Data di scadenza o termine minimo di conservazione? Quali le differenze e cosa cambia per i prodotti che consumiamo

Data di scadenza o termine minimo di conservazione

Quanti di noi, ogni volta che vanno a fare la spesa al supermercato, guardano la data di scadenza dei prodotti che acquistano? Solo i più attenti e i più scrupolosi oppure è usanza comune? Due quesiti a cui non è semplice dare una risposta. Forse, negli ultimi tempi, è aumentata la percentuale di meticolosi, eppure resistono quelli che mettono tutto nel carrello senza guardare le etichette. C’è però una dicitura particolare alla quale dovremmo stare tutti attenti. Vediamo insieme quale.

La cucina circolare ci insegna a riciclare e dare nuova vita ai cibi che ci avanzano. Soprattutto in tempi di crisi come questi, sarebbe bene evitare al massimo lo spreco. Eppure, i dati ci dicono che nel 2022, in Italia, sono andati persi ben 4 milioni di tonnellate di cibo, per un valore che sfiora i 10 miliardi di euro. Un numero davvero impressionante!

Ognuno di noi spreca, in genere, circa 27 chilogrammi di cibo all’anno. Un dato che dovrebbe far riflettere molto. Una buona parte di questo, poi, deriva da prodotti che non sono stati neppure aperti. Ovvero, acquistati e poi fatti scadere. Talvolta per distrazione, altre per eccessiva meticolosità.

Data di scadenza o termine minimo di conservazione? Ecco la differenza

Superficialità o ignoranza, nel senso di non conoscenza? Talvolta lo spreco è frutto di questi sostantivi. Nel primo caso, sarebbe meglio un po’ di attenzione al momento dell’acquisto o nella gestione di frigorifero e dispensa. Per il secondo, magari, un pizzico di informazione in più.

Per esempio, per capire qual è la differenza tra le due tipologie di scritte presenti sulle confezioni dei generi alimentari che acquistiamo. La prima, la più semplice, è “data di scadenza” oppure “da consumarsi entro”. La seconda è un pizzico più complessa, “da consumarsi preferibilmente entro”. Nella quale quel preferibilmente fa tutta la differenza del Mondo, o quasi.

Infatti, per i prodotti più freschi, solitamente si dà una data di scadenza oltre la quale sarebbe preferibile non andare. Anche se poi, non è sempre così categorica la cosa. Generalmente, però, carne, pesce, formaggi, frutta hanno un deperimento molto rapido. Andare di molto oltre la data di scadenza è fortemente sconsigliato, anche se, a volte, qualche giorno in più è tollerabile.

I prodotti con Tmc

Sui prodotti cosiddetti Tmc (termine minimo di conservazione), invece, abbiamo una tolleranza decisamente maggiore. Si può affermare che la data entro cui consumarli sia più un consiglio che un’imposizione. Per non far perdere sapore al prodotto, per esempio, oppure per evitare un decadimento delle proprietà nutritive. Stiamo parlando di prodotti a più lunga conservazione come pasta, scatolame, riso, cioccolato, zucchero, farina, succhi, marmellate, surgelati. Ecco, quando superano la scadenza, non devono essere subito cestinati a prescindere. Si ha una tolleranza più ampia, spesso molto più ampia.

Data di scadenza o termine minimo di conservazione? Se la prima ha un valore effettivo, l’altra ha un valore orientativo. Consumare il prodotto con la seconda dicitura qualche mese in ritardo non dovrebbe mai determinare problemi. Poi, ovviamente, anche questi alimenti, una volta aperti, pensiamo a sughi e marmellate, hanno una deperibilità piuttosto veloce. Di certo, buttarli nella spazzatura chiusi, solo perché si è andati oltre la data di scadenza di qualche settimana o mese, è da considerarsi un errore.

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