Definire la Grecia fuori dal baratro è eufemistico: l’Italia farà la stessa fine?

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Da oggi le comiche i TG di ieri sera che aprivano col titolone la Grecia fuori dal baratro e altre “amenità” del genere tratte probabilmente da qualche Fantasy politico-economico di nuova generazione. Poi, se non altro, in un ritorno di pudore, nei servizi interni si faceva notare la disoccupazione a livelli record mai visti prima dell’euro, il 30% di greci sotto la soglia di povertà (come se la rimanente maggioranza ,salvo i soliti noti, se la passasse bene…) e che uno su due che si rivolge alla Caritas e altre associazioni umanitarie per mangiare e per gli altri servizi essenziali è un cittadino greco.

Insomma, definire la Grecia fuori dal baratro è quanto meno grottesco.

Senza contare che, come già evidenziato, in un contesto simile di sotto-occupazione, il gettito fiscale sarà irrisorio e quindi il piano di aiuti appena terminato dovrà essere eventualmente riproposto a breve se non si vorrà ripiombare nel rischio default di un paese che evidentemente l’euro con le sue strettoie e il suo tenore di vita tarato sulla Germania non se lo può permettere. Ma visto che alla fine la Germania si è presa in cambio degli aiuti  “mezza Grecia” qualche dubbio su quali siano le reali intenzioni del FMI e dell’UE è lecito porselo.

Un vero piano di risanamento non poteva e non può non essere incentrato sull’abbattimento della disoccupazione, prima di tutto per il benessere dei cittadini, secondariamente, ma in via primaria ragionando solo in termini economici, perché senza piena occupazione le entrate fiscali di una nazione sono strutturalmente insufficienti per il proprio sviluppo sostenibile.

Ecco appunto, se su alcuni social la parola sostenibile non è gradita, in termini progettuali di una società equilibrata che tenga in conto della popolazione nella sua interezza ciò non toglie che il parametro della sostenibilità dovrebbe essere o avrebbe dovuto essere alla base o ancora di più alle fondamenta di ogni strategia politica tanto più se comune a paesi diversissimi tra loro.  Quello  che ad oggi risulta evidente è che paesi come la Grecia che vivono principalmente di turismo avrebbero bisogno della propria monetina debole (la cara vecchia Dracma) piuttosto che si un super euro che  favorisce solo chi è già forte e che magari mantenendo la propria moneta (leggasi marco) senza zavorre se lo troverebbe alle stelle con grosse difficoltà poi ad esportare.

A ciò si aggiunga che l’introduzione dell’euro ha portato un anomalo adeguamento dei prezzi e di conseguenza adeguamento del tenore di vita che NON MUTANDO I REDDITI DELLE FASCE DI POPOLAZIONE più estese è stato raggiunto solo grazie a un ‘ondata di credito, sul modello americano, senza precedenti quanto scriteriata, con le conseguenze che abbiamo visto coi sub-prime prima in salsa USA e poi in pasticcio europeo.

Con la “sottile” differenza che al di là dell’oceano stampano dollari come gli pare , mentre l’euro che pure non è nemmeno pagabile al portatore ( e torneremo su questo argomento) viene rilasciato solo tramite banche collegate alla BCE e a debito: un “successone”!

Politica fallimentare che ora, come ha al Meeting di Rimini dichiarato il sotto segretario Giorgetti, rischia di portare a breve l’Italia sulla china greca: se, come infatti abbiamo già paventato, Draghi , spinto dai teutoni, dovesse chiudere il QE e contemporaneamente abbandonare la disponibilità a fare tutto quanto necessario (che di fatto è un impegno che vale come una assicurazione solvibile)per combattere nuove ondate di crisi sugli spread ci troveremmo nel bel mezzo di un attacco speculativo a livello globale contro borsa italiana e BTP al cui confronto la crisi greca sarà stato un leggerissimo e analcoolico aperitivo.

Gianluca Braguzzi
CFI Asset Management and Organization WIAM

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