Cos’è e cosa sappiamo dell’energy crunch che ha spaventato i mercati

petrolio

Da diversi giorni la Gran Bretagna si trova a corto di benzina, tanto da dover fare i conti con la penuria di generi alimentari nei supermercati e con le file ai distributori di carburante. La Cina ha sospeso la produzione in alcuni siti industriali e ha costretto alcune zone del Paese al black out. Stando alle dichiarazioni degli organi di Stato cinesi, la causa sarebbero i target imposti per il nuovo progetto di un’economia carbon free e ad emissioni zero, entro il 2060. In molti però, temono che oltre questa motivazione ci sia anche la carenza di scorte di combustibili fossili.

Il fattore geopolitico

Da noi il Governo ha dovuto adottare misure urgenti per riuscire a tamponare il caro bollette che, alla fine, si è ripresentato lo stesso, seppure in maniera leggermente calmierata. Parallelamente, ieri, si assistito ad un calo, e non era il primo, sui listini azionari. Cosa sta succedendo? Di fatto si tratta di quello che gli analisti stanno definendo come energy crunch. Ma cos’è e cosa sappiamo dell’energy crunch che ha spaventato i mercati? Come spesso accade può essere utile guardare alla geopolitica. In questo caso ai flussi di materia prima, in calo, in arrivo dalla Russia. Mossa politica oppure effettivo calo del gas naturale? Recentemente è stato anche terminato il gasdotto Nord Stream 2 che collega Russia e Germania, nonostante le tante polemiche che ne hanno accompagnato la messa in opera. Il che potrebbe aiutare a riequilibrare la pressione sui prezzi della materia prima. Infatti il nuovo impianto potrebbe trasportare ben 55 metri cubi di metano all’anno.

Cos’è e cosa sappiamo dell’energy crunch che ha spaventato i mercati

Un ulteriore tassello per cercare di capire la natura del problema, riguarda le scorte di gas naturale. Scorte che a giudicare dai numeri, sarebbero al di sotto della media in tutta Europa. Un problema non indifferente se si pensa che la stagione invernale inizierà tra qualche settimana. Intanto anche il petrolio ha cominciato a riprendere quota e proprio ieri i prezzi hanno superato gli 80 dollari al barile. Da qui il timore che la presenza di un’inflazione già intravista da diverse settimane, non sia così passeggera come finora detto dai vertici di tutte le Banche centrali. Il che potrebbe essere suggerito anche dal rialzo delle materie prime che gli analisti stanno monitorando ormai da mesi. Il tutto mentre l’OPEC, l’organizzazione dei Paesi produttori, ha già confermato che la domanda di petrolio, soprattutto quella proveniente dalle Nazioni in via di sviluppo, è destinata a crescere nei prossimi 25 anni.

Consigliati per te