali istanze delle famiglie italiane.

Consigliati per te