Cos’è che neutralizza il coronavirus: La ricerca italiana di immunologi e astrofisici

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Un focus per capire cos’è che neutralizza il coronavirus: La ricerca italiana di immunologi e astrofisici. Che i raggi ultravioletti avessero un effetto inibitore sulla potenza dei virus era cosa nota e di cui avevamo già dato notizia in un nostro precedente approfondimento. Ma ancora forse non era sufficientemente chiaro, in termini percentuali, quanto il fattore dei raggi solari potesse incidere sul coronavirus Sars-CoV-2. Ora però, alla luce di due recenti pubblicazioni, apparse in prestampa sul sito “medRxiv” le cose stanno cambiando. Grazie, peraltro, ad un team italiano di ricercatori con diverse competenze alle spalle. Una sinergia che ha portato a scoprire meglio cos’è che neutralizza il coronavirus. La ricerca italiana di immunologi e astrofisici.

I partners della ricerca

La scoperta che dà lustro alla ricerca italiana si deve alla “joint-venture” tra l’Inaf, ovvero l’Istituto nazionale di astrofisica da una parte e l’Università statale di Milano, l’Istituto nazionale dei tumori di Milano (Int) e l’Irccs Fondazione Don Gnocchi dall’altra. Il coinvolgimento dell’Istituto di Astrofisica si è reso necessario al fine di mettere a disposizione servizi e ricerche tecnologiche contro la pandemia. Stando alle dichiarazioni rese, il metodo di irraggiamento da ultravioletto era cioè già noto, ma non esistevano evidenze scientifiche sulle dosi di radiazioni necessarie a neutralizzare gli elementi patogeni.

L’oggetto di studio

Lo studio condotto a Milano in collaborazione tra immunologi e astrofisici ha consentito di dimostrare quanto il fattore specifico dell’irraggiamento solare incida sul coronavirus. Questo anche e soprattutto ai fini di neutralizzare il virus nelle goccioline di saliva, vale a dire nei pluricitati “droplet” che diffondono materialmente il contagio.

Le pubblicazioni sono apparse in “preprint”, ovvero in pre-stampa, all’interno dell’archivio internazionale “medrxiv”, nella sezione appositamente dedicata al Covid–19. Nel dettaglio, i due articoli sono consultabili ai seguenti link: Articolo n.1 e Articolo n.2.

La questione della giusta lunghezza d’onda

Gli esperimenti quindi, semplificando al massimo, si sono indirizzati nel verificare il giusto dosaggio di raggi ultravioletti germicidi. Un dosaggio poi che andava combinato alle lunghezze d’onda da somministrare all’elemento patogeno. Il fine era quello di rompere i legami molecolari dell’RNA di cui il virus è costituito.

E’ stato quindi rilevato che quanto più le frequenze della radiazione incidente si avvicinano a quelle dei moti di oscillazione delle molecole, tanto più l’accoppiamento fotochimico è maggiore. Più questa accoppiata “corre sugli stessi binari”, tanto più alta è la probabilità di rompere i legami chimici e quindi averla vinta sul virus. Una sinergia dunque quella tra medicina e astrofisica che conferma il detto “l’unione fa la forza”.

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