Dal PIL alle ipotesi sul moltiplicatore keynesiano: prospettive e scenari

pil

Oggi l’Italia dovrebbe andare verso una sorta di fase 3, che prevede la riapertura di molte attività.

Uso il condizionale sulle aperture, perché un significativo numero di imprese ha già dichiarato che resterà chiuso.

Incremento degli adempimenti, decremento del numero di clienti che possano essere serviti contemporaneamente, prospettive economiche negative, non depongono certo a favore di una significativa ripresa economica.

Ecco, quindi, che il nostro PIL è proiettato in decisa decrescita. Sino ad un meno 15%, secondo le stime più pessimistiche, come possiamo leggere qui.

Quali le prospettive per i titoli di stato e per i conti pubblici?

Per i BTP rinvio a questa mia analisi.

Dal PIL alle ipotesi sul moltiplicatore keynesiano: prospettive e scenari quali sono?

Quanto ai conti pubblici, delineiamo alcuni scenari e prospettive, partendo da un indicatore fondamentale.

Il moltiplicatore keynesiano

Uno degli economisti più noti al mondo, Keynes, aveva compiuto particolari studi sul cosiddetto moltiplicatore. Il concetto alla base è semplice. Una determinata quantità di denaro, immessa nell’economia dallo stato tramite spesa o detrazioni fiscali, consente un effetto moltiplicatore sulla domanda di mercato, quindi sul PIL, in base alla propensione al consumo.

Maggiore è la tendenza a spendere, maggiore è la capacità di crescita dell’economia, ed il tutto può essere calcolato.

Una delle formule più semplice da usare è la seguente:

M=1/(1-c).

Dove M sta per moltiplicatore e c per propensione alla spesa.

Ad esempio, ipotizziamo che una nazione abbia una propensione del 30 per cento, cioè a spendere in media un 30 per cento di quanto ricevuto.

Quindi avremo: 1/(1-0,3), da cui avremo 1,42. Significa che per ogni euro elargito dallo stato in forma di spesa o detrazione fiscale, il Pil tenderà a crescere di 1,42.

Dal PIL alle ipotesi sul moltiplicatore keynesiano.
Molte dispute sono state sostenute da economisti di vario orientamento su quanto possa valere la propensione alla spesa, e quindi il moltiplicatore. Studi statistici ci dicono che non esiste un valore assoluto. Molto dipende anche dalla fase in cui ci troviamo, ma soprattutto in tempi di crisi la tendenza dovrebbe essere maggiore, soprattutto perché vi sarebbe necessità di tutte quelle cose, che sono mancate durante la crisi. Comunque il dato viene influenzato da diversi elementi.

Il moltiplicatore e gli effetti di eventuali manovre

Partiamo quindi dall’ipotesi, formulata da diversi studi, di una tendenza al consumo che, in Italia, potrebbe arrivare al 50 per cento.

Vogliamo essere prudenti e limitarla al 40 per cento.

Pertanto, il moltiplicatore dovrebbe essere pari a: 1/(1-0,4), da cui 1,66.

In base a tale valore, valutiamo l’impatto di varie manovre economiche.

In aggiunta ai provvedimenti previsti negli attuali decreti, per un controvalore di circa 55 miliardi, qualcuno, tra cui in particolare Italia viva, ha prospettato l’ipotesi di interventi per 120 miliardi in termini di investimenti pubblici (le risorse già ci sarebbero).

Ci domandiamo: le due manovre, quella da 55 miliardi, e quella da 120 miliardi, quale impatto avrebbero?

Applicando il moltiplicatore, avremmo:

55X1,66=91,3.

12X1,66=199,2.

Abbiamo visto sopra che alcune proiezioni pessimistiche indicano una caduta del pil di circa il 15 per cento, pari a circa 270 miliardi.

Considerando tale scenario pessimistico, notiamo che la sola manovra attualmente messa in atto dal governo non consentirebbe il recupero.

Invece, sommando a questa la manovra basata sugli investimenti pubblici, il totale cumulato degli effetti, dovuti al moltiplicatore, dovrebbe consentire un pieno recupero del pil andato perso, anzi, un risultato ancora superiore.

L’analisi quantitativa ci consente quindi di ritenere che la politica più idonea da mettere in campo sarebbe proprio quella di una manovra espansiva basata sul moltiplicatore.

A maggior ragione se parte significativa dell’importo da mettere in campo può essere finanziata con risorse già disponibili, visto che fondi in tal senso già erano stanziati, ad esempio tramite provvedimenti derivanti dall’UE.

Ipotesi risorse fiscali

E’ anche possibile calcolare, per recuperare mancate entrate derivanti da defiscalizzazioni o maggiori spese, che valore dovrebbe avere il moltiplicatore monetario, per consentire un pareggio tra entrate fiscali precedenti, e manovre di maggior spesa o minori entrate.

Ipotizziamo un’aliquota fiscale media del 33 per cento.

E’ sufficiente calcolare come segue:

1/0,33=3,03. Questo significa che il moltiplicatore, per consentire di recuperare quanto speso in manovre espansive, quindi in maggiori spese pubbliche o minori entrate da riduzione della pressione fiscale, dovrebbe avere un valore probabilmente superiore a quello che in effetti si ritiene sia il suo attuale, pari a 1,66, quasi il doppio.

Di qui possiamo anche ricavare il concetto che probabilmente operazioni di mero rilancio, legate a maggiori spese o maggiori detrazioni fiscali, se finanziate in deficit, non sortirebbero l’effetto sperato, cioè di rilanciare l’economia in modo tale da pareggiare quanto meno gli effetti fiscali.

Diverso l’utilizzo di queste politiche, se basato su risorse già disponibili, senza dover ricorrere all’indebitamento.

Il focus della fase politica

Da tali parametri quantitativi possiamo quindi trarre l’indicazione che in questa fase la politica economica dovrebbe maggiormente puntare su operazioni, che sfruttano sì l’effetto moltiplicatore, ma privilegiando quelli ad impatto minimo o nullo sul lato delle fonti, come ad esempio il settore degli investimenti già finanziati in sede Ue, o altre possibili risorse, come quelle che potrebbero provenire da altri strumenti, ancora da definire in sede UE. Altro notevole beneficio proverrebbe da un abbattimento dei vincoli burocratici, che spesso si frappongono all’effettivo utilizzo delle risorse già stanziate.

Diversa sarebbe la situazione, se invece di una propensione al consumo pari al 40 per cento, questa si incrementasse sino a circa 2 terzi, cioè un 66,9 per cento.

Infatti avremmo: 1/(1-0,669), da cui un moltiplicatore pari a 3,03

Cioè, per poter pareggiare, ipotizzando un’aliquota fiscale media del 33 per cento, maggiori spese o minori entrate fiscali, con maggiori entrate fiscali provenienti da un incremento di base imponibile, dovremmo avere una propensione al consumo di circa il 66 per cento, da cui un moltiplicatore di circa 3.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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