Dazi: la guerra si allarga? Trump?

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A che punto è la diatriba sui dazi?

Mentre in Italia i nostri uliveti secolari vengono ignorati se non osteggiati nella loro produzione dall’UE, la stessa UE ha pensato bene di fare guerra agli USA per proteggere le olive spagnole.

Incredibile la diversità di trattamento che Bruxelles regolarmente applica all’Italia rispetto agli altri stati membri.

E non è vittimismo sono anni e anni che è così.
Magari ora risulta più evidente perché il governo attuale è più presente nel cercare di opporsi a queste dinamiche.

Battaglia con gli USA sui dazi alle olive spagnole

La geniale pensata di deferire gli Stati Uniti alla World Trade Organization (WTO) per i dazi imposti negli ultimi mesi alle olive spagnole è stata riferita alla stampa da Cecilia Malmstrom.

La svedese, Commissario UE al commercio, ha spiegato che a Bruxelles ritengono indebite le misure protezionistiche americane e che violano le regole del WTO.

Anche Phil Hogan Commissario all’agricoltura ha convalidato la segnalazione al WTO dicendo che gli USA: “usano un pretesto per attaccare gli aiuti della Politica Agricola Comune”.

Se Trump la prenderà male apriti cielo

Come italiani, prima ancora che come europei, dobbiamo augurarci che il focoso Presidente USA no  dia troppo peso a questa richiesta dell’Unione Europea.

In sostanza viene chiesto soltanto un avviso, una sorta di cartellino giallo.

Auguriamoci che non accada che disgraziatamente, la pratica finisce sul tavolo dello studio ovale alla casa Bianca in un momento sfavorevole, incontrando un Trump pronto ad aprire un nuovo fronte di battaglia.

In questo caso eventuali ritorsioni americane potrebbero avere davvero conseguenze nefaste sulla già traballante economia europea e a seguire sui mercati azionari. Tutt’altro che convinti di proseguire il recupero.

I rischi per il Made in Italy

Se Trump dovesse pensare di attivare verso l’Unione Europea le stesse metodiche protezionistiche avviate nei confronti della Cina molti paesi europei avrebbero problemi seri.

E, guarda caso, in prima fila troveremmo l’Italia che col Made in Italy prolifera sempre di più negli States.

Un Made in Italy, in parte avvantaggiato dalla debolezza dell’euro che rende i prezzi competitivi, ma che allo stesso tempo, a tendere, dovrà anche fare i conti con il cambio sul fronte dell’approvvigionamento delle materie prime.

Penso che addirittura sarebbe meglio una manovra diplomatica preliminare per scongiurare questo rischio o forse è semplicemente meglio non svegliare il can che dorme?

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