Curva dei rendimenti: quale time frame?

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In questi ultimi tempi il focus di analisti ed operatori si è concentrato, in misura significativa, sulla curva dei rendimenti USA.

Ho quindi pensato, in questo articolo, a chiarire alcuni dubbi, che in parte ho raccolto anche da forum e blog di discussione sull’argomento.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT
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Chiariremo di cosa si tratta, quale efficacia abbia, della possibilità di disporre e di usare curve costruite diversamente, ma soprattutto di una questione, che poi è quella che interessa a tutti: a cosa guardare?

Come proiettare, con la curva dei rendimenti, determinati parametri e cosa se ne deduce?

Andremo infatti molto più a fondo di chi ne parla solo in occasione di determinate inversioni ribassiste.

Quale tasso si usa per costruire la curva?

Il tasso è quello di attualizzazione, cioè quel tasso che consente, tramite l’applicazione del metodo discount cash flow, ovvero attualizzazione dei flussi di cassa, di restituire il valore attuale del titolo alla propria quotazione di mercato.

Le dinamiche di flattening e di steepening della yield curve sono buoni predittori dell’economia e delle borse?

Occorre fare una premessa.

In questi giorni leggo critiche e riserve sull’efficacia della curva dei rendimenti, basate ad esempio sul fatto che magari ogni tanto, soprattutto nel rapporto tra le scadenze a breve e quelle a lungo, anche la curva USA abbia sbagliato.

Ma occorre osservare, intanto, che non esiste alcun indicatore che si possa considerare perfetto, alla stregua di una sfera di cristallo.

Allora, cosa dovremmo dire di tutti quegli indicatori che, come si una dire in gergo, hanno sbagliato molto di più?

Curva dei rendimenti ed indicatori predittivi

Anche indicatori macroeconomici ed econometrici hanno una valenza predittiva in termini probabilistici.

Se tutti seguissero un unico indicatore, considerandolo una sorta di sfera di cristallo, tutti sarebbero solo compratori o venditori, ed il mercato cesserebbe di esistere.

Quel che conta è che la curva dei rendimenti, tra i tanti indicatori che possiamo usare, è sicuramente in cima a quelli dotati di maggior efficacia predittiva.

Esistono comunque diversi parametri per valutare un indicatore,sia esso di analisi tecnica, che fondamentale o econometrica, tra cui la percentuale di indicazioni vincenti.

Sicuramente, posto a confronto con altri indicatori, come il CLI, composite leading indicator, la curva dei rendimenti ha consentito di predire tutte le ultime fasi di ribasso economico con una significativa tempestività negli USA, e senza incorrere nelle segnalazioni errate di altri indicatori.

Infatti dal 2009, ad esempio, se osserviamo il CLI relativo agli USA, notiamo una continua alternanza di indicazioni rialziste e ribassiste.

Laddove la curva dei rendimenti solo ora, sulle scadenze più a breve, si è invertita, non fornendo quindi tutte quelle indicazioni errate fornite invece dal CLI, almeno per chi ragiona in ottica di lungo termine.

Eppure alcuni autorevoli esponenti del mondo economico, come la Yellen, la ritengono soprattutto utile per predire tagli dei tassi.

Curva dei rendimenti: come comportarsi?

Questa non può costituire una critica rilevante?

Si tratta di critica infondata o, meglio, mal compresa.

In realtà non si tratta di una vera e propria obiezione.

Vediamo perché.

Infatti è noto che i tassi aumentano nelle fasi di espansione economica, e viceversa tendono a diminuire.

Pertanto è ben difficile avere tassi al ribasso con una previsione di rialzo economico.

Ed infatti anche volendo rapportare la curva agli orientamenti della Fed, a fronte di una Fed cosiddetta dovish, i tassi a breve si sono invece impennati, il che porta a qualche forma di preoccupazione.

Ma allora, perché le borse tendono prima ad innervosirsi, poi a smaltire certi eccessi ribassisti soprattutto daily?

Non conta solo la curva dei rendimenti, ma anche altri indicatori, come il rendimento del bond decennale.

Sul rendimento di questo, sono costruiti diversi algoritmi econometrici, a partire da quelli ideati in forma ufficiosa dalla Fed, che spesso sono validi indicatori del fair value, o prezzo di equilibrio degli indici.

Pertanto dobbiamo tener conto che inversioni sulla curva portano ad indicazioni economiche ribassiste, come quella che ha predetto un Pil al ribasso, poi confermato tale, mentre il ribasso del rendimento decennale porta ovviamente ad un livello di p/e di equilibrio maggiore.

Pertanto dobbiamo anche domandarci: dove saranno, ad esempio, i tassi di riferimento di tali algoritmi a fine anno.

Ora, proprio considerando il tasso di decrescita medio mensile del decennale, possiamo anche ipotizzare che verso fine anno il decennale avrà un tasso attorno al 2,5 per cento, se continua il trend in corso.

Curva dei rendimenti e Fed

Pertanto, usando un modello definito Fed modificato, che tiene anche conto di una maggiorazione al tasso risk free per il maggior rischio azionario, avremmo un prezzo di equilibrio attorno ad un p/e di 13,33.

Anche considerando la proiezione di utili societari basata su stime di consensus, il p/e di un indice come lo S&P  500 dovrebbe portarsi, alle attuali quotazioni, per quel periodo, attorno a 17.

