Crolla lo ZEW tedesco. Cosa significa?

Zew

Tanti i dati macro che, già da ieri, stanno caratterizzando questi giorni. L’ultimo in ordine di arrivo riguarda la fiducia e il sentiment sull’economia. Crolla lo ZEW tedesco. Cosa significa?

Europa ormai in recessione da coronavirus. Anche da Goldman Sachs si lancia l’allarme per il Vecchio Continente. Gli Usa, secondo l’allarme di Trump, potrebbero caderci presto.

Dati macro

Ma la conferma di tutto arriva dai dati macro che in queste ore si stanno pubblicando. Ieri la Cina ha dovuto fare i conti con il crollo della produzione industriale (-13,5%) e delle vendite al dettaglio (-20,5%) entrambe di febbraio. Oggi invece il dato macro clou è quello dell’indice ZEW tedesco. Dal precedente 8,7 punti di febbraio si è scesi niente di meno che a -49,5 punti di marzo. Peggio, molto peggio, rispetto anche alle catastrofiche previsioni degli esperti che temevano un -26,4 punti. Ma se crolla lo ZEW tedesco, cosa significa?

Che le previsioni per il futuro sono tutt’altro che rosee.

Cos’è l’indice ZEW

Cos’è l’indice ZEW? Per quale motivo l’indice ZEW crea tanta apprensione? Prima di tutto perché, come è noto, la Germania è la locomotivo economica d’Europa. O per meglio dire: lo è stata per decenni. Forse ultimamente ha iniziato ad accusare un poco di stanchezza. Secondariamente l’incide Zew Economic Sentiment Indicator, indagine creata dallo Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung si basa sull’opinione espressa da 350 esperti di economia. Il punto focale è che non solo riguarda la previsione per i prossimi sei mesi, ma anche la prospettiva per nazioni come Gran Bretagna, Usa e Giappone.

Le previsioni di  Standard & Poor’s

Pessimismo che viene confermato anche dalle previsioni di  Standard & Poor’s, i cui esperti già avanzano l’idea di una serie di fallimenti per molte società divise tra Stati Uniti ed Europa. Ci sarà, infatti, un colpo molto forte alle aziende e alle linee di credito che potrebbe portare a default per il 10% di loro nel giro di un anno. Parallelamente si dovrebbe assistere a quello che viene definito come un vero e proprio collasso della domanda dettato dalle stringenti misure di contenimento del virus. Risultato: non si andrà oltre l’1% o, al massimo, all’1,5%.

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