Avremmo quindi comunque una situazione di quotazione a premio di circa un 27 per cento.

E’ quindi anche possibile una forma di ampia lateralizzazione delle quotazioni, con borse spinte al rialzo da chi guarda ad indicazioni ancora positive, ed al ribasso da chi guarda alla curva dei rendimenti ed a valutazioni econometriche.

Tale ipotesi non è contraddetta dall’attuale posizionamento ciclico di lungo termine, in quanto questo quarto sottociclo di lungo, in cui sono attualmente inserire le quotazioni, potrebbe esprimersi anche in una forma sostanzialmente lateraleggiante e con fasi di prolungamento ciclico, note come lingue di Bayer.

Ma esiste un unico modo di costruire la curva dei rendimenti?

Effettivamente no.

Quella comunemente usata è effettivamente in uso presso la maggior parte di analisti ed uffici studi. Tuttavia alcuni studiosi ne hanno proposto formule alternative, come quelle basate sul fenomeno dell’arbitraggio, e con metodi di interpolazione differenziati.

Ma qui mi fermo, su questo punto, per evitare eccessivi tecnicismi.

Torniamo ad osservare da vicino la recente inclinazione della curva USA: alcuni ritengono che sia preferibile osservare il rapporto tra le scadenze tra i due ed i dieci anni, invece che le indicazioni relative alle scadenze tra 1 mese/3 mesi e 10 anni.  

La curva dei rendimenti può rappresentare, per certi versi, un indicatore analogo alle medie mobili.

C’è chi preferisce concentrarsi su un determinato dominio temporale, chi ne preferisce un altro.

Medie a 50, 100, 200 periodi, e chi più ne ha, più ne metta.

Qui è un po’ la stessa cosa.

Ovviamente se si predilige una scadenza più a medio e lungo termine, il segnale sarà ritardato, in quanto solitamente prima interviene un’inversione delle scadenze più brevi.

In ogni caso, possiamo comunque proiettare anche la futura dinamica della curva, anche su tali scadenze.

Curva dei rendimenti su varie scadenze

Otteniamo come risultato una parità di rendimento o inversione, tra la scadenza biennale e quella decennale, sulla yield curva USA, tra circa 6/7 mesi.

A quel punto, però, tale segnale sarebbe stato anticipato dalla inversione già intervenuta sulle scadenze sul tratto più breve, rispetto alla scadenza decennale.

E quindi con le probabili tempistiche che si ingenerano in questi casi.

Possibile recessione, quindi, tra 18/24 mesi.

La recessione si collocherebbe, quindi, tra il terzo e quarto trimestre 2020, proiezione che noto confermata dalla maggior parte degli uffici studi.

Abbiamo quindi una quadratura perfetta, considerando che, a sua volta, la borsa anticipa mediamente di 18 mesi le fasi economiche.

Sempre fermo restando che l’economia non è una disciplina perfetta e puntuale come un cronometro svizzero.

Ma in effetti, considerando attentamente la forma della yield curve statunitense, possiamo davvero parlare di tappening?

Non si tratta di tappening, o di inversione, al 100 per cento, cioè su tutti i tratti della curva.

Se avessimo una curva esattamente invertita, allora significherebbe che i mercati proiettano addirittura rischi di default.

Direi, piuttosto, che siamo in presenza di una classica batter fly yeld, cioè una curva che forma una gobba al centro, per poi risalire, sulla scadenza tra i 5 ed i 30 anni.

Curva dei redimenti: significato da trarre

Il principale significato che ne possiamo trarre è che sul medio/lungo termine non sono previste particolari crisi economiche e finanziarie.

Nel caso opposto, cioè di un pattern definito butterfly rovesciata, quali indicazioni si possono trarre?

Si tratta della classica gobba, contrapposta all’attuale configurazione a valle.

Nel caso della gobba, o butterfly rovesciata, la curva prima sale, poi inverte al ribasso, quindi riparte.

Indica un’economia ancora in fase espansiva, ma che proietta una crisi futura, poi prevista in fase di superamento.

 La curva dei rendimenti è considerata da altre tipologie di operatori economici?

Direi proprio di sì.

A tale riguardo, posso citare il seguente aneddoto.

Non faccio nomi, per motivi di privacy.

Conosco alcuni imprenditori, che intrattengono rapporti d’affari con Messico e USA.

Alcune volte l’anno, direttamente o tramite loro rappresentanti, si recano in tali paesi per cercare di ottenere commesse da alcune imprese locali, relative a macchinari, che le loro aziende forniscono oltre oceano.

A differenza dei precedenti tour d’affari, che erano andati abbastanza bene, in questo ultimo giro, conclusosi da poco, si sono sentiti dire che al momento gli investimenti sono rinviati.

Quindi niente nuovi ordinativi.

E, aspetto molto interessante, in alcuni colloqui esplicativi è stato, tra le altre considerazioni, affermato che il ciclo degli investimenti di diverse di queste imprese si basa su indicazioni di propri uffici analisi.

In questo ultimo periodo, proprio questi ultimi hanno suggerito quanto meno di posticipare nuovi investimenti, guardando anche alla curva dei rendimenti.

Pertanto tale indicatore viene considerato anche da certe imprese, per la pianificazione del proprio business.

Quanto al Messico, occorre considerare che la sua economia è strettamente legata a quella statunitense.

